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Il tuo negozio tecnico per il
Running, Triathlon e Outdoor a Mestre (VE)
In questa pagina trovate alcune utili nozioni di base su vari argomenti, i fondamentali che tutti
dovrebbero conoscere.
Ciò vi sarà utile per approfondire poi le conoscenze con
un allenatore competente, chiarire eventuali dubbi, eventualmente stimolando la
vostra passione con qualche lettura tecnica.
1)
SCARPE DA RUNNING: consigli per gli acquisti
2)
TEORIA DELL’ALLENAMENTO: i
principi basilari
3) LO
STILE NELLA CORSA: come
avere uno stile efficace, efficiente ed economico
4)
NUOTO: i
fondamenti dello stile libero
5)
TREKKING: come leggere ed utilizzare al
meglio una cartina topografica
6)
TRIATHLON: consigli ed un piano
d’allenamento per principianti e non
7)
PERCHE’ L’ABBIGLIAMENTO TECNICO MIGLIORA LE PRESTAZIONI
8)
MARATONA: qualche
nozione indispensabile
9) PASSEGGIANDO IN ALTA QUOTA: 10 consigli per il trekking: i suggerimenti di base per le vostre escursioni
10)
CHE COS’ E’ LA POTENZA AEROBICA: tratto da uno splendido articolo
di Giorgio Rondelli
1) SCARPE DA RUNNING: consigli per
gli acquisti
Come è fatta una scarpa da running ?
E’composta sostanzialmente da 3 parti:
Il battistrada è la suola, la parte solitamente nera, che viene a
contatto con il terreno e che di solito viene rapidamente
consumata dal continuo attrito. Un consumo del tallone lato esterno è
assolutamente normale e vedremo poi il perché.
L'intersuola è invece la parte bianca-chiara che è frapposta fra il
battistrada e la tomaia; è forse la parte più importante, dato che è quella che
è chiamata ad assorbire gli impatti col terreno. I materiali più utilizzati
sono 2, ed ovviamente ne esistono di svariate durezze:
1) EVA
(EtilVinilAcetato) o Phylon: molto soffice ed ammortizzante, ha il compito di
ammortizzare gli impatti con il suolo, ma con il tempo e l'uso perde sempre più
elasticità e morbidezza scaricando così sulle nostre strutture i microtraumi.
2) PU
(Poliuretano): meno soffice dell’EVA, dura però più a lungo ed ha
migliori caratteristiche di stabilità-antipronazione e di controllo del
movimento.
La tomaia è la parte superiore, quella colorata e che alloggia i
lacci, importante per l’estetica della scarpa e la sua robustezza, un
po’ meno dal punto di vista tecnico. Se le cuciture sono ben fatte (specie
all’interno non devono causare abrasioni), se è traspirante, morbida e
con materiali di qualità, allora è sicuramente ok !
Meglio ancora se ha dei rinforzi in prossimità dell’alluce, punto
solitamente soggetto a rotture ed usura precoce.
Quando devo acquistare una scarpa
nuova?
Dipende da vari fattori.
Quanti km ha fatto: è
bene non eccedere i
Una conferma immediata
l’avrete confrontando e calzando un paio nuovo: semplicemente camminando
o saltellando saprete se
le vecchie scarpe sono ormai da sostituire.
Quanto peso: un
atleta leggero ha molto meno bisogno di sostituire le scarpe, di uno pesante; i
kg in più tendono a appiattire l’intersuola e a deformare la tomaia.
Atleti oltre i
In che condizioni è la tomaia: se la
tomaia (la parte superiore della scarpa che avvolge il piede, solitamente di
tessuto o pelle) è deformata, allora non è in grado di contenere adeguatamente
il piede e potreste aver problemi di postura, e quindi di infortuni.
In che condizioni è il
battistrada: la parte, normalmente nera, che viene a contatto
con la strada è anch’essa da tener d'occhio. Un battistrada consumato
espone all'asfalto la morbida intersuola che verrebbe
rapidamente mangiata dall'attrito facendo inclinare la scarpa, con conseguenti
problemi di postura e quindi di infortuni.
Che tipo di scarpa mi occorre ?
Dobbiamo domandarci per cosa
intendiamo utilizzare la scarpa che ci apprestiamo a comprare, per orientarci
poi in base alle caratteristiche che dovrà avere la scarpa stessa:
Pronatore o supinatore ?
Cerchiamo di chiarire cosa si
intende quindi quando parliamo di "problemi di
appoggio", “pronazione e supinazione”. Ovviamente, per una
spiegazione completa ed ineccepibile dovete rivolgervi ad un ortopedico, un
medico fisioterapista, ad un tecnico della riabilitazione. Pronazione o
supinazione sono atteggiamenti assolutamente normali che i nostri piedi
assumono durante il passo o la corsa; tali termini indicano
infatti un movimento contenuto e naturale.
In molti atleti però si
verifica un esagerazione o carenza di movimento, ed
allora possiamo parlare di iper
pronazione o supinazione.
Correndo a ritmi medi o blandi,
in atterraggio il piede tocca normalmente terra con la
parte posteriore esterna del tacco. È una parte della scarpa che si consuma in
fretta, nonostante quasi tutte le calzature tecniche utilizzino in quella zona
dei materiali resistentissimi. Tale consumo non indica solitamente nulla di
strano, e non è indice di ipersupinazione od altro.
La fase successiva è quella del
“rullaggio”, ove il piede si schiaccia al suolo e tende ad
inclinarsi leggermente verso l’interno, per
indirizzare poi spinta verso le dita. Non a caso poi verso l’alluce,
ovvero il dito più forte.
Una assenza
totale di tale movimento indica un piede rigido, che scarica sulle strutture
tutto il carico dell'impatto, ed allora possiamo parlare parla di
ipersupinazione. È un caso abbastanza raro, presente qualche volta in chi
proviene da altri sport. Noterete scarpe consumate all'esterno anche nella
parte mediale/centrale.
Un ipersupinatore ha bisogno di
una calzatura morbida per impedire che gli impatti poco ammortizzati danneggino
il piede ma anche le ginocchia e la schiena. Attenzione, non esistono scarpe
"antisupinazione", ma si devono utilizzare
scarpe neutre cambiandole spesso, soprattutto evitando accuratamente quelle per
gli iperpronatori.
Se invece succede l'opposto,
ovvero il rullaggio vede il piede troppo inclinato verso l'interno, si parla di
iperpronazione. In tale condizione il tendine di Achille viene
sottoposto a torsioni e la parte posteriore del tallone è facilmente soggetta
ad infortuni. Si può riconoscere dalle scarpe che si piegano verso l'interno.
Si ha bisogno di una calzatura provvista di controllo del movimento, ossia di
strumenti antipronazione che non permettano al piede di assumere posizioni
eccessivamente sbilanciate nella parte centrale dell’appoggio/rullaggio.
E’un caso piuttosto comune, ed esistono infatti
moltissime scarpe antipronazione in commercio. Purtroppo accade anche spesso
che anche atleti dalla corsa corretta le utilizzino. Purtroppo così facendo si
perde in ammortizzazione, flessibilità e leggerezza,e
quindi schiena, ginocchia piedi e legamenti vari ne risentono.
Quali sono le categorie di scarpe
attualmente in commercio ?
Ecco a voi qualche dettaglio
sui tipi di scarpe che oggi i costruttori ci mettono a disposizione,
informazioni utili per chi vuole orientarsi nella scelta della scarpa in base
alle proprie esigenze e caratteristiche fisiche.
Abbiamo più o meno ripreso la
suddivisione tipica che viene riportata in riviste
ormai cult come “Correre Scarpe”; ricordatevi però sempre che nel
scegliere una scarpa occorre partire dalle esigenze di un atleta in base alle
sue caratteristiche fisiche, i piedi, il peso, lo stile e velocità di corsa,
gli eventuali problemi di appoggio e quant'altro un bravo negoziante deve
prendere in considerazione quando consiglia un cliente nella scelta della
calzatura. I grammi di peso si riferiscono a calzature di taglia media nr. 43.
Superleggere - da gara
Qui troviamo le scarpe da gara,
ovvero quelle di scarso peso(160/230 grammi), con scarsa protezione o controllo
del movimento. Solo atleti veloci, efficienti e forti possono utilizzare con
sicurezza queste calzature, dove la cura di problemi di appoggio e la
protezione del piede sono sacrificati all'esigenza di avere una scarpa da gara,
veloce e reattiva. Se pesate poco si possono eventualmente utilizzare ogni
tanto per gare brevi su pista dagli 800 ai
Intermedie
Qui abbiamo quelle scarpe
(240/290 grammi) che cercano di abbinare un po' di protezione alla leggerezza.
Gli atleti forti le useranno in allenamento; atleti comuni, magari anche più
pesanti ma comunque sotto i 70kg le possono usare in
gara, se si corre attorno ai 4'/Km. Se siete afflitti da pesante
iperpronazione, anche siete pesanti o correte lentamente o senza velleità
agonistiche, sarebbe meglio orientarsi verso qualcosa di più ammortizzante o
stabile, a seconda.
Protettive - massimo ammortizzamento
Verranno
utilizzate dalla maggioranza degli atleti, specie quelli tra i 70/80kg senza
problemi di appoggio. Sono quelle con l’intersuola più spessa/grossa,
quindi quelle in grado di proteggerci maggiormente dagli impatti. Pesano oltre
i
Protettive con inserti antipronazione - ammortizzanti ma con
piccoli ausili al controllo del movimento
In questa fascia trovano le
loro scarpe quegli atleti che pesano tra i 80/95kg.
Sono quindi le classiche scarpe per atleti pesanti che hanno piccoli problemi
vari imputabili ad eccessi di pronazione. Sottolineiamo il termine problemini,
poiché se si tratta di grossi problemi, probabilmente dovete scegliere la
prossima categoria.
Stabili - con forte controllo del movimento
Ecco le scarpe per i corridori
molto pesanti (attorno ai
Specialistiche
Sono ad esempio le calzature
chiodate per i mezzofondisti veloci su pista, per i velocisti, per gli
specialisti dei salti e lanci in atletica, o le chiodate da corsa campestre.
Queste sono ovviamente delle
considerazioni sommarie, ma ecco anche altri consigli in ordine sparso:
Non esagerate con l'usura; le
scarpe da running non sono di norma costruite per
superare i 1000-
Se passate a comperare delle
scarpe meglio portarsi dietro le vecchie, possono essere sempre utili per
capire come correte, ed anche per confrontarle con le sensazioni delle nuove.
Controllate sempre che
l'intersuola non si stia schiacciando o indurendo troppo. I primi sintomi che
la scarpa non ammortizza più come dovrebbe sono degli indolenzimenti vari dal
ginocchio in giù; tendini d'Achille e polpacci sono i primi ad accorgersi, ma i
problemi si trasferiscono rapidamente anche alla schiena, interessando il nervo
sciatico, la schiena ed i dischi intervertebrali.
Molto importante nella scelta delle
scarpe è la taglia delle stesse. Una scarpa deve essere comoda, molto comoda.
Provatele con calma, passeggiando e saltellando per capire se fa per voi,
magari provatela sul tapisroulant. Deve poi abbracciare il vostro piede senza
stringerlo eccessivamente, ma nemmeno deve lasciarlo scivolare al suo interno.
In entrambi i casi si corre il rischio di rovinarsi come minimo le unghie, che
se vanno a sbattere contro la tomaia possono procurarsi dei versamenti di
sangue, diventare nere, ed, a volte, staccarsi. Ecco un paio
di trucchi per evitare di sbagliare: infilare la scarpa slacciata, portare il
piede avanti nella calzatura e passare un dito tra il tallone e la scarpa: se
il dito è in grado di toccare il fondo senza avere troppa libertà, la misura è
giusta. Altro metodo è quello di "misurare" al tatto lo spazio
libero davanti all'alluce a calzatura allacciata; è ok se avete circa mezzo cm
di spazio. Questo presuppone una buona sensibilità e conoscenza delle proprie
caratteristiche (non tutti i piedi hanno le dita di lunghezza uguale, e
misurare sull'alluce quando si ha il secondo dito più lungo può avere
spiacevoli conseguenze).
Comperata la scarpa, questa
necessita di un minimo di "rodaggio" prima di portarla a fare un
“lungo”: ha bisogno di deformarsi un pò per adattarsi meglio alla
forma del vostro piede, così come il vostro piede ha bisogno di prendere
confidenza ed adattarsi alla novità, probabilmente più rigida di quella che
avete utilizzato finora perchè più nuova.
Attenzione poi
all'allacciatura. Il tipo più diffuso ed elegante, quello che porta il laccio da uno degli occhielli al collo del piede
subito verso la punta della scarpa per poi tornare su passando per tutti i
buchi può piegare leggermente la scarpa se tirato con energia.
E’preferibile l'allacciatura incrociata; sebbene più complessa, essendo
simmetrica garantisce un fit ottimale della calzatura.
Per far durare le scarpe e
mantenerle in efficienza lavatele ogni tanto con una spazzolina in acqua fredda
e sapone neutro (eventualmente in lavatrice, ma è meglio evitare). Non fatele
asciugare accanto al termosifone, le indurirebbe prima del dovuto.
Se avete da chiedere (o
suggerirci) un'indicazione o un consiglio, non esitate a scriverci o venirci a
trovare in negozio o ai nostri stand in occasione delle gare.
2) I PRINCIPI BASILARI DELLA
TEORIA DELL’ALLENAMENTO
Qualunque sport richiede un mix particolare di abilità;
chiunque di noi dovrà lavorare ed allenare questo mix, adattandone la
composizione, la quantità e qualità in base allo sport praticato ed alle
esigenze del singolo, soprattutto in base alle proprie attitudini e capacità
fisiche.
L’allenamento perfetto o ideale non esiste: soprattutto se desideriamo approcciarci allo sport in
modo competitivo per battere i nostri record, gli avversari o semplicemente noi
stessi, esistono però alcune semplici leggi che ci
conviene rispettare, mentre ascoltiamo tutte le sensazioni che il nostro corpo
ci manda in allenamento.
Cosa possiamo
allenare ?
Banalmente, 2 aspetti: 1)
Mente
2) Corpo
1) MENTE= rilassamento, focalizzazione,
feedback, training autogeno, visualizzazione, yoga sono alcune tecniche per
poter aiutare il nostro cervello a controllare, sentire ed ottenere il massimo
dal nostro corpo. All’aumentare del vostro livello agonistico, avrete
tanto più a che fare con questi aspetti. Ricordate che gli esperti concordano
che un uomo riesce mediamente ad utilizzare il proprio cervello solo per il
20-30% del proprio potenziale. Abbiamo pertanto un margine enorme di
miglioramento proprio partendo dalla nostra mente, sulla quale è quindi
opportuno incuriosirsi, riflettere, apprendere, documentarsi e lavorare.
2) CORPO= ognuno di noi convive con un unico e
specifico mix genetico delle seguenti “capacità”:
- velocità
- forza
- resistenza
- coordinazione
- flessibiltà ed elasticità muscolare-articolare
- abitudini alimentari e metabolismo
Potremo lavorare su queste capacità basilari
fondamentalmente solo con 2 semplici parametri: QUANTITA’ dell’allenamento
e QUALITA’(intensità) dello stesso
Un bravo allenatore deve ricercare il giusto
miz per un atleta, ben sapendo che a seconda delle
persone è possibile raggiungere i medesimi obiettivi con differenti metodi
d’allenamento.
Ma quali sono i segreti, le regole
intoccabili, le leggi sacre per un allenamento perfetto ?
Programmazione
e periodizzazione = si può raggiungere il vero top della forma solo 2-3 volte
l'anno, e per periodi non più lunghi di una quindicina di giorni. Così, se
siete ciclisti con una stagione agonistica che normalmente è molto lunga,
dovrete ricercare un livello di forma medio da poter tenere durante la
stagione, con qualche picco da poter programmare per periodi importanti.
E'fisiologicamente impossibile rimanere al vero top per 365 giorni l'anno,
occorre comunque fare delle scelte, ed allenarsi duro per conquistare un
livello medio superiore a quello degli avversari. Se puntate invece a qualche
gara singola per voi importante, occorrerà focalizzare i propri allenamenti in
funzione di queste, anche a costo di fare magre figure in altri appuntamenti
che per voi però non dovranno rappresentare altro che semplici tappe per un
obiettivo più grande. Dovrete suddividere la stagione in 4-5 periodi
d'allenamento, ove via via vi allenerete in modo differente per quantità e
qualità; solitamente si parte con gran quantità e potenziamento, per aumentare
la qualità a scapito della quantità all'avvicinarsi della gara importante. Un
esempio: Lance Armstrong e Miguel Indurain nel ciclismo, che hanno sempre così
suddiviso la loro stagione, per raggiungere il loro top in coincidenza del Tour
de France. Date un occhiata al mio piano d'allenamento
per il triathlon per meglio capire cosa si intende.
Allenamento
continuo e privo di infortuni = solo se riuscirete ad allenarvi
costantemente e regolarmente senza troppe soste durante la vostra stagione,
potrete migliorare i vostri record personali. A livello amatoriale per esempio
è meglio fare 1 o 2 giorni di riposo settimanale, ma essere in grado di allenarvi
durante tutto l'anno senza infortuni. Perdere anche tre giorni di fila non vuol
dir nulla per la vostra forma (il "super top" decade solo dopo 4-5 gg
di sosta totale, ed il vero regresso comincia dopo 10 gg di inattività)
ma può significare invece salvarvi da un infortunio o da una brutta
influenza. Se per esempio non riuscite a correre per dei problemi ad un piede,
andate in piscina o in bicicletta; manterrete una forma incredibilmente
soddisfacente, dando sollievo alle parti dolenti, magari divertendovi pure di
più, rompendo con la solita monotonia.
“Supercompensazione
" o “lasciate che il vostro corpo assorba l'allenamento” = gli scienziati hanno dimostrato che quando ci alleniamo,
“forziamo” la nostra macchina a fare qualcosa di nuovo e mai
raggiunto prima; in questo modo il corpo si difende autodistruggendo molte
cellule, ma per ricostruirle “più forti ed efficienti di prima”
dopo 2-3 giorni. Così, se ci si allena troppo duramente tutti i giorni senza
essere preparati a farlo, non si da tempo al proprio
corpo di recuperare adeguatamente, rischiando l’infortunio o andando in
superallenamento, senza gli adeguati tempi di riposo. La parte più difficile è
capire “quanto riposo”, dato che questo dipende da fattori
genetici, età, livello di forma acquisito, stato di salute. Un olimpionico avrà
capacità di recupero sicuramente superiori rispetto ad un tapascione, pur
allenandosi molto di più.
Ecco perché molti allenatori dicono che la
performance si conquista maggiormente col giusto riposo tra gli allenamenti,
rispetto agli allenamenti stessi.
Cura
maniacale per ottenere movimenti del corpo efficienti, fluidi, senza fatica,
rilassati e biomeccanicamente in armonia: = movimenti tecnicamente corretti sono
naturalmente più efficienti, più potenti ed efficaci, meno a rischio di
infortuni e garantiscono migliori prestazioni. Risparmiate energie preziose
utilizzando uno stile corretto, senza sprecarle con una postura rigida,
ciabattona, o con una nuotata convulsa, contratta e poco efficiente. Pensate a
Carl Lewis, Jan Thorpe, Moses Kiptanui, Heile Gebreselasie, Alexander Popov o
altri grandissimi e sensibilissimi atleti dal punto di vista tecnico.
"Sceglietevi
i genitori giusti !" = non da ultimo ... ... non arrabbiatevi
se un vostro amico e rivale, compagno di allenamenti con poca esperienza e che
corre da pochissimo effettua con facilità mega allenamenti ed in gara va come
un treno. Molto probabilmente ha dei genitori che lo hanno dotato di un
patrimonio genetico superiore al vostro. Nessun atleta può arrivare ad una
finale Olimpica solo col duro lavoro, se non ha comunque doti naturali
straordinarie. Un’esempio ? Salvatore Totò
antico, campione europeo di 5000 e 10000m, e medaglia
d’argento olimpica, a 15 anni corse per divertimento (in pista in scarpe
da tennis una delle prime volte che andava al campo sportivo) i 5000m in
17’00’’ ………. Il doping non c’entra, è
principalmente una questione di genetica e predisposizione. Che vi piaccia o no, i grandi campioni si allenano bene e
tantissimo, ma hanno avuto anche un dono … dall’alto. Il che non
vuol dire però che i comuni mortali con la passione ed i sacrifici non possano
togliersi tante soddisfazioni, superando se stessi e tanti avversari.
L’ALLENAMENTO IMPLICA IL MIGLIORAMENTO DELLE
ABILITA’ FISICHE; VEDIAMO QUALI, E CHE COSA ACCADE NEL NOSTRO CORPO.
VELOCITA’ = qui si ricerca una contrazione muscolare massimale,
potente ed istantanea, un aumento di forza esplosiva, un miglioramento nella
coordinazione e funzionamento degli scambi elettrici tra sistema nervoso ed
apparato muscolare neuro, un aumento della resistenza all’acido lattico.
Movimenti rapidi, esplosivi e veloci, per una durata di 6-7 secondi, recuperi
lunghi (più di 3 minuti) è ciò che vi serve se volete migliorare la vostra
velocità. Se effettuate scatti più lunghi (tra i 15’’ ed il minuto)
non state più allenando la velocità pura, ma altro, come ad esempio la capacità
di produrre ed eventualmente smaltire grandi quantità di lattato. Con questi
migliorerà infatti la capacità chimica dell’organismo di sopportare nei muscoli grandi
quantità di acido lattico, specie con allenamenti intervallati ad alte velocità
con recuperi brevissimi, tipo 10 x 300m forte con recupero 45’’.
Non è più velocità ma resistenza alla velocità. C’è un unico
problema: più vecchi siete, minori capacità avrete per migliorare la velocità
pura (che già si può migliorare poco), dovendo anche prestare anche attenzione
agli infortuni, più facili e frequenti per questo tipo di attività. Parlando di
velocità pura, non è che diventiate realmente più veloci, state semplicemente
migliorando ed arrivando al limite di quello che le vostre doti naturali vi
possono regalare. Mentre è possibile sempre e comunque diventare via via realmente più resistenti con l’allenamento,
trasformando le fibre muscolari bianche (quelle veloci) in rosse (quelle
lente), è invece impossibile il percorso contrario. Le fibre lente (rosse) non
possono diventare veloci se non in minima parte, col risultato pratico che i
miglioramenti di uno sprinter si aggirano circa attorno al secondo
netto al massimo sui
RESISTENZA = semplificando forse
eccessivamente qui ricerchiamo la creazione di nuovi capillari sanguigni nei muscoli e polmoni, necessaria per veicolare la quantità
maggiore possibile di ossigeno legato al sangue nei muscoli stessi. Negli sport
di resistenza, la contrazione muscolare avviene soprattutto grazie
all’ossigeno che questi utilizzano, quindi più ne arriva (o meglio più
riusciamo a farglielo arrivare ed utilizzare) e meglio è. Correre a lungo
migliora anche la capacità polmonare, fa aumentare di volume il cuore
(l’organismo percepisce la costante richiesta di sangue ai muscoli, ed
allora si autoadatta anche allargando la “pompa”), non solo creando
nuovi capillari. Aumenta anche la capacità contrattile del cuore, o meglio la
forza con la quale spinge il sangue nel torrente circolatorio, aumenta la
capacità dell’organismo di smaltire l’acido lattico, incrementando
la soglia anaerobica. Questa è rappresentata dalla velocità alla quale potete
fare attività senza che nel sangue e nei muscoli si accumuli
più acido lattico di quello che si riesce a smaltire. Superata questa
soglia/velocità, l’acido si accumulerà rapidamente e presyo vi dovrete
fermare. Comprenderete che l’obiettivo di tutti i fondisti è quello di alzare il più possibile questo valore.
FORZA = la capacità di spostare una massa in un
determinato lasso di tempo. Serviranno pesi elevati e poche ripetizioni (1-5); con pesi massimali, ricercherete
la forza massima. Con pesi più bassi e tante ripetizioni, magari con recuperi
brevi tra una serie e l’altra, state lavorando per sviluppare della forza
resistente, la più ricercata dagli atleti degli sport di durata. Gli sprinter
lavorano invece tantissimo per cercare la forza veloce, facendo alcune serie di
esercizi in modo tecnicamente corretto ma in modo veloce, solitamente con pesi
attorno al 70-80/% del massimale e con recuperi lunghi. Se non fate body
building, state attenti alla massa muscolare che si può sviluppare; all’aumentare
del peso aumenta solitamente la massa del muscolo, ma spesso sono solo chili da
portare a spasso. Attenzione alla schiena negli esercizi massimali; è
indispensabile utilizzare una cintura da pesisti facendosi eventualmente
assistere col bilanciere da amici, per evitare di restarvi sotto, e soprattutto
per non giocarsi la schiena.
COORDINAZIONE = è la disperata ricerca/sviluppo
di sensazioni dal nostro corpo, volte a comprendere, dialogare ed interagire
con esso cercando di far arrivare al cervello
informazioni su come controllare nei minimi dettagli i nostri movimenti,
ricercando precisione, efficacia, eleganza ed economia del gesto. È la capacità
di controllare i corpo nelle sue evoluzioni e
movimenti, pensate agli anni di allenamento che servono ad un ginnasta o
tuffatore o un pattinatore sul ghiaccio per arrivare a compiere certe
evoluzioni. Si parte
insegnando nuovi movimenti scomponendoli nelle varie parti più essenziali, per
poi eseguirli via via perfezionati sempre più in
sequenze più complesse e veloci. Ripetendoli alla noia diventeranno automatici.
MOBILITA’ ARTICOLARE - SCIOLTEZZA = qui
ricerchiamo la massima flessibilità dei muscoli, tendini, articolazioni e legamenti; le varie
tecniche di stretching possono farvi guadagnare una notevole ampiezza e
fluidità di movimenti. Ciò ci è enormemente di aiuto per prevenire gli
infortuni, guadagnare in eleganza e fluidità, nonchè in sensibilità e
efficienza generale a livello biomeccanico.
3) RUNNING: come avere uno stile
efficacie, efficiente e poco dispendioso
Molti di noi non si sono mai post il problema del proprio
stile di corsa, forse ritenendo che sia ininfluente, o che non si possa
migliorarlo o che sia troppo tardi per farlo.
Niente di più sbagliato.
Si sentono spesso molte di queste giustificazioni, ed
alcune sembrerebbero anche avere una logica. Tuttavia, l’evidenza dei
fatti dimostra che a volte basta migliorare qualche dettaglio per guadagnare
minuti e spendere meno energie, tutte cose che spesso in una maratona fanno la
differenza.
Ricordatevi: NON esiste uno stile di corsa
ideale, ogni corridore è diverso da un altro per peso, taglia, mobilità
articolare, capacità coordinative, età, eccetera. Ognuno dovrà pertanto
lavorare su alcuni fondamentali, adattando le proprie capacità a queste regole
basilari.
Esistono inoltre stili di corsa diversi che ogni corridore
deve almeno in parte saper gestire ed adottare al bisogno, dato che i movimenti
del corpo sono completamente diversi a seconda che si corra uno sprint di 60m o una maratona. Ogni distanza di gara richiede abilità
diverse ed adattamenti allo stile di corsa, come ad esempio il tipo di appoggio
del piede, ampiezza e frequenza del passo, tipo di movimenti delle braccia. Uno
sprinter dovrebbe comunque saper anche correre come un ultra rilassato
maratoneta che impatta al suolo col tallone, come un maratoneta dovrebbe saper
utilizzare le tecniche dei mezzofondisti veloci (cambi di frequenza, corsa a
ginocchia alte sugli avampiedi e grande utilizzo delle braccia) utili ad
esempio nelle volate.
Entrambi gli atleti diventeranno più completi e
probabilmente più veloci, proprio in virtù della maggiori
capacità tecniche e di sensibilità acquisite.
Ecco i componenti più importanti:
1) spinta completa
dei piedi e delle gambe
2) saper rilassare
la muscolatura che in quel momento non è utilizzata
3) assenza di
saltellamenti e rimbalzi
4) capacità di
trovare il mix ottimale di frequenza/ampiezza di passo a
seconda della velocità e circostanze
1) SPINTA COMPLETA DEI PIEDI E DELLE GAMBE: forse è
l’aspetto più importante, dato che da questo dipendono via via a catena
altri aspetti. Sia che siate sprinter o maratoneti,
una spinta completa senza restare seduti a sedere basso è ciò che dovete ricercare
dal momento in cui il piede prende contatto col suolo.
a) quando il piede atterra, il nostro pensiero deve
ricercare una spinta immediate e completa verso il
terreno evitando che il tronco abbassi il ns. baricentro verso il basso. Più i
nostri piedi saranno lenti, fiacchi e spenti, più sarà probabile che correrete anche a ginocchia piegate (quindi
“seduti”) nel momento della distensione della gamba, perdendo
quindi in avanzamento del corpo.
b) sempre al momento dell’impatto, cercate che il
vs. ginocchio si pieghi il meno possibile, giusto il minimo indispensabile per
assorbire parte dell’impatto, restituendo poi la spinta in modo elastico
e dinamico. Se lasciate che l’articolazione ceda, correrete
“seduti” e poco dinamici, perdendo in avanzamento
c) spingete col piede solo quando
la gamba è completamente estesa; molti runners anticipano questa spinte del
piede, scordandosi così la completa estensione dell’articolazione del
ginocchio. Il risultato sarà un corridore goffo col sedere basso che corre a gambe
piegate. Buffo e poco efficiente.
Pensate di correre come sui carboni ardenti, dove i piedi
dovranno rimanere meno tempo possible; cercate di vedervi come appesi ad un
filo legato al centro della parte posteriore dei vostri pantaloncini. Dovete
avere la sensazione che qualcosa vi stia sollevando,
siete come appesi, con le spalle appena leggermente in avanti e la testa dritta
ma rilassata con lo sguardo rivolto avanti. La visualizzazione ora è completa
se cercate di percepirvi mentre frustate coi piedi il suolo passo dopo passo
senza fare rumore, mentre le gambe si piegano e distendono sotto di voi.
Cercate di vedervi spesso mentre
correte, anche e soprattutto in allenamento. Vi aiuterà a correre alti e leggeri sopra i vostri piedi, ed entrambe le cose vi
consentiranno di correre in modo efficiente risparmiando energie, per
utilizzarle con un ritmo più forte o nei finali di gara per degli scatti o una
volata. Con una corsa corretta guadagnerete metri facendo così meno falcate
(riducendo anche gli infortuni: diminuendo il nr. di impatti al suolo e la loro
pesantezza, con una corsa leggera dinamica e bilanciata,
tendini, articolazioni e legamenti vi ringrazieranno).
Se siete in perfetto allineamento, genererete la massima
spinta, con un conseguente minor numero di falcate, e quindi di richiesta di
energie. Uno sprinter corre i 100m con frequenze poco
superiori ai 40 passi, quindi ad ogni falcata corrisponde una spinta ben
superiore ai
Ecco nelle foto alcuni esempi di
spinte complete a gamba tesa ed avampiede in frustata.
Qualche centimetro guadagnato ogni passo forse non vi
sembrerà molto, ma in una 10km ciò può significare
circa 300m di guadagno, in una maratona anche oltre
Sarà inoltre più facile cambiare passo, scattare in caso
di necessità, in quanto più padroni del vostro corpo, più reattivi, dinamici e
tonici, grazie ad una tecnica e postura biomeccanicamente corretta.
2) RILASSATE I MUSCOLI NON
UTILIZZATI: attenzione a non sprecare energie preziose mantenendo contratti dei
muscoli non utili in ogni diverso momento della vostra corsa. Ad ogni passo ci
deve essere una “orchestra muscolare” in cui il direttore (il
vostro cervello) ordina ai muscoli-strumenti che non devono attivarsi il
completo riposo. E’come una danza, un metronomo, un gioco di continue
contrazioni e decontrazioni di ogni distretto coinvolto, dal bilanciamento
delle braccia, ai muscoli delle spalle, del collo e del viso sempre sciolti.
Solo nella spinta si fa fatica, il resto deve essere come l’acqua che
scorre. Contrarre le gambe nella fase di volo, torcere il busto, stringere i
pugni, sono esempi di sprechi di energie. Rilassatevi, rilassatevi,
rilassatevi, salvate le vostre energie per aumentare la frustata dei piedi e
del conseguente avanzamento delle ginocchia; ne guadagnerete in velocità.
3) NON SALTELLATE INUTILMENTE: dovete ricercare
l’avanzamento, non la verticalità tramite i rimbalzi sprecando così utili
energie. I più grandi interpreti del fondo e mezzofondo hanno uno stile
estremamente radente e fluido, ove la testa mantiene pressochè costante la
propria altezza. Se è vero che teoricamente la corsa è una successione di
balzi, è anche vero che questi debbono ricercare solo l’avanzamento ad
ogni costo ed ad ogni spinta; per un mezzofondista o fondista, saltellare è
proibito.
4) RAPORTO IDEALE FREQUNZA/AMPIEZZA DELLA FALCATA: dipende
ovviamente dalle vostre distanze di gara, e dalle situazioni tattiche della
gara stessa, vedi le volate. Molti corridori utilizzano un rapporto non
ottimale. Una falcata troppo ampia comporta un elevato dispendio di energie, ed
in questi casi solitamente si nota il corridore che procede balzellando. Se la
falcata è troppo corta, solitamente o si corre seduti e senza spinta, o si
usano comunque frequenze troppo elevate con alti dispendi di energie. Voi
dovrete ricercare il vostro mix ottimale, anche in base alle vostre
caratteristiche fisiche di forza e mobilità articolare. Inoltre, in linea di
massima durante una volata o per effettuare degli scatti, è opportuno ricercare
velocità dapprima cambiando frequenza di passo accelerando, per poi, da
lanciati, distendere il passo ricercando l’ampiezza. Ad esempio è
spettacolare assistere a delle volate in pista in gara di
mezzofondo percorse a ritmi lenti, ove nell’ultimo giro si assistono
a scatti e controscatti via via più devastanti di chi lotta per vincere. Si
arriverà poi negli ultimi metri a distendere il passo cercando di mantenere
elevata anche la frequenza. Pensate a fenomeni come Gebreselasie e Bekele,
capaci di ultimi giri di pista a velocità crescenti con un gioco di gambe da
applausi.
E per finire… non scordatevi che ........
Uno stile di corsa efficiente richiede un buon tono
muscolare; non trascurate quindi di curare segmenti corporei importanti per la
postura (addominali e dorsali). Quindi fate dei pesi leggeri, ginnastica
generale o un po’ di piscina. Noterete che il vostro assetto di corsa
migliorerà, e soprattutto se una corsa corretta non vi viene ancora naturale,
il maggior tono complessivo farà ritardare il momento in cui la fatica vi
riporterà a correre in modo poco efficiente. Non appena questa muscolatura sarà
a posto, con una meccanica di corsa ormai in ordine, gli sforzi per correre
bene saranno minimi e tutto vi verrà automatico.
Fatevi filmare mentre correte, magari da tutti i lati ed a
varie velocità. Quando potete, guardatevi nelle vetrine dei negozi. Se non
recuperate una videocamera, chiedete a qualche esperto di osservarvi
mentre correte. Siete troppo sbilanciati in avanti o all’indietro ? Tenete le spalle contratte ?
Avete un espressione del volto tesa e contratta, le
braccia sono in tensione ? State saltellando verso l’alto ? Correte seduti ? Vi ricordate di
spingere fino alla punta delle vostre dita, come se pigiaste di scatto il
pedale dell’acceleratore ?
Cercate SEMPRE di ascoltare il vostro corpo per percepire
come correte !
4) NUOTO: I fondamenti dello stile
libero
Ecco qualche utile consiglio per tutti i nuotatori già in
grado di fare senza difficoltà numerose vasche a stile libero con un minimo di
impostazione tecnica, ovvero nuotando a testa sotto con respirazione laterale,
senza annaspare ad ogni bracciata.
Quando riflettiamo sui nostri allenamenti in piscina
dobbiamo sempre porci la domanda se le nostre numerose
vasche stanno incrementando la nostra sensibilità tecnica, o stanno solo
consolidando degli errori della nuotata. Nel momento in cui aumentiamo i
carichi di lavoro, spesso c’è la tendenza a non concentrarsi sulla
tecnica, ma noi dobbiamo invece fare tutto il contrario. Sarà
infatti stupido allenarsi ogni giorno duramente mulinando braccia e
gambe per chilometri, quando invece i veri miglioramenti nel nuoto si ottengono
principalmente affinando la tecnica. Senza tecnica arriverete ad un punto
limite senza più alcun progresso, e data la monotonia del gesto, lo scoramento
è sempre in agguato, specialmente quando vedrete un
vostro compagno che con fare rilassato, lungo disteso nell’acqua e con la
metà delle vostre bracciate, nuota tranquillo per ore accanto a voi.
Nelle parti che seguiranno vedrete usare spesso i seguenti
termini: PRESA, TRAZIONE, SPINTA, RECUPERO. Sono le 4 fasi di una bracciata,
ovvero la presa è il modo in cui la mano entra in acqua e si appresta a
partire, trazione è il movimento di mano ed avambraccio sino al petto, spinta
va dal petto sino all’uscita, il recupero è la fase aerea. Normalmente gli errori più gravi dal punto di vista della
velocità in acqua sono nelle fasi di presa trazione e spinta, ma anche il
recupero potrà compromettere i ns. risultati
Nel nuoto solo il
15-25% della prestazione è dato dal livello di forma fisica raggiunto col duro
lavoro.
La parte restante,
un enorme 75-80 %, è data dalla tecnica ed efficienza
della nuotata, anche se è vero che una buona tecnica viene acquisita anche
nuotando moltissimo.
Più che sull’allenamento fisico, abbiamo quindi 2
fattori principali sui quali i nuotatori devono concentrare i propri
sforzi:
1) TECNICA E SENSIBILITA’
Il problema principale è che a differenza della corsa o del
ciclismo, qui non abbiamo dei punti fissi di appoggio al suolo per creare
avanzamento e propulsione in seguito al lavoro ed alle spinte dei nostri
muscoli, ma siamo in una sostanza fluida. In altri sport, il posto ove
appoggiamo mani e piedi per spingere e prendere velocità è solido, fisso ed
inamovibile; nel nuoto abbiamo sfortunatamente una base instabile sulla quale
fare leva. Pertanto diventa assolutamente fondamentale sviluppare una tecnica e
sensibilità del nuotatore per ricercare una sorta di miraggio, ovvero dei punti
“fissi” di appoggio in acqua. In caso contrario non faremo altro
che “tagliare l’acqua con le nostre mani e braccia, facendo tante
bracciate per degli avanzamenti ridottissimi a bassa velocità. La cosa più importante
è proprio sviluppare quelle abilità che consentano
all’atleta di sentire in acqua (in barba alle correnti, alla temperatura
ed alle turbolenze) dove mettere le mani e come muoverle. L’ideale
sarebbe: infilare una mano un punto immaginario distante davanti alla testa,
“aggrapparsi” a delle maniglie immaginarie il più lontano
possibile, ed ora effettuare le tre fasi di presa, trazione e spinta
trascinando il corpo all’indietro ritrovandosi con la mano uscita dietro
i glutei. Il tutto ovviamente senza che la mano tagli l’acqua perdendo
centimetri di avanzamento. Dovremo ricercare lle parti più “dure”
dell’acqua (che esitono) per usare la nostra forza e condizione fisca,
ovvero dei “posti fissi nel fluido su cui appigliarci per i nostri
spostamenti. I migliori nuotatori, i più efficienti sono statisticamente (ad
esempio Thorpe, Popov, Van De Hooghenband) infatti
quelli che fanno il minor numero di bracciate per vasca. Questi mostri compiono
una vasca da 25m attorno alle 13-15 bracciate. Più
avanti vedremo qualche suggerimento per come poter sviluppare questa
sensibilità a livelli perlomeno accettabili, ricordandoci, che come per la
corsa, contro atleti dotati geneticamente di sensibilità straordinarie, ci sarà
poco da fare, ma potremo comunque a livello personale fare miglioramenti
straordinari.
2) GIUSTA POSIZIONE IN
ACQUA DAL PUNTO DI VISTA IDRODINAMICO
Dobbiamo ricercare una posizione che riduca gli attriti in acqua del ns. corpo; in acqua si
devono infatti vincere attriti mostruosi (se comparati con l’aria) per
compiere l’avanzamento, ed ogni attrito in più ci sottrarrà energie
preziose rallentando inoltre la velocità. In altre parole dobbiamo ricercare
una grande idrodinamicità durante tutte le fasi della nuotata, tuffo e virate
comprese.
Avendo l’acqua una densità centinaia di
volte superiore a quella dell’aria, una
posizione/assetto in acqua perfetto è assolutamente indispensabile per
ottenere risultati e risparmiare energie. Pensate agli sforzi che fanno i
ciclisti (anche in galleria del vento) per ricercare la posizione più
aerodinamica possibile; qui è lo stesso, ma l’importanza di un assetto
corretto sarà CENTINAIA di volte più vitale, onde ottenere un avanzamento
veloce, scorrevole ed economico.
La riduzione dell’attrito (punto 2) pesa
ai fini dell’avanzamento per circa il 70%, mentre le capacità propulsive
di tecnica e sensibilità (punto 1) sono prossime al restante 30%. Se cercate
quindi di migliorare e nuotare più veloci, il pensiero principale sarà quello
di migliorare l’assetto in acqua, poi quello di un miglioramento tecnico,
e solo da ultimo, il miglioramento della prestazione fisica. Probabilmente
molti di voi si sono sinora avvicinati al nuoto con un ordine opposto di
priorità, e gli spazi per migliorare sono quindi enormi.
Farsi filmare in piscina da varie angolature è
il modo migliore (e più economico) per effettuare un check up della vostra
nuotata. Ogni filmato mostrerà in dettaglio come nuotate, e meglio se con
l’aiuto di un tecnico potrete correggere gli errori più significativi.
Concentratevi su: 1) minimizzare ogni resistenza/attrito passivo tramite un
corretto allineamento, 2) massimizzare l’efficienza dei movimenti
propulsivi. Non sarà difficile ricercare perlomeno i difetti più gravi, per poi
nel tempo lavorare anche sulle sfumature.
1)
TECNICA E SENSIBILITA’
Ecco i 7 errori più comuni che creano
una perdita di efficacia in acqua:
1) gomiti bassi durante la trazione (invece
che alti)
2) trazione e spinta effettuate a braccio
dritto e lungo una linea retta (invece di un movimento ad “S”)
3) utilizzare i gomiti per la trazione e
spinta (al posto di mano ed avambraccio)
4) far uscire la mano all’altezza delle
anche (senza arrivare alla coscia sotto il sedere)
5) le mani entrano ed escono dalla acqua piatte (invece che di taglio)
6) l’acqua viene
presa e sbattuta contro il corpo durante la trazione e spinta
7) insufficiente allungamento del braccio
davanti al corpo durante la presa.
Quali sono le cause dei primi 4 errori, e come
si può correggere il conseguente calo di potenza/efficienza ?
1) l’abbassamento dei gomiti è
solitamente causato dalla fretta di compiere la bracciata, o dall’entrata
in acqua della mano a braccio già iperesteso. Ricordatevi che il braccio è
QUASI disteso, ma si allungherà alla morte solo sotto il pelo dell’acqua
per ricercare lo scivolamento, per partire poi per la bracciata con un piccolo
movimento della mano. Quindi per correggervi entrata la mano in acqua a braccio
quasi dritto, questa si allungherà come a cercare una maniglia in un punto
immaginario avanti a voi, e partirà con un movimento del polso spostandosi
verso il basso solo con l’avambraccio, mantenendo il gomito sul pelo
dell’acqua.
Movimento corretto: gomito alto mentre mano ed
avambraccio effettuano la trazione
Per aumentare la sensibilità
dell’avambraccio, è utile è effettuare serie di 50m
nuotando a pugni chiusi. Grazie alla una ridotta superficie d’appoggio guadagnerete
in sensibilità, dato che mentre la spalla allungata blocca appunto il braccio
ed il gomito sul pelo dell’acqua, è lui qui il motore principale agendo
verso il basso.
2) Un azione diritta
ed a braccia tese, sarà come una barca azionata a da una ruota a pale invece
che da un elica. Vi muoverete in avanti, ma piano. Perchè ?
Se semplicemente spingete l’acqua dietro
di voi, le vostre mani incontreranno sempre parti di acqua già mossa dal loro
stesso movimento. Le mani devono invece cercare il più possibile dei punti di
appoggio fissi, statici, per aggrapparsi e spostare il corpo in avanti.
Dovranno compiere un lieve movimento ad “S” per ricercare sempre
“acqua ferma e dura”, e non quella mossa dalla colonna
d’acqua che si sposta già nella trazione. A metà della bracciata
(effettuata la trazione), il braccio sarà piegato quasi a 90° appena sotto il
petto, per ri-estendersi verso le gambe-dietro.
il movimento ad
"s" della bracciata
Notate che il gomito resta alto nella prima
fase della trazione, poi piegato sempre più per riallungarsi nella fase finale
della spinta. Le correzioni sono le stesse di quelle usate sopra. Tante vasche
in allungo di spalla alternativamente a pugni chiusi e aperti, ove vogliamo
sensibilizzare anche l’avambraccio.
3) chi tira la bracciata coi gomiti, causerà
una perdita di potenza ed un aumento di attrito causato dall’acqua
spostata che ci sbatte addosso. Potete correggervi osservando l’allungamento
del braccio prima che la mano parta per la bracciata.
Questa poi si piegherà verso il basso mentre anche l’avambraccio si mette
in azione; ricercherete la sensazione di scavare nell’acqua più che
quella di tirare la leva di un cambio per cambiare marcia.
4) se il gomito esce dall’acqua prima
della mano, significa probabilmente che non avete spinti bene fino in fondo con
essa, perdendo una delle parti più esplosive della
nuotata. Quando il pollice vi sfiora le cosce è il momento di spingere a fondo
verso dietro. Ricordatevi di correggervi toccando col pollice la coscia, per
poi spingere a tutta.
5) se le vostre mani entrano/escono piatte in
acqua, catturerete moltissime bolle che rovineranno le vs. sensazioni durante
la bracciata, nonché sbatterete le bolle rimaste sotto il corpo, creando
ulteriori turbolenze ed attriti.
Cercate semplicemente di impattare
l’acqua di taglio, col pollice.
6) Prendere e spingere l’acqua contro il
corpo durante la nuotata, crea sfortunatamente molte forze di attrito generate
da turbolenze dell’acqua stessa che impatta e rimbalza lungo il corpo
stesso.
7) Insufficiente allungo del braccio davanti
al corpo: troppe volte vediamo nuotatori che partono affrettatamente con la
bracciata, senza cercare ogni volta l’allungo verso la parete della
piscina: in altri termini dobbiamo attendere un attimo prima
di iniziare la presa/trazione. Il braccio potrà partire solo
quando lo percepirete disteso , in scivolamento, la spalla distesa in
avanti-alto, con la mano un paio di cm sotto il pelo dell’acqua. Perché
dobbiamo perdere per la fretta così tanti centimetri di bracciata/falcata ?
guardate questo
splendido allungo del complesso braccio-spalla !
C’è una lezione che ogni nuotatore deve
conoscere a menadito. Un nuotatore diventa migliore se nuota più lungo, non se
aumenta la frequenza ! Ciò è stato dimostrato da due studi separati.
Un biomeccanico della Penn State University ha effettuato un
analisi computerizzata su tutti i nuotatori delle Olimpiadi di Seoul
1988. Un altro gruppo di ricerca dell’ Università
di Rochester ha analizzato i risultati di ogni gara dei Trials Olimpici USA
dello stesso anno. Entrambi gli studi ricercavano cosa distingueva i nuotatori elite veloci da quelli lenti (lenti alle
olimpiadi è comunque un concetto relativo ….), ed entrambi gli studi
hanno raggiunto le stesse conclusioni. In ogni gara, i nuotatori più veloci
sono quasi sempre quelli che compiono le minori bracciate !
Ricordatevi che un nuotatore di livello mondiale nuota un 25m
in solo 12-13 bracciate (senza il tuffo).
L’affinazione della nostra sensibilità
ci porterà sempre più a focalizzarci sul movimento delle mani, anche se molta
parte della nostra velocità dipende anche dal modo con cui il lavoro di mani e
braccia si coordina ed integra con la possente muscolatura del tronco.
Ma per ridurre il nr. di bracciate non basta
effettuare una semplice “sottrazione”: i buoni nuotatori riescono
non solo a ridurre le bracciate, ma anche ad andare più veloci, e questo lo si ottengono riducendo gli attriti. In che modo ? Esistono principalmente 2 metodi:
a) tutto quanto sopra serviva principalmente a
creare efficienze e propulsione, spingere il corpo sempre più avanti grazie
alla sensibilità delle bracciate.
b) ma il secondo “segreto” è di
guadagnare avanzamento a parità di sforzo riducendo gli attriti. Come si fa ?
2)
POSIZIONE IDRODINAMICAMENTE CORRETTA IN ACQUA
Così facendo migliorerete la vostra
penetrazione idrodinamica, concentrandovi sui cambiamenti della
posizione/assetto del corpo. Eliminare l’attrito si ottiene
principalmente in 3 modi:
1) Col bilanciamento del corpo. Piedi e gambe
tendono sempre ad affondare a causa della loro stessa peculiare costituzione
fisica. Per ogni centimetro di affondamento c’è un incremento
proporzionale di attrito e costo energetico per l’avanzamento. Quindi un
corpo in asse, bilanciato ed allineato, con le gambe ed i piedi a filo
dell’acqua è la migliore posizione per rendersi idrodinamici
2) Dobbiamo allungarci. All’aumentare
della lunghezza di una nave sulla sua linea d’acqua, si riduce la
resistenza all’avanzamento; allungandovi dovrete ricercare di percepire
tutti i segmenti corporei allineati in un unico asse,
disperatamente alla ricerca di toccare l’altro lato della piscina. Tutto
ciò va eseguito rilassati, senza perdere in fluidità ed efficienza, senza
strappare. Possiamo individuare 3 tipi di resistenza all’avanzamento:
- attrito frontale del corpo = le frecce
- attrito di scia = i riccioli
- attrito generato dalla superficie del corpo
= le linee tratteggiate
Più affonderete nell’acqua, più i tre
tipi di attrito vi rallenteranno.
3) Grazie al giusto rollio, l’acqua
incontrerà meno resistenza rispetto al normale scivolamento lungo la pancia, e
questo riduce gli attriti. Concentratevi sempre sull’allungamento ed
allineamento del corpo, e fatevi osservare o riprendere soprattutto sui
fianchi; se questi sbandano durante la nuotata, c’è quasi sicuramente un
problema con la testa o con la presa.
Ecco i 5 tipici errori che causano una
postura/assetto scorretto in acqua, e quindi una maggiore resistenza
all’avanzamento:
1) recupero a braccio disteso e portato
lateralmente,
2) la mano entra in acqua
troppo vicino alla testa e/o oltre la linea ideale di mezzeria del
corpo,
3) respirazione affrettata o sollevare invece
di ruotare la testa per respirare,
4) nuotare perfettamente orizzontali senza
alcun rollio del corpo,
5) movimenti laterali della testa.
1) recupero a braccia larghe/tese:
"Doc" Counsilman, nel suo libro “Competitive Swimming Manual
for Coaches and Swimmers”, illustra bene questo errore: "Questo tipo
di recupero, causa delle scodate laterali di gambe e fianchi in virtù della
terza legge di Newton: 'per ogni azione, se ne
sviluppa una uguale e contraria’. Ciò causa quindi un incremento nella
resistenza frontale e del corpo.". Quali correzioni ?
Aumentate leggermente il rollio e spingete con la mano fino alle cosce, (vedi punto 4 qui sotto). Soprattutto esercitatevi
nell’effettuare i recuperi tenendo il gomito alto più della mano, mentre
questa deve sempre sfiorare la superficie dell’acqua quasi accarezzando
tutto il vs. corpo dalle cosce sino oltre il capo.
2) Le mani che entrano in acqua oltre la riga
di mezzeria del corpo, producono gli stessi effetti negativi del recupero a
braccia larghe. Queste impattano pesantemente sull’allineamento del
corpo, generando scodinzolamenti. Una volta che sarete in grado di effettuare
un recupero a gomito alto con la mano che sfiora l’acqua, lasciate che la
vs. mano entri in acqua poco dopo la testa per poi allungarsi. La mano non
dovrà mai avvicinarsi troppo alla metà immaginaria, altrimenti dovrete vedere
sirene d’ allarme e luci di emergenza
………”ALLARME” oltrepassata linea ideale, crei
scodate, CORREGGERE !! “
3) una respirazione anticipata, è
l’errore più frequente ma anche uno dei più facili da correggere. Se
riuscite a controllare e sincronizzare il corretto movimento della testa,
diventerete immediatamente più veloci. La vostra testa deve ruotare leggermente
appena sopra il pelo dell’acqua, non appena il corpo raggiunge il massimo
rollio. Questo accade quando state iniziando la fase
di allungamento, il vs. braccio “anteriore” si sta allungando in
acqua, quello “posteriore” sta per completare la spinta in acqua.
Come per la correzione della mano che oltrepassa la linea mediana durante
l’allungamento, dovete osservare il braccio che si allunga; quello è il
momento per respirare, quando vi state allungando e scivolate sul fianco. Li infatti la testa occorrerà muoverla appena, dato che
basterà un niente per prendere aria. Minore azione, minore reazione negativa,
nuoterete più lunghi e più in asse !
4) E’ un problema comune a molti
principianti; i nuotatori veloci invece nuotano molto “sul fianco”,
dato che un leggero rollio del tronco lungo il suo asse
favorisce per motivi biomeccanici l’applicazione di forza delle braccia
sull’acqua.
5) gli spostamenti laterali fuori asse della testa
causeranno anche un disassamento delle gambe e dei fianchi, generando così uno
scodinzolamento che provoca maggiore attrito. Cercate di nuotare senza che la
testa oscilli di lato. Sarà fissata ma rilassata, e le consentirete solo di
ruotare su se stessa per respirare appena. Respirate solo 2, massimo 3 volte
per ogni, concentrandovi sulle vostre bracciate lunghissime senza che la testa
si muova. La testa non accompagna le braccia, sta
ferma, si muove solo per respirare e guarda avanti-basso.
Dovremo anche cercare di nuotare con la
massima efficienza possibile a qualunque velocità senza irrigidirci o scomporci
a seconda che si vada troppo piano o troppo forte. In
allenamento dovremo applicare i nostri miglioramenti fisici e di forza (che
verranno da soli) per creare le basi per una nuotata senza attriti, efficiente
ed economica. Solo così tutte le nostre energie ci
daranno …. maggiore velocità.
5) TREKKING: come si legge ed utilizza una carta
geografica/topografica ?
La scala della
carta
La scala di una carta dice a chi la usa di
quante volte il disegno del terreno è più piccolo del terreno reale. Una scala
1 : 10.000 (leggi “uno a diecimila”)
significa che quello che sulla carta ha la lunghezza di un centimetro, nella realtà,
ha invece una lunghezza di
La scala di una carta viene
generalmente indicata subito sotto al disegno, al centro. In prossimità di essa si trova la scala grafica che facilita la lettura delle
distanze sulla carta. La scala grafica è un segmento graduato, ossia suddiviso
in 10 o 20 parti. II segmento, posto a rappresentare ad esempio
Le scale più usate vanno da 1 :
Ricordatevi che per sapere a quanti metri
corrisponde un centimetro sulla carta, basta togliere due zeri dalla scala ( 1:
50.000:
La scala 1:25000
Le carte 1 : 25.000
dell' IGM (Istituto Geografico Militare) vanno molto bene per ogni percorso che
non sia di proporzioni minime; per intenderci al di sopra del chilometro, vanno
bene. Queste “tavolette” (cosi vengono
chiamate) si trovano per l'intero territorio nazionale.
Una tavoletta è approssimativamente una carta
quadrata di cm. 40 di lato. Fatte le debite proporzioni, rappresenta
un'estensione di
Conviene con questa scala ricordarsi di due
dati:
1)
la distanza di
2)
la velocità tipica di una persona che cammina
senza fretta è di circa4 km l'ora. Facendo anche qui un semplice calcolo è
possibile determinare uno spostamento teorico/sulla carta di circa
Le tavolette vengono
ottenute solitamente da un rilievo aerofotogrammetrico. Riportano i confini di
stato ed amministrativi, mentre dei centri abitati viene
riportata la planimetria esatta e dettagliata. L'altimetria è espressa in metri
e viene descritta dalle curve di livello.
Forma del terreno e curve di livello
Un'importante differenza tra una fotografia
presa dall'alto ed una carta topografica è che in quest'ultima si riesce ad
introdurre una terza dimensione, descrivendo i rilievi grazie alle curve di
livello (o isoipse, dal greco). Le isoipse sono linee che congiungono tutti i
punti aventi la stessa altezza sul livello del mare. La figura più sotto mostra
schematicamente come una collina venga
“affettata” da piani orizzontali ideali, generando così le curve di
livello corrispondenti.
Leggere le curve di livello significa guardare
una carta e capire come si presenterà il terreno. La difficoltà maggiore sta
forse nel riconoscere i dossi dalle valli: infatti in
tutti e due i casi le isoipse si presentano come una serie di V una dentro
l'altra. Questa difficoltà si supera generalmente seguendo le linee di livello
fino ad un punto dove, per la presenza sulla carta di un corso d'acqua o di una
cima di colle, si riesce a capire quale linea mostra la quota maggiore.
Nelle tavolette esistono tre tipi di curve di
livello: direttrici, intermedie e ausiliarie, facilmente riconoscibili
dalla grossezza del segno.
Vi è una direttrice, a tratto pieno e marcato,
per ogni
Le linee intermedie, a tratto pieno e più
leggero, sono tracciate per ogni
Se le pendenze del terreno non sono molto
accentuate, la lettura dei rilievi viene ulteriormente
facilitata grazie alle curve ausiliarie; la loro equidistanza è di
Nell'interpretazione delle curve di livello
conviene tenere a mente queste semplici regole:
- più le curve di livello sono vicine
l'una all'altra, più il terreno è ripido; più sono lontane e più il pendio è
dolce.
- un insieme di linee chiuse ad anello
deve avere al suo interno una cima di un'altura (più raramente una dolina o un
lago, ma senza emissario).
- dove le linee di livello hanno un
andamento di rette parallele equidistanti, lì il terreno ha una pendenza
uniforme come un piano inclinato.
- curve di livello che presentano la
concavità a monte indicano costoni o dorsali.
- curve di livello con la concavità a
valle indicano impluvi (vallette, canaloni).
Segni convenzionali
Alcune fattezze del terreno
che, differentemente rispetto ai corsi d'acqua, coste, rilievi, non si possono rappresentare
con delle linee in scala,ma vengono invece descritte
da segni convenzionali. In genere i simboli impiegati sono indicati alla base
della carta, insieme al loro significato. Qui sotto vengono
riprodotti quelli più importanti.
Colori
Le tavolette dell'I.G.M.
possono essere disponibili in una delle seguenti tre versioni:
1) in bianco e nero; sono le
meno facili da leggere.
2) in tre colori, con l'azzurro
usato per tutto quello che riguarda le acque ed il marrone, o bistro, per le
curve di livello.
3) in cinque colori; in questo
caso:
- in nero vengono stampati i particolari del terreno che sono opera
dell'uomo (strade, case, muri, ponti, linee elettriche, ecc.), ed i nomi a cui
essi si riferiscono; vi sono alcune eccezioni, specificate qui sotto;
-
in azzurro è indicata l'idrografia (ghiacciai, rive del mare o dei
laghi, fiumi, torrenti, fontanili, pozzi, acquedotti, ecc.), ed i nomi che vi
si riferiscono;
-
in marrone sono rappresentati i rilievi del terreno (curve di livello,
scarpate, frane, ecc.). Le rocce tuttavia sono sempre stampate in nero per
risultare più visibili;
-
in verde viene solitamente rappresentata la
vegetazione sia naturale (boschi, macchie, cespugli, ecc.), sia coltivata
(vigneti, oliveti, agrumeti, ecc.);
-
in rosso vengono rappresentate quasi tutte le
vie di comunicazione (strade, carrarecce, sentieri, ecc.).
La declinazione magnetica
In ogni punto della superficie
terrestre è presente un campo magnetico. Ogni campo magnetico orienta un ago
calamitato e il campo terrestre; orienta quindi l'ago della bussola in una
direzione che con buona approssimazione coincide con il nord geografico. La
coincidenza non è perfetta: la direzione nord e la direzione indicata dall'ago
della bussola formano in realtà un piccolo angolo che viene
chiamato declinazione magnetica. Questo angolo è l'errore che si commetterebbe
prendendo per buono il nord magnetico.
Spesso la declinazione
magnetica è indicata nelle carte topografiche e nelle carte nautiche con un
numero o anche con un diagramma. La declinazione magnetica varia nel tempo:
mediamente la variazione e pari ad 1' ogni 8 anni. Se dunque la carta
topografica non è troppo recente e se è richiesta una buona precisione sarà
opportuno correggere il dato sulla declinazione in modo da tener conto della
variazione avvenuta. La declinazione magnetica in Italia è attualmente
piuttosto piccola e normalmente si può prendere come nord la
direzione indicata dalla bussola senza che ciò comporti apprezzabili
conseguenze.
Qualche esercizio
Si possono fare molti esercizi
con una carta topografica, per impararne l'uso. Ecco alcuni suggerimenti. Per
quanto riguarda le applicazioni della bussola più avanti c’è un paragrafo
apposito.
1) E’ buona cosa
abituarsi a giudicare le distanze a occhio. Ad esempio, siamo al limite di un
avvallamento: quanto è lungo? Quanto è largo? Cerchiamo di darne una
valutazione numerica e, se esso è indicato sulla carta, controllate quanto
siete andati lontano dal vero.
2) Portatevi in una località
panoramica e, carta alla mano, cercate di riconoscere ciò che vi sta di fronte.
3) Camminate in campagna, senza
fretta, portando con voi la carta della zona ed osservate come il terreno e la
carta si corrispondono.
Non aspettatevi una
corrispondenza perfetta. E’ molto probabile che dall'ultimo rilievo (le
carte vengono normalmente aggiornate partendo da
fotografie aeree) case e strade siano state costruite ma anche che altre siano
invece sparite.
Cercate, nel vostro giro, di
anticipare ciò che vedrete più avanti, ovvero “...tra
Vari tipi di bussole
Le più semplici bussole hanno
l'ago magnetico libero di ruotare al centro di un quadrante sul quale sono
indicati i punti cardinali o
Nelle bussole più complesse si
trovano parecchi accorgimenti per meglio sfruttare la proprietà fondamentale
dell'ago magnetico.
Innanzitutto l'ago, anziché
essere « in aria », è immerso in un liquido. Questo dà due vantaggi: le
oscillazioni dell'ago sono smorzate più rapidamente e dunque non si deve
attendere a lungo per eseguire la lettura. In secondo luogo, poiché il
costruttore al momento di introdurre il liquido e sigillare ha lasciato
volutamente una bolla d'aria, è possibile, controllando che la bolla sia al
centro, lavorare con la bussola orizzontale, ciò è necessario affinché l'ago
possa indicare correttamente il nord magnetico. II liquido viene
scelto tra quelli a basso punto di congelamento, ad esempio una miscela di
acqua e alcool o glicerina.
Un'altra utile caratteristica
di alcune bussole è il cerchio graduato riportato sul quadrante che permette,
come vedremo tra un momento, di misurare I'azimut degli oggetti circostanti.
Tali bussole sono normalmente completate da un semplice dispositivo che facilita
il rilevamento. Il dispositivo si compone di un mirino e di una fessura nel
coperchio e di uno specchio (o lente) inclinabile che permette di leggere sulla
bussola l'azimut dell'oggetto nello stesso momento in cui I'occhio lo punta con il mirino.
Di complessità intermedia è la
bussola cartografica tipo Silva, che è anche la più usata nelle gare di
orientamento. Si compone essenzialmente di 3 parti, ognuna libera di ruotare
rispetto alle altre 2. Le indicheremo per semplicità con tre nomi brevi: base,
quadrante, ago. Essendo la più adatta ad un utilizzo per navigazione faremo
sempre riferimento a questo tipo di bussola.
La base è un rettangolo di
plastica trasparente su cui è incisa una freccia che chiameremo freccia di
direzione per distinguerla da un'altra di cui parleremo tra breve. Sui lati
della base sono riportate delle scale in millimetri che possono far comodo per
valutare le distanze sulla carta. Naturalmente si deve conoscere la scala della
carta per sapere a quanto equivale un millimetro. Sulla base è anche presente
una piccola lente d'ingrandimento che facilita la lettura di certi particolari.
Su alcuni modelli sono presenti anche delle dime per segnare sulla carta il
punto di partenza, di arrivo e l’obiettivo.
II quadrante è un involucro anch'esso
di plastica, ermetico, contenente al suo interno l'ago magnetico e il liquido
smorzante. II quadrante, come si è detto, può ruotare sulla base. Intorno al
quadrante è inciso un cerchio graduato che permette di leggere di quanti gradi
il quadrante è stato ruotato rispetto alla base. Sul cerchio graduato sono
anche riportati i 4 punti cardinali, facendo corrispondere il nord (N) alla
posizione « zero gradi ». II fondo del quadrante è trasparente e porta incisa,
a sua volta, una freccia. Questa punta sulla posizione N; la chiameremo perciò
freccia di nord.
L'ago è una sbarretta di
materiale calamitato libera di ruotare anch'essa all'interno del quadrante
sotto l'azione del campo magnetico terrestre. L'estremità che indica il nord è
colorata di rosso e, nei modelli più costosi, è fosforescente.
Per ora sarà sufficiente
ricordare che dal centro della bussola partono la freccia di direzione, la
freccia di nord e l'ago magnetico; di questi tre elementi due possono essere
indirizzati a piacere, il terzo indica sempre il nord.
Uso corretto della bussola
Tre avvertenze per quando si
usa la bussola. La prima si riferisce al modo di tenerla in mano: la bussola va
sempre tenuta il più orizzontale possibile in modo che I'ago sia libero di
ruotare intorno al suo asse e possa quindi indicare il
nord. La seconda riguarda l'influenza che può avere sull'orientamento dell'ago
la presenza di masse ferrose. Bisognerà quindi fare attenzione di non fermarsi
a cercare il nord in prossimità di automobili, macchine agricole, tralicci
metallici.
Particolare attenzione va posta
nel tenere lontana la bussola dal motore del fucile, sia durante il
rilevamento, sia durante gli spostamenti. La terza è questa: quando si cerca il
nord conviene essere in piedi con la bussola in mano e, se è necessario,
ruotare tutto il corpo, piedi compresi. Così facendo rimane più facile
conservare memoria della direzione trovata.
Esercizi con la bussola
Nelle righe che seguono verranno descritte le operazioni che si devono compiere con
la bussola per risolvere certi problemi di navigazione.
Per ora, si ricordi solo che
con la bussola si potrà:
- orientare la carta
- ricavare la direzione
di marcia verso un certo obiettivo (ovvero la direzione in cui cercare un
particolare topografico d'interesse)
- ritrovare sulla carta
un particolare di interesse ed eventualmente conoscerne il nome
- fare il punto, ossia
individuare sulla carta il luogo in cui ci si trova
Orientare la carta
Per leggere correttamente la
carta è necessario orientarla, cioè disporre il disegno nella stessa posizione
del terreno.
Per orientare la carta
posizionate su di essa la bussola, poi ruotate il
foglio su se stesso fino a che l’ago magnetico della bussola sarà rivolta
verso la parte superiore della carta (l’ago sarà parallelo al bordo).
Ricerca di una direzione di marcia prestabilita
II problema che più spesso si
presenta è quello di sapere in che direzione si trova una certa meta. Starà poi
al singolo valutare se sarà più conveniente marciare in
linea retta o seguire un altro percorso.
Se ci si trova nel punto A
(vedi figura) e si vuole sapere in che direzione è situata la cima di colle B,
su cui si sa che è posto il prossimo punto di controllo (o obiettivo), le
operazioni da eseguire sono le seguenti:
1) Collocare la bussola sulla
carta in modo che il lato lungo della base sia sulla congiungente di A con B.
2) Ruotare il quadrante della
bussola in modo che la freccia di nord punti verso il nord della carta. Nota:
con le operazioni 1) e 2) è stato determinato l'azimut di B ed esso -
facendo attenzione a non ruotare ulteriormente il quadrante - rimane
memorizzato nella bussola; la carta, a questo punto, non occorre più e può
essere messa da una parte.
3) Tenere la bussola in mano,
orizzontalmente, e ruotare fino a che l'estremità nord dell'ago si sovrappone
alla freccia di nord. La freccia di direzione punta allora verso B.
Con questa operazione si passa
da un angolo misurato sulla carta all’ angolo
reale della nostra direzione rispetto al nord.
4) Dirigersi verso tale
direzione facendo attenzione che l’ago magnetico rimanga sempre sopra la
freccia di nord.
Questa procedura si deve
ripetere ogni 3/400 m essendo impossibile procedere
più a lungo in linea retta.
La stessa procedura si applica
ogniqualvolta si debba ricercare sul terreno un particolare individuato sulla
carta.
Ricerca sulla carta di un particolare individuato
sul terreno
Questo problema, che può essere
considerato l'inverso del precedente, capita quando
durante uno spostamento durante il percorso si ha bisogno di una conferma. Se
si vede in lontananza un elemento di particolare importanza non ci si farà
scappare l'occasione di controllare se la carta lo riporta e se lo riporta
nella direzione in cui lo vediamo.
Le operazioni da eseguire sono
ora le seguenti.
1) Puntare, con la bussola
orizzontale, la freccia di direzione verso oggetto B che si vuole riconoscere,
ad esempio un campanile.
2) Ruotare il quadrante
fintanto che la freccia di nord risulta sovrapposta all'ago magnetico, che
naturalmente indica il nord. Nota: in questo modo si memorizza nella bussola
l'azimut che B ha rispetto alla posizione A in cui ci
si trova.
3) Facendo attenzione a non
modificare la posizione raggiunta dal quadrante (e disinteressandosi invece
della posizione dell'ago, che non interessa più) porre la bussola sulla carta
in modo che un lato lungo della base passi per il punto A e che la freccia di
nord punti verso il nord della cartina. II punto B, ossia il punto che sulla
carta rappresenta il campanile, si trova allora sul lato di base passante per A (o sul suo prolungamento). In questo caso l’uso
di una bussola col mirino può consentire rilevamenti più agevoli, ma sarà però
più difficile riportarli sulla carta.
Rilevamento con bussola dotata
di mirino: aprire il tappo e la lente, avvicinare la bussola all’occhio,
mirare il punto di riferimento facendo combaciare tacca di mira e mirino,
leggere l’azimut attraverso la lente (potrebbe essere necessario
inclinarla per leggere correttamente), fissare l’azimut ruotando la
ghiera.
Disponendo di entrambe, è
possibile effettuare il rilevamento con la bussola dotata di mirino, riportare
l’azimut sulla bussola cartografica e procedere al
punto 3).
Ricerca del punto in cui ci si trova
Anche al navigatore più esperto
capita di sbagliare e di non sapere più in che punto ci si trova. Con carta e
bussola però è possibile « fare il punto » a condizione che si riescano ad individuare sul terreno almeno due particolari
riconoscibili anche sulla carta. Ad esempio: abbiamo un navigatore che
riconosce, e sa ritrovare sulla carta, un borgo sovrastato da un castello e la
cima di un colle; quest'ultima è bene individuata per il fatto di far parte di
un sistema collinare composto da due cime vicine e da
una più lontana sulla destra. Chiamiamo il castello e il colle come particolari
B e C e vediamo le operazioni da compiere per trovare la posizione A del
navigatore sulla carta.
1) Misurare l'azimut di B
rispetto al punto di osservazione A. Il navigatore in questo momento non è in
grado di indicare dove si trovi il punto A sulla
carta, tuttavia egli vede il castello B sotto un certo azimut che determina al
solito modo e cioè: punta su B la freccia di direzione e ruota il quadrante
fino a sovrapporre la freccia di nord sull’ago magnetico.
2) Tracciare sulla carta una
retta passante per B ed avente l'azimut determinato al punto precedente. Ciò viene fatto mettendo la bussola sulla carta con la freccia
di nord orientata verso il nord della carta e un lato di base, parallelo alla
freccia di direzione, passante per B.
3) Misurare l'azimut di C
rispetto al punto di osservazione A. E’ una ripetizione dell'operazione
1), fatta questa volta per la cima di colle.
4) Tracciare sulla carta una
retta passante per C e avente l'azimut determinato al punto precedente.
Il punto A, incognito, ove si
trova il navigatore, è allora determinato dall’intersezione delle due
rette tracciate al punto 2) e al punto 4) e passanti per B e per C (fig.).
Questo metodo è tanto più preciso
quanto più vicino ad un angolo retto è l'angolo che formano le due direzioni
dei punti B e C scelti come riferimento.
In alcuni casi la ricerca del
punto in cui ci si trova può essere fatta con l'aiuto di un solo punto di
riferimento. Se ad esempio siamo sicuri di trovarci lungo una strada segnata
sulla carta, è sufficiente misurare l'azimut di B e tracciare sulla carta la
retta corrispondente. II punto dove la retta taglia la strada individua sulla
carta la nostra ubicazione. Lo stesso può dirsi se, anziché trovarci su una
strada, siamo su una curva di livello, ossia se conosciamo (con una certa
approssimazione) la nostra quota.
Anche in questo caso
l’utilizzo di una bussola con mirino può semplificare l’operazione
di rilevamento. Per riportare correttamente le rette sulla cartina sarà però
necessario l’utilizzo di un righello.
Misurare le distanze percorse
Abbiamo detto che per una
navigazione precisa è necessario effettuare nuove misurazioni
almeno ogni 3/400 metri. Come fare per misurare questa distanza in modo
preciso ?
E’ necessario movendosi a
piedi, abituarsi a contare i passi in modo da stabilire (sapendo in media il
proprio passo a quanti centimetri corrisponde) in maniera sicura la distanza
percorsa. In una squadra sarà necessario oltre al navigatore che avrà il
compito di contare anche i passi, anche un elemento di controllo, che conterà a
sua volta i suoi passi. Al momento di stabilire quanti passi si sono fatti, si
farà la media fra i passi contati sia dal navigatore che dal controllore.
Più sotto riportiamo
un’utile tabella: le misure sono indicative e possono variare ovviamente
leggermente da persona a persona.
|
passi per |
secondi per |
velocità km/h |
|
Strada non asfaltata, prato |
marcia |
120 |
65 |
5.5 |
corsa |
84 |
35 |
10 |
|
Terreno accidentato, sterpaglie, sassi |
marcia |
145 |
85 |
4 |
corsa |
100 |
45 |
8 |
|
IN SALITA |
||||
|
passi per |
secondi per |
velocità km/h |
|
Strada non asfaltata, prato |
marcia |
140 |
130 |
2.7 |
corsa |
120 |
70 |
5 |
Ricordatevi che i triathlon sono veramente
duri solo a seconda delle distanze e del vostro grado di
allenamento. Molti conoscono il triathlon solo grazie all’Ironman delle
Hawaii, ma oggi la maggior parte delle gare è ben più corta, umana e forse
divertente. Sicuramente molto più facile da preparare ed alla portata di tutti.
Una gara sprint per un atleta normale, un amatore, si percorre in 1h
PER INIZIARE
Le informazioni che seguiranno sono di
carattere generale, e possono essere valide per moltissimi sport di resistenza.
E’opportuno farci qualche domanda preliminare, monitorando il nostro
livello di forma attuale nonché riflettere se il triathlon sia
lo sport che fa per noi. Anche se siete dei campioni di atletica di brevi
distanze, ricordatevi che comunque una gara sprint dura circa
UNA TABELLA
Vorreste forse costruire una casa senza le
fondamenta ? Allora non vorrete certamente allenarvi
senza un minimo di programma di allenamenti ! Con una piano-tabella di lavoro avrete il vantaggio di poter
programmare e strutturare gli allenamenti necessari per poter ottenere gli
obiettivi desiderati, sempre che vi siate prefissati dei traguardi coerenti con
le vostre capacità. Un piano di lavoro vi aiuterà a prevenire gli infortuni, il
superallenamento, a lasciare il giusto spazio alle altre attività. Potrete
ovviamente regolarvi sulla base delle ore libere che vi restano dopo il lavoro ed gli impegni di famiglia e degli altri interessi.
Non è necessario che la vostra tabella sia
dettagliata, ma deve essere flessibile per consentirvi di lavorare al meglio
anche col brutto tempo o con imprevisti di famiglia o di lavoro. Tenetevi
quindi sempre un costume da bagno nella borsa, così se oggi toccava la corsa ma fuori diluvia, potrete andare in piscine senza
saltare l’allenamento. Solo con allenamenti regolari otterrete benefici,
quindi non allenatevi duro per 5 giorni, per poi saltare una settimana.
Effettuate il riposo prima di averne bisogno, ed
eviterete tanti infortuni. Tenete una tabella ove vi segnate cosa avete fatto
ogni giorno e le vostre sensazioni; le note saranno preziose anche nelle
stagioni successive come comparazione quando redigerete la nuova tabella. Un
principiante dividerà la stagione in 5 fasi fondamentali: costruzione della resistenza, sviluppo dell’intensità, raggiungimento del top di forma, tapering (scarico pre periodo di gare) e gare, recupero attivo post gare. In caso di gare molto lunghe,
come triathlon medi-lunghi, o maratone (e quindi per atleti evoluti), sarà
invece più indicato aggiungere una fase in più che si pone dopo lo sviluppo
dell’intensità: mantenimento
intensità-nuovo incremento resistenza, per concludere poi con le altre 2
fasi uguali.
Perchè questa differenza ?
Perchè negli sport di resistenza, ed in
particolar modo per le lunghissime distanze, "sfortunatamente" il
fattore assolutamente predominante è lo sviluppo della resistenza stessa.
Dovremo quindi prima costruirla con una base ampia di allenamenti lunghi, poi
velocizzare mantenendo i km, per poi mantenere i carichi di velocità
reincrementando ancora i km.......Questa novità viene
fatta per arrivare 30-20 gg prima della gara importante con la quantità di
lavoro svolta mantenuta molto elevata. Una normale ricerca di picco di
prestazioni, vuole che all’aumentare dell’intensità o velocità , calino anche i km, ma nel ns. caso sarebbe
controproducente, dato che in gare che durano minimo 3 ore e mezza
l’obiettivo è …. resistere !
Qui vediamo in dettaglio solo il programma
base, che ricordiamo comunque essere per principianti.
COSTRUZIONE
DI UNA BASE DI RESISTENZA
Questo periodo durerà dalle 6 alle 26
settimane, in relazione alla gara da fare, alla vostra forma ed esperienza.
Prima di cominciare il vero allenamento, sarà opportuno preparare per gradi il
vostro corpo agli stress che seguiranno, facendo un adeguato potenziamento ed
incrementando molto blandamente via via i km degli allenamenti, dalla corsa,
alla bici, al nuoto. In questo periodo è importante la quantità più che la
qualità. Non preoccupatevi di velocità o intensità, verranno nel prossimo
periodo. Solo il 15-20% del training dovrebbe essere svolto a media velocità;
non è infatti il momento di battere il vostro record
sui 10k, o di menare rapportoni con la bicicletta. Ci vorrà
infatti tempo per guadagnare sufficiente forza e “solidità”
dei vostri muscoli tendini e legamenti, ben più di quello necessario per
migliorare la capacità aerobica, vedi cuore e polmoni. Questi allenamenti di
base vi rafforzeranno piano piano, e miglioreranno la vostra resistenza, la
capillarizzazione dei muscoli, le dimensioni del vostro cuore, la capacità dei
vostri polmoni di veicolare ossigeno al sangue, le capacità chimiche
dell’organismo di resistere alla fatica. La maggior parte degli
allenamenti di resistenza dovrebbero essere effettuati con basse frequenze
cardiache, non più di 160 battiti al minuto, a
velocità che vi consentono di chiacchierare tranquillamente. Solo negli
allenamenti di medio incontrerete qualche difficoltà a parlare: sottolineo
qualche poichè il medio è medio, ovvero non dovete andare in affanno come in
gara, dovete controllare la velocità riuscendo comunque a parlottare per
terminarlo stanchi ma non come negli allenamenti delle ripetute o del veloce,
arrivando relativamente freschi. Curate negli allenamenti in bici la vostra
frequenza di pedalata, senza scendere negli allenamenti di fondo sotto le 100
pedalate al minuto. Se vi sembra troppo agile, un
velocista in allenamento arriva anche a 160, quindi con un minimo di
allenamento fare 40-
Seguite la regola del 10%, ovvero non
incrementate il chilometraggio di più del 10% del volume fatto nelle settimane
precedenti. Per esempio,se nelle settimane scorse
avete corso
SVILUPPO
DELL’INTENSITA’
Ora che avete raggiunto una buona base, potete
fare di più …… aumentando i ritmi, dando più intensità ai vostri
allenamenti. Qui manterrete sostanzialmente la quantità, ma
molti allenamenti andranno svolti un po’ più veloci. Questo periodo deve
essere più corto del precedente, e più corto di almeno 1/3.
Riducerete ora il nr. dei km complessivi, ma non di molto. E’quindi il
momento più duro della vostra preparazione, ma passato
questo ….. volerete !.
Fate salire la vostra frequenza cardiaca, ma
non oltre 5-10 battiti rispetto alla vostra soglia anaerobica. Spingetevi
giusto al di sopra di essa, senza forzare troppo,
alternando 1-2 giorni duri a giorni più blandi per dare tempo al fisico di
recuperare. L’intensità può essere raggiunta in diversi modi:
-
fartlek: ovvero variazioni di ritmo
assolutamente a piacere, intervallate da recupero parziale a buon ritmo,
-
ripetute: correte in modo sostenuto per X
minuti o X metri, con Y minuti di recupero. Variando i fattori X ed Y allenerete in modo più o meno importante la potenza
aerobica. All’aumentare della velocità, cerate più acido lattico, con
recuperi più brevi aumentate la resistenza. Mote ripetute blande o poche lunghe
con scarso recupero, sono quelle da preferirsi per gli sport di resistenza,
-
correre o pedalare in salita,
RicordateVi, non fate un recupero superiore ai
3'; siete atleti di resistenza, non mezzofondisti veloci o sprinter. Il vs.
cuore, muscoli devono convivere con la fatica ed abituarsi a smaltire il lattato prodotto prima e meglio possibile. E’
quindi opportuno fare ripetizioni non troppo veloci e con poco recupero.
E’il momento per fare ripetute ad
intervalli anche in bicicletta, con rapporti più duri, almeno un 53x17 come
minimo, meglio ancora se su blande salite. Per gareggiare forte, così si
ottiene la forza specifica necessaria per tenere medie elevate.
Allenarsi in compagnia è un ottimo sistema per
poter effettuare degli allenamenti duri. La maggior parte delle
persona trova che possono allenarsi meglio, ad un passo più veloce, con
maggiore costanza e per distanze più lunghe quando possono correre con degli
amici. Correte in un campo sportivo, oppure iscrivetevi ad una società sportiva,
e troverete senz’altro un partner alla vostra altezza. Quasi ogni città o
ogni piscina ha un Club di nuotatori Masters, un gruppo ciclistico e podistico,
e col loro aiuto non vi sarà difficile trovare anche un calendario con le gare
nei paraggi.
Ricordatevi che gli allenamenti di gruppo
solitamente finiscono ad un ritmo più elevato di quelli in solitudine, dato che
spesso specie in alcuni contesti si genera automaticamente uno spirito
competitivo.
A cominciare da questo periodo effettuate
delle sedute combinate, tipo nuoto più bici, o bici e corsa. Dato che correre dopo un duro allenamento in
bici non è semplice, dovrete comunque impratichirvi con queste nuove spiacevoli
sensazioni prima delle gare; dovrete diventare padroni della stanchezza fisica
e mentale, della sensazione dei pesantezza alle gambe
dei primi km dopo la bicicletta. Un bell’allenamento utile e divertente è
ad esempio il seguente: riscaldamento a piedi, riscaldamento in bici,
RAGGIUNGIMENTO
DEL TOP DELLA FORMA
Una volta raggiunte sia la resistenza che la
capacità di aumentare i ritmi, siete molto ottimisti sul finire la gara. Ora
lavoreremo per limare gli ultimi minuti, per conquistare qualche posizione.
Poche settimane prima della gara, ridurrete la
quantità di km ed il tempo dedicato all’allenamento, ma farete qualche
breve lavoro veloce per tirare fuori la brillantezza dalle vostre fibre. Non vi
dovete stancare, qui i recuperi si allungano, ricercherete il gesto tecnico
perfetto, le sensazioni di assenza di fatica. Ricordatevi che per una gara di 1
ora, velocità significa ad esempio 6x1000, con 4' di recupero, o 2x200m + 2x100m nuoto, 2'recupero, e non delle ripetute di velocità pura come
effettuerebbe Carl Lewis. Dovrete
unicamente velocizzare un po’ i mega allenamenti di resistenza svolti
sinora; lo potrete fare effettuando allenamento più brevi,
corti, ma intensi, magari allungando di poco il recupero tra eventuali serie
nelle ripetute. Anche gareggiare senza troppo impegno sarà utile. Fate qualche
gara a cronometro in bici, e qualche gara di corsa, specialmente se avete
qualche problema di motivazione ad allenarvi duro; fare così è infatti molto più divertente. In questi allenamenti intensi
non riuscirete a chiacchierare, in quanto gambe, braccia e polmoni saranno
molto impegnate; il battito cardiaco sarà elevato, oltre i 160 battiti, o
comunque leggermente sopra i vostri valori di soglia anaerobica.
(MANTENIMENTO QUALITA’ +
NUOVO INCREMENTO RESISTENZA: solo per atleti evoluti, e/o distanze lunghe)
Mantenete per circa 15 gg i soliti allenamenti
a buon ritmo, ma aumentate ancora il chilometraggio, per riguadagnare
nuovamente in resistenza. Attenzione agli infortuni, ma
questo extra sforzo vi sarà indispensabile per portare a termine gare così
massacranti.
TAPERING
e GARE
A seconda della distanza di gara
scelta, dovrete assolutamente prendervi alcuni giorni di “scarico”
(da
Se gareggiavate ogni week end, ora è il
momento di riposare: non è più il momento di fare delle sessioni tirate.
Allenatevi appena per rimanere attivi e mantenere la forma tra le gare. Se gareggiavate molto poco, continuate a fare qualche allenamento brillante,
ma senza esagerare, più che altro per simulare e riprovare le sensazioni di
gara. Infatti, nelle gare l’esperienza è fondamentale.
Ora qualche consiglio pratico per le
vostre gare:
Riservate più
allenamenti allo sport ove siete più deboli.
Dedicate più tempo alla tecnica del nuoto
piuttosto che a macinare vasche su vasche; è più utile e meno noioso.
Pianificate e preparate per tempo (almeno per
la sera precedente la gara) tutto quello che indosserete o mangerete in gara.
Preparatevi una lista di quanto necessario, spuntando via via tutto il
necessario, essendo così sicuri di non aver dimenticato nulla.
Arrivate sul campo di gara per tempo, in modo
da poter fare una ricognizione del percorso e della (delle)
zone cambio. In caso di una gara lunga, sarà opportuno pensarci il giorno prima. Lasciatevi del margine di tempo in più per
allestire la vostra postazione per il cambio, per il riscaldamento, ecc.
Ricordatevi però di non scaldarvi troppo se siete dei principianti senza troppe
velleità agonistiche. Bastano
La partenza a nuoto potrà incutervi timore,
specie se non siete abituati a nuotare in acque aperte e tra decine o centinaia
di atleti scatenati. Preparatevi psicologicamente ad essere scalciati,
sbattuti, tirati, calpestati, specie se lottate a centro gruppo e non avete una
frazione eccellente. In caso di timori, difficoltà o scarsa confidenza con
l’acqua, partite in coda al gruppo, o al lato esterno rispetto alle boe;
perdete solo pochi secondi.
Specie nel nuoto ricercate a riva dei punti di
riferimento (grattacieli, fari, grossi edifici) per orientarvi qualora le boe
siano poco visibili, specie se il mare è mosso; se nuotate
dritti, farete il percorso più breve. A
Per i primi
Concentratevi nel raggiungere lentamente la persona davanti a
voi; una volta superato, fate lo stesso col prossimo.
Assicuratevi di bere molto durante la frazione
in bici. Se la frazione a nuoto era lunga, sarete probabilmente un pò disidratati già all’inizio della bici; questa
frazione è il luogo ideale per alimentarsi ed idratarsi, specie in previsione
della corsa a piedi.
Arrivando in zona cambio per la frazione a
piedi, ripensate come all’arrivo nel nuoto a tutto quello che dovrete
fare per un cambio impeccabile. Pedalate agili l’ultimo km, gli ultimi
metri alzatevi sui pedali per un po’ di stretching alla parte posteriore
delle gambe, pensate a cosa dovete ora indossare, a dove sarà l’uscita
per iniziare a correre. Se fa caldo date gli ultimi sorsi d’acqua,
indossate un cappellino bianco e bagnato (vi proteggerà un po’ dalla
calura).
Ora le vostre gambe saranno probabilmente
molto dure e dolenti, specie per il primo km. Cercherete qui allora di non
strafare subito, di accorciare il passo cercando l’agilità e
l’economia, per preservare i muscoli per le dure fasi centrali e finali.
Cercate di arrivare al regime corretto della vostra falcata non prima del primo
km, senza sprecare molte energie.
Ed ancora, ricordatevi di bere. Molti si
fermano per crampi o rallentano molto non tanto poichè privi di energie, ma perchè disidratati.
La frazione a piedi è per tutti spesso pura
sopravvivenza, ma cercate di andare sempre avanti e di pensare positivo. Finite
forte ed in progressione.
Dopo la gara fate un bilancio delle vostre prestazioni/sensazioni.
Avete raggiunto i vostri obiettivi, sia che fossero il
record personale, un piazzamento, o semplicemente il terminare la gara ? Se non
ce l’avete fatta, non siate negativi. Chiedetevi
piuttosto i motivi del fallimento, ove sono gli errori commessi, come evitarli
ed in che modo. A meno che non siate professionisti,
mantenete comunque il giusto distacco dalle cose, è uno sport, è un
divertimento, e come tale deve rimanere.
RECUPERO
Questa fase segue il periodo di gare, e
consentirà al corpo ed alla mente un completo recupero. Non dovrete ovviamente
diventare sedentari, ingrassare di
Qui viene anche il momento di valutare la
vostra tabella. Sono stati raggiunti gli obiettivi ?
Erano raggiungibili ? Si poteva fare forse meglio ? Cominciate quindi a programmarvi per l’anno
seguente. Se vi siete infortunati, riguardatevi il periodo incriminato per
vedere se sono stati commessi degli errori, ad esempio se l’infortunio è
coinciso con troppi allenamenti duri ravvicinati. Confrontatevi con gli anni
precedenti e ne ricaverete delle informazioni veramente interessanti. Dopo
questo periodo di riposo attivo, potrete ricominciare un nuovo ciclo.
7) PERCHE’ L’ABBIGLIAMENTO TECNICO MIGLIORA
LE PRESTAZIONI
(o meglio,
come quello sbagliato le riduce)
A parte le calzature, non scordatevi
l’importanza dei capi di abbigliamento da indossare durante gli
allenamenti.
Abbigliamento non appropriato o di cattiva qualità
può comportare affaticamento prematuro, abrasioni, allergie, vesciche,
disidratazione: tali fattori sicuramente contribuiscono a non farvi gustare
appieno il vostro sport preferito. Non da ultimo, possono indurre ad
abbandonare - cessare - non portare a termine l’allenamento secondo
quanto in programma; tutto quanto sopra sicuramente non aiuta a migliorare le
prestazioni.
Soprattutto durante l’inverno, è bene
fare attenzione a correre protetti e coperti, ma senza ovviamente esagerare.
Durante lo sforzo il nostro corpo produce una notevole quantità di calore,
quindi se si parte sentendosi al calduccio è inevitabile poi avere caldo e
sudare eccessivamente una volta cominciato a correre,
rischiando una disidratazione o di avere di nuovo freddo verso la fine della
corsa, quando ne abbiamo meno bisogno.
Da evitare a questo proposito i capi
impermeabili: trattenendo l'umidità a contatto con il corpo favoriscono la
formazione di condensa; i panni umidi a contatto con il corpo danno poi una
sgradevole sensazione di freddo e sono una delle cose più dannose. In caso di
pioggia privilegiare i capi in Goretex o valide alternative; la particolare
membrana fa passare ed evaporare le molecole di sudore trattenendo e
respingendo l’acqua che viene da fuori. Costano di più, ma hanno una resa
enormemente superiore.
D’estate preferite un abbigliamento
confortevole e chiaro (respinge i raggi solari), non troppo stretto, magari
traforato, in modo da facilitare il raffreddamento del corpo per conduzione ed
evaporazione. Bastano infatti pochi gradi di troppo di
aumento della corporatura corporea per produrre sensibili cali di prestazione
Chi ha le gambe grosse e muscolose
(soprattutto tra le cosce), per evitare il tipico sfregamento da attrito può
utilizzare oltre alla vaselina anche dei pantaloni tecnici tipo ciclista (senza
fondello), che conterranno le masse muscolari preservandole da dolorose
abrasioni.
Usate calze di qualità, con cuciture
impalpabili ed a struttura di differenziata, ovvero spesse sotto dove serve e
sottili sul collo del piede per favorire la traspirazione. Eviterete/limiterete
le vesciche e gli arrossamenti dei piedi.
Oggi la tecnologia ci ha messo a disposizione un infinità di completi da running tecnici, le maglie
intime, le giacche antivento o antipioggia traspiranti. A differenza delle
normali felpe o tute, questi sono leggerissimi, freschi ed
…irresistibili. Non occorre stirarli, si asciugano in fretta (pensate ai
tessuti in pile), tengono sia caldo che freddo a seconda dei
capi e delle esigenze, sono traspiranti, antivento, antiacqua o entrambi, hanno
solitamente inserti catarifrangenti per farsi notare nelle ore serali, tasche
per riporre le chiavi, fazzoletti o quanto serva. Spesso le cuciture sono
termosaldate, hanno zip alle caviglie per facilitare la vestizione, i top da
donna hanno il reggiseno protettivo antiscuotimento incorporato, gli shorts
spesso uno slip interno, sono sgargianti ed alla moda, per soddisfare anche una
funzionalità e bellezza estetica che gli sportivi apprezzano in modo particolare.
Pensate all’evoluzione dell’abbigliamento di
un ciclista durante l’inverno. Dal maglione di lana sopra una o più felpe
e magliette della salute con l’immancabile quotidiano cartaceo con
funzioni antivento, ad una maglia intima tecnica ed una sgargiante giacca in
windstopper. Sarete più agili e leggeri, più caldi, con maggiore traspirazione
e porterete un terzo di roba da lavare a casa ….
Fatevi un regalo, e non ve ne pentirete.
8) MARATONA: le nozioni minime indispensabili
Per preparare una maratona occorrono da
Molti appassionati del nostro sport sono amatori che
preparano appuntamenti agonistici anche di un certo impegno come le maratone.
Esistono molte tabelle di allenamento, divise per capacità personali e tempo
disponibile, che aiutano a programmare un simile impegno, ma è fondamentale
imparare ad interpretare tali tabelle e non diventarne schiavi. Non sempre si
hanno gli stimoli giusti o le condizioni fisiche per affrontare un allenamento
dopo una giornata di lavoro o dopo una nottataccia; sforzarsi in tali condizioni
può essere controproducente dal punto di vista mentale, esaurendoci fisicamente
e psicologicamente.
Consigli generali: al termine di ogni allenamento sarebbe
meglio fare almeno 6 allunghi sui 100 mt per riguadagnare brillantezza di gambe
e tecnica di corsa corretta. Data la grossa mole degli allenamenti, è opportuno
comunque un po' di varietà, magari integrando con nuoto o bici la normale dose
di chilometri a piedi. Ciò vi aiuta ad aumentare i carichi di allenamento senza
stressare e sovraccaricare le strutture interessate dalla corsa. Inoltre, in
caso di dolori emergenti durante la preparazione, integrate ancora il lavoro
col ciclismo e nuoto; mescolare queste attività vi consente comunque di non
perdere la forma divertendovi, risparmiando soprattutto le vostre
articolazioni.
Potremo suddividere la preparazione di un principiante
(6 mesi), con 3-4 allenamenti settimanali, in 4 periodi base:
1) 4 mesi: FONDO e RESISTENZA
2) 1 mese: mantenimento livelli di FONDO e RESISTENZA con INCREMENTO
INTENSITA’-VELOCITA’
3) 1 mese: Cresce ulteriormente il nr. di km percosi, quindi il FONDO e
RESISTENZA
4) 20 gg: periodo di SCARICO-RECUPERO con allenamenti blandi e dimezzati,
per arrivare freschi e rigenerati.
1) Nella prima fase, si cerca di curare
bene il fondo. Allenamenti tipo: 1 lunghissimo lento, 1 fondo lento, 1 fondo
medio, 1 allenamento a scelta tra gara sui
Ottimo è correre anche ogni tanto in collina per percorsi
di 20/25 Km, non affrontando salite dure, ma blandi
saliscendi. Il medio, è un medio, ovvero un ritmo al quale riuscite a
parlottare a stento per tutta la durata (dai
2) Qui si inizia a soffrire, in
quanto i km totali restano più o meno costanti, ma aumenterete lievemente i
ritmi di corsa, soprattutto nel medio - fartlek - veloce e nelle
ripetute. Può essere utile adesso conoscere la propria soglia aerobica, ovvero
la velocità che possiamo mantenere oltre la quale la capacità di smaltire acido
lattico da parte dell’organismo è inferiore alla sua produzione (il
rubinetto delle vasca da bagno butta più di quello che lo scarico riesce a
smaltire). Aumentare la velocità al di sopra della soglia porta ad una
produzione ed accumulo di acido lattico, che appesantisce rapidamente braccia e
gambe. È un tipo di sforzo cui vanno incontro i corridori in pista,
particolarmente nelle gare di velocità prolungata. Un metodo per trovare la
propria soglia aerobica è quello del "Test di Conconi" L'obiettivo
del nostro allenamento è anche elevare quella soglia in modo da non
"imballarci", da allargare il buco della vasca da bagno, ed abituando
contemporaneamente il rubinetto a buttare minore acido. A tale fine è bene fare
delle prove ripetute del tipo 3x3km o 2x5km a velocità
di poco inferiore al fondo veloce. Tra una ripetuta e l'altra il recupero non
deve essere totale, anzi pensando alla maratona è meglio che non ci sia tantissima
differenza tra la velocità della ripetuta e quella del recupero (si riparte ben
prima che il cuore sia sceso sotto le 100 pulsazioni/minuto). Potete anche
inserire qualche mezza maratona per avere una prima idea del tempo che si
otterrá (il tempo del 21 Kmx 2 più almeno 10' circa).
3) Siete ormai pronti per
l’ultimo sforzo: ora a parità di intensità i km complessivi aumentano
ancora. Il medio arriverà a sfiorare (riscaldamento compreso) i
4) Per gli ultimi 17-20 giorni è
necessario calare di colpo ritmi e quantità di chilometri, ricercando fino alla
paranoia la tecnica di corsa più economica e rilassata possibile. Obiettivo è
recuperare al 100% il mega lavoro effettuato, per arrivare al grande giorno,
freschi, riposati, con una grande voglia correre e spaccare il mondo ma affrontando
la gara con umiltà. Durante l’ultima settimana poterete ridurre a 2 gli
allenamenti, anche con meno di
I CONSIGLI PER GLI ULTIMI GIORNI:
Non cambiate le scarpe all’ultimo momento; potreste
poi avere grossi problemi di vesciche o abrasioni, dato che vanno rodate,
adattate e testate per almeno un mese.
L'abbigliamento: dipende sicuramente dal clima. Se la
maratona viene corsa in un periodo caldo, la canottiera
va benissimo, anche traforata; se siamo invece in un periodo freddo, l'ideale
sarà una maglia tecnica a mezza manica, magari coi guanti. Se c'è molto freddo
optiamo per una manica lunga, abbinata a dei ciclisti al ginocchio, ed
eventualmente un massaggio alla gambe con una pomata
riscaldante non guasterà. Gli uomini non dimentichino mai i capezzoli da
coprire con un cerotto (o spalmare abbondante vaselina) per evitare probabili
fastidiose abrasioni contro il tessuto.
Curate negli ultimi 3-4 giorni un’alimentazione
molto ricca di carboidrati, semplice e priva di troppi grassi, dolciumi
elaborati, cole, alcool e tutto ciò che potrebbe darvi problemi al fegato. Fate
colazione con the e fette biscottate con miele almeno 3 h prima, evitando
cappuccini o merendine.
Col caldo cominciate a bere a piccoli sorsi già appena
svegli dalla prima mattina, senza poi saltare i ristori. Per chi non è abituato
a bere, DEVE abituarsi, ed ovviamente è opportuno iniziare a farlo in allenamento.
Dovete infatti fare molta attenzione a non
disidratarsi; col caldo rischiate l’ospedale o peggio. Un accenno va fatto anche agli integratori.
Se in regime normale il corpo ricava tutto quello che gli è necessario da una alimentazione equilibrata, sotto allenamento intenso,
magari in condizioni climatiche non ottimali, può essere utile recuperare i
sali persi sudando con appositi integratori. Occhio però a non
esagerare, dato che alcuni possono dare problemi di stomaco o diarrea, aiutati
dal fatto che sarete sicuramente euforici.
State tranquilli prima della partenza, fate un po' di
allungamento per gambe e schiena e cercate fin dai primissimi passi il ritmo
giusto, pensando poi unicamente ad accociare ogni traiettoria ed a correre il più economici e rilassati possibile.
Al termine della maratona si prova una gioia immensa,
soprattutto alla prima esperienza, e se è andata bene. Dopo sarà giusto
rilassarsi e bere molto, ma aspettate a mangiare, sino a
quando non viene lo stimolo della fame. L’organismo è ancora
provato dallo sforzo, e ingerire in fretta magari grosse quantità di cibi grosse solidi può giocare brutti scherzi.
Nella settimana dopo la maratona, se tutto è andato bene,
spesso ci si sente carichi, ma è bene non esagerare; consigliamo corse di pochi
chilometri senza impegno, molto stretching, bicicletta o piscina. Assolutamente
non fate subito dopo un’altra maratona per migliorare i tempi, ma
lasciate passare almeno 2 mesi, affinchè il fisico recuperi
completamente.
Con questi suggerimenti vogliamo aiutare quelle persone
che vogliono avvicinarsi alla maratona. Dopo la prima sarete voi stessi a
programmarvi !!!
Quanto gareggiare ? (attenzione: per
“gareggiare” NON si intende una semplice partecipazione a ritmo di
fondo lento, ma con una certa velocità ed impegno)
Maratona per il record: Quante volte: 1-2 volte l’anno
Perché: preparare una maratona autunnale ed una
primaverile, consente i minimi adeguati tempi di recupero
Maratona per divertimento/fitness:
Quante volte: 3-4 volte l’anno
Perché:correrla facile ogni 4
mesi circa vi consentirà di non risentire troppo in termini di logorio
muscolare, organico e delle articolazioni
Mezza Maratona per il record:
Quante volte: 2-3 volte l’anno
Perché: il grosso sforzo può prepararvi al meglio in vista
di una maratona, specie se effettuato circa un mese prima
Mezza Maratona per divertimento/fitness:
Quante volte: 5-6 volte l’anno
Perché: non ci sono problemi a correre “una
mezza” facile ogni 2 mesi, specie in eventi paesaggisticamente coinvolgenti
Quante volte: 5-6 volte l’anno
Perché: correre a tutta un 10 k a bimestre vi manterrà ad
una buona forma fisica e tattica. Si può correre con profitto 3-4 settimane
prima di un importante gare sulla mezza. Il ritmo di
questa distanza più lunga vi sembrerà ora molto più agevole
Quante volte: 10-12 volte l’anno
Perché: è una distanza ideale per non correre troppi
rischi di superallenamento, pur mantenendo la possibilità di mantenere alte le
motivazioni alla fatica.
Quante volte: 7-8 volte l’anno
Perché: un 5000m ogni mese vi
manterrà ad una buona forma fisica e tattica e si può correre con profitto 2-3
settimane prima di un importante gare sulla mezza o sui 10 k. Il ritmo di
queste distanze più lunghe vi sembrerà ora molto più agevole.
Quante volte: 16-20 volte l’anno
Perché: se odiate i lavori veloci, correte una bella corsa
su strada breve o una campestre ogni 2 settimane; potrete andare in forma senza
quasi vedere la pista, incrementando inoltre la vostra collezione di t-shirts.
Lo Stretching (allungamento muscolare ed
articolare)
Spesso purtroppo molti di noi trascurano questo
importante aspetto. Anni e chilometri si accumulano nelle gambe e nella schiena,
penalizzandone la scioltezza di corsa, l'efficacia della spinta, la mobilità
articolare, ed a lungo andare, anche e soprattutto la salute del nostro corpo.
Se traiamo grande giovamento da un allenamento costante, a volte le conseguenze
di questo possono tramutarsi in eventi stressanti per il nostro organismo.
L’esercizio porta ad un aumento del tono muscolare ed ad un irrigidimento
loro fibre; si può ottimamente contrastare con la pratica relegare
dell’allungamento, riservando almeno
9) PASSEGGIANDO IN ALTA QUOTA: 10 CONSIGLI PER IL
TREKKING
1)
Non
sottovalutate l’impegno: scegliete un itinerario adatto alla vostra
preparazione fisica e tecnica e calcolate il tempo di percorrenza per evitare
sorprese.
2)
Se
il tempo è brutto, spesso è meglio rinunciare all’escursione. Potete
sempre tornarci un'altra volta, la montagna non scappa.
3)
Le
scarpe da trekking sono fondamentali. Inoltre vestitevi a strati (“a cipolla”);
anche se alla partenza fa caldo, in quota la temperatura potrebbe abbassarsi in
modo considerevole.
4)
Portate
sempre con voi dell’acqua, potreste non trovarne per ore durante l’ascesa.
Anche panini e snack, sono ok, meglio se con pochi
grassi e ben digeribili.
5)
Nonpartite troppo tardi, eviterete di camminare nelle ore più calde.
Prima di mettervi in cammino, una colazione abbondante vi darà le energie
necessarie.
6)
In
salita accorciate la lunghezza del passo, farete meno fatica nei tratti di
maggiore pendenza.
7)
Lasciate
in pace i fiori ! In alta quota vi sono centinaia di
specie di fiori in via d’estinzione, non dategli il colpo di grazia.
8)
Se
non siete abituati alla quota, anche non eccessiva (2-
9)
Spesso
i rifugi della montagna offrono piatti genuini ed ottime grappe. Anche se dopo
aver fatto tanta fatica pensate di meritarvelo, attenzione a non esagerare. La
discesa è sempre meglio affrontarla da lucidi, sobri e senza pesi sullo stomaco
o nella mente.
10) La discesa è più facile solo in
apparenza: le insidie, nonché le sollecitazioni a muscoli e tendini sono ben
maggiori rispetto alla salita. Quindi prendetevela comoda e prestate sempre
molta attenzione.
10) CHE COS’ E LA POTENZA AEROBICA
(tratto da uno
splendido articolo di Giorgio Rondelli, uno dei più noti allenatori
d’atletica Italiani. Tra le sue esperienze, lo ricordiamo come
opinionista e commentatore televisivo, scrive da sempre per la
rivista cult “Correre”. Ha allenato ed allena numerosi
olimpionici, tra cui ricordiamo Venanzio Ortis, Alberto Cova, Francesco Panetta, Renato Goffi)
“L'allenamento di potenza aerobica è il
più importante training per lo sviluppo delle capacità organiche di un atleta.
In una sorta di ideale piramide fisiologica e di lavoro da costruire nel tempo
sta a metà strada fra gli allenamenti a più basso
regime della resistenza aerobica (la naturale base della piramide) e le sedute
più intense di resistenza e potenza lattacida (il
vertice della piramide stessa).
Il concetto chiave di questo sviluppo sta
nella formula: quanto più sono migliorato nella potenza aerobica, tanto più
sarò in grado di effettuare intense sedute di resistenza lattacida
con brevi tempi di recupero. Questa filosofia sta alla base del moderno
mezzofondo veloce in cui i grandi protagonisti (5.000 e 10.000) sanno
disimpegnarsi con discreto successo anche sui 1.500 e viceversa.
Che
cos'è ?
La potenza aerobica è la capacità di un
corridore di effettuare allenamenti a velocità così elevate da poter essere
considerate in regime aerobico. Un allenamento in cui c'è equilibrio fra
consumo e fabbisogno di ossigeno, quindi una situazione che permette di
affrontare un'eventuale competizione nel migliore dei modi.
Resistenza aerobica: contraddistingue i
ritmi più bassi dal lavoro aerobico. Fisiologicamente la potenza aerobica si
distingue dalla resistenza aerobica per il fatto che gli allenamenti lenti e
prolungati stimolano metabolicamente la demolizione
degli acidi grassi, mentre quelli condotti a ritmi più alti inducono la
demolizione e l'impiego degli zuccheri. Due diversi tipi di benzina che, nella
maratona ad esempio, devono essere gestiti al meglio (prima bisogna utilizzare
i grassi e poi gli zuccheri).
Soglia anaerobica. Tornando ai ritmi
alti, per ogni corridore c'è un limite fisiologico alla capacità di mantenere
costante la velocità oltre il quale bisogna impiegare
anche il motore anaerobico. Questa velocità limite coincide con la cosiddetta
soglia anaerobica.
Test sul lattato: permette di
identificare il rendimento dell'atleta quando supera
la soglia anaerobica. È più indicato e preciso rispetto ai semplici test da
campo (test Conconi). Si tratta di un prelievo di
sangue che serve per individuare i millimoli di lattato prodotti in quel momento dall'organismo.
Media e
veloce
Per determinare le velocità della resistenza e
della potenza aerobica i parametri fondamentali sono: la frequenza cardiaca e
le rispettive velocità al chilometro. In linea di massima si può ritenere che
nell'ambito della resistenza aerobica le frequenze cardiache siano fra le 130 e
le 150 pulsazioni al minuto.
La potenza aerobica, invece, si suddivide in
media (155-165 pulsazioni come relativo impegno cardiaco riguardante ad esempio
ritmi non esasperati di maratona) e veloce (170-185 pulsazioni al minuto), intendendo con quest'ultima il ritmo gara sui
5.000,
Entrando nel dettaglio, in termini di velocità
al chilometro ci sono circa 50 secondi di differenza fra i ritmi della
resistenza aerobica di un corridore e la sua potenza aerobica massima.
Un esempio: l'atleta di alto livello che corre
il fondo lento a 3'45" al chilometro si disimpegna poi nella potenza
aerobica di medio impegno, il cosiddetto fondo medio (tra 3'20"-3'10"
al chilometro), mentre nelle sedute di potenza
aerobica massimale riesce a sostenere velocità per chilometro da 3'10"
fino a meno di 3 minuti per ogni frazione di
Come si
allena
FONDO MEDIO PROGRESSIVO
Riguarda distanze da
FONDO MEDIO
Si tratta della classica potenza aerobica
media che impegna l'apparato circolatorio con 155-165 pulsazioni al minuto. L'uscita varia dai 3-
FONDO VELOCE
Siamo nel campo della potenza aerobica veloce
in cui le pulsazioni al minuto variano da
FARTLEK DI POTENZA AEROBICA
Seduta mista dove dei chilometri percorsi a
ritmi di potenza aerobica media vengono alternati a
chilometri di potenza aerobica veloce.
Vediamo alcuni esempi.
A) 1x10.000 metri di fondo medio + recupero di
B)
C)
POTENZA AEROBICA MEDIA E VELOCE E INTERVAL
TRAINING IN SALITA
Riassumiamo il tutto con un esempio:
POTENZA AEROBICA MEDIA O VELOCE + PROVE
RIPETUTE MEDIE OPPURE SEDUTA DI RESISTENZA LATTACIDA
A) 8-
B) 4-
Ovviamente per quanto riportato in queste pagine è
indispensabile essere in buona salute ed essere idoneo alle annuali
visite attitudinali medico sportive come previsto dalle varie
federazioni. Valutate le vostre capacità e forma fisica col giudizio e buon
senso del “buon padre di famiglia”.
Non rischiate la vostra salute e siate prudenti in
bicicletta ! La vostra vita è il bene più prezioso.
Vogliamo ricordare a tutti che se a qualcuno interessa
approfondire uno o più degli argomenti trattati, siamo a vostra disposizione.
Venite a trovarci in negozio
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