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In questa pagina trovate alcune utili nozioni di base su vari argomenti, i fondamentali che tutti dovrebbero conoscere.

Ciò vi sarà utile per approfondire poi le conoscenze con un allenatore competente, chiarire eventuali dubbi, eventualmente stimolando la vostra passione con qualche lettura tecnica.

 

 

1) SCARPE DA RUNNING:                                                                          consigli per gli acquisti

2) TEORIA DELL’ALLENAMENTO:                                                 i principi basilari

3) LO STILE NELLA CORSA:                                                        come avere uno stile efficace, efficiente ed economico

4) NUOTO:                                                                               i fondamenti dello stile libero

5) TREKKING:                                                                                              come leggere ed utilizzare al meglio una cartina topografica

6) TRIATHLON:                                                                                           consigli ed un piano d’allenamento per principianti e non

7) PERCHE’ L’ABBIGLIAMENTO TECNICO MIGLIORA LE PRESTAZIONI

8) MARATONA:                                                                         qualche nozione indispensabile

9) PASSEGGIANDO IN ALTA QUOTA: 10 consigli per il trekking:       i suggerimenti di base per le vostre escursioni

10) CHE COS’ E’ LA POTENZA AEROBICA:                                             tratto da uno splendido articolo di Giorgio Rondelli

 

 

 

 

1) SCARPE DA RUNNING: consigli per gli acquisti

 

Come è fatta una scarpa da running ?

E’composta sostanzialmente da 3 parti:

Il battistrada è la suola, la parte solitamente nera, che viene a contatto con il terreno e che di solito viene rapidamente consumata dal continuo attrito. Un consumo del tallone lato esterno è assolutamente normale e vedremo poi il perché.

L'intersuola è invece la parte bianca-chiara che è frapposta fra il battistrada e la tomaia; è forse la parte più importante, dato che è quella che è chiamata ad assorbire gli impatti col terreno. I materiali più utilizzati sono 2, ed ovviamente ne esistono di svariate durezze:

1)     EVA (EtilVinilAcetato) o Phylon: molto soffice ed ammortizzante, ha il compito di ammortizzare gli impatti con il suolo, ma con il tempo e l'uso perde sempre più elasticità e morbidezza scaricando così sulle nostre strutture i microtraumi.

2)     PU (Poliuretano): meno soffice dell’EVA, dura però più a lungo ed ha migliori caratteristiche di stabilità-antipronazione e di controllo del movimento.

La tomaia è la parte superiore, quella colorata e che alloggia i lacci, importante per l’estetica della scarpa e la sua robustezza, un po’ meno dal punto di vista tecnico. Se le cuciture sono ben fatte (specie all’interno non devono causare abrasioni), se è traspirante, morbida e con materiali di qualità, allora è sicuramente ok ! Meglio ancora se ha dei rinforzi in prossimità dell’alluce, punto solitamente soggetto a rotture ed usura precoce.

 

Quando devo acquistare una scarpa nuova?

Dipende da vari fattori.

Quanti km ha fatto: è bene non eccedere i 1000 km, anche se apparissero ancora in buono stato. Il potere ammortizzante sarebbe probabilmente molto diminuito. Ce ne si può rendere facilmente conto controllando se sui fianchi dell'intersuola (la parte in mezzo di colore normalmente bianco-grigio che principalmente assorbe il nostro impatto con il suolo) sono comparse "rughe", controllando con la pressione delle dita la morbidezza dell'intersuola stessa.

Una conferma immediata l’avrete confrontando e calzando un paio nuovo: semplicemente camminando o saltellando saprete se  le vecchie scarpe sono ormai da sostituire.

Quanto peso: un atleta leggero ha molto meno bisogno di sostituire le scarpe, di uno pesante; i kg in più tendono a appiattire l’intersuola e a deformare la tomaia. Atleti oltre i 75 kg è bene che prestino particolare attenzione.

In che condizioni è la tomaia: se la tomaia (la parte superiore della scarpa che avvolge il piede, solitamente di tessuto o pelle) è deformata, allora non è in grado di contenere adeguatamente il piede e potreste aver problemi di postura, e quindi di infortuni.

In che condizioni è il battistrada: la parte, normalmente nera, che viene a contatto con la strada è anch’essa da tener d'occhio. Un battistrada consumato espone all'asfalto la morbida intersuola che verrebbe rapidamente mangiata dall'attrito facendo inclinare la scarpa, con conseguenti problemi di postura e quindi di infortuni.

 

Che tipo di scarpa mi occorre ?

Dobbiamo domandarci per cosa intendiamo utilizzare la scarpa che ci apprestiamo a comprare, per orientarci poi in base alle caratteristiche che dovrà avere la scarpa stessa:

  • a ritmo blando o veloce ? - attenzione al vostro ritmo: solitamente si va sul sicuro prendendo una scarpa pesante e protetta, ma a ritmi elevati potrebbero rivelarsi solo un impaccio privandovi del divertimento, o addirittura alterare il vostro stile di corsa. Meglio averne 2 paia, una per gli allenamenti di fondo (solitamente la maggioranza), ed una per i ritmi veloci o le gare.
  • per allenamento o gara ? - non è opportuno solitamente adoperare scarpe da gara in allenamento, soprattutto se siete runner pesanti o alle prime armi. In una scarpa da gara molte caratteristiche vitali per una scarpa da allenamento, come la protezione, ammortizzazione o stabilità vengono trascurate a favore della leggerezza e flessibilità. Chiaro che avremo qualche minimo vantaggio cronometrico, ma schiena ed articolazioni vi malediranno se ne abuserete. Quindi le “superleggere” vanno usate solo in gare brevi, da atleti di peso medio o leggeri, o per allenamenti composti da ripetute molto veloci.
  • allenamenti lunghi o corti? - come sopra: più gravate sulle gambe in termini di tempo e peso, più sarà utile avere scarpe in grado di proteggere.
  • su quale terreno ? (morbido: sterrato, erba, oppure duro: asfalto, cemento). Ovviamente l’ideale sarebbe correre sul morbido, ma come spesso accade non siamo nelle condizioni di farlo. Ricercate allora con dei trucchetti un po' di ammortizzazione in più. Ad esempio il cemento di alcuni marciapiedi è spesso più duro dell'asfalto, specie di quello molto scuro che nelle calde giornate di estate diventa bello soffice.
  • ho problemi di appoggio? - vedi sotto

 

Pronatore o supinatore ?

Cerchiamo di chiarire cosa si intende quindi quando parliamo di "problemi di appoggio", “pronazione e supinazione”. Ovviamente, per una spiegazione completa ed ineccepibile dovete rivolgervi ad un ortopedico, un medico fisioterapista, ad un tecnico della riabilitazione. Pronazione o supinazione sono atteggiamenti assolutamente normali che i nostri piedi assumono durante il passo o la corsa; tali termini indicano infatti un movimento contenuto e naturale.

In molti atleti però si verifica un esagerazione o carenza di movimento, ed allora possiamo parlare di iper pronazione o supinazione.

Correndo a ritmi medi o blandi, in atterraggio il piede tocca normalmente terra con la parte posteriore esterna del tacco. È una parte della scarpa che si consuma in fretta, nonostante quasi tutte le calzature tecniche utilizzino in quella zona dei materiali resistentissimi. Tale consumo non indica solitamente nulla di strano, e non è indice di ipersupinazione od altro.

La fase successiva è quella del “rullaggio”, ove il piede si schiaccia al suolo e tende ad inclinarsi leggermente verso l’interno, per indirizzare poi spinta verso le dita. Non a caso poi verso l’alluce, ovvero il dito più forte.

Una assenza totale di tale movimento indica un piede rigido, che scarica sulle strutture tutto il carico dell'impatto, ed allora possiamo parlare parla di ipersupinazione. È un caso abbastanza raro, presente qualche volta in chi proviene da altri sport. Noterete scarpe consumate all'esterno anche nella parte mediale/centrale.

Un ipersupinatore ha bisogno di una calzatura morbida per impedire che gli impatti poco ammortizzati danneggino il piede ma anche le ginocchia e la schiena. Attenzione, non esistono scarpe "antisupinazione", ma si devono utilizzare scarpe neutre cambiandole spesso, soprattutto evitando accuratamente quelle per gli iperpronatori.

Se invece succede l'opposto, ovvero il rullaggio vede il piede troppo inclinato verso l'interno, si parla di iperpronazione. In tale condizione il tendine di Achille viene sottoposto a torsioni e la parte posteriore del tallone è facilmente soggetta ad infortuni. Si può riconoscere dalle scarpe che si piegano verso l'interno. Si ha bisogno di una calzatura provvista di controllo del movimento, ossia di strumenti antipronazione che non permettano al piede di assumere posizioni eccessivamente sbilanciate nella parte centrale dell’appoggio/rullaggio. E’un caso piuttosto comune, ed esistono infatti moltissime scarpe antipronazione in commercio. Purtroppo accade anche spesso che anche atleti dalla corsa corretta le utilizzino. Purtroppo così facendo si perde in ammortizzazione, flessibilità e leggerezza,e quindi schiena, ginocchia piedi e legamenti vari ne risentono.

 

Quali sono le categorie di scarpe attualmente in commercio ?

Ecco a voi qualche dettaglio sui tipi di scarpe che oggi i costruttori ci mettono a disposizione, informazioni utili per chi vuole orientarsi nella scelta della scarpa in base alle proprie esigenze e caratteristiche fisiche.

Abbiamo più o meno ripreso la suddivisione tipica che viene riportata in riviste ormai cult come “Correre Scarpe”; ricordatevi però sempre che nel scegliere una scarpa occorre partire dalle esigenze di un atleta in base alle sue caratteristiche fisiche, i piedi, il peso, lo stile e velocità di corsa, gli eventuali problemi di appoggio e quant'altro un bravo negoziante deve prendere in considerazione quando consiglia un cliente nella scelta della calzatura. I grammi di peso si riferiscono a calzature di taglia media nr. 43.

Superleggere - da gara

Qui troviamo le scarpe da gara, ovvero quelle di scarso peso(160/230 grammi), con scarsa protezione o controllo del movimento. Solo atleti veloci, efficienti e forti possono utilizzare con sicurezza queste calzature, dove la cura di problemi di appoggio e la protezione del piede sono sacrificati all'esigenza di avere una scarpa da gara, veloce e reattiva. Se pesate poco si possono eventualmente utilizzare ogni tanto per gare brevi su pista dagli 800 ai 5000 metri, o per delle ripetute veloci in pista (tipo serie da 400 mt sotto il 1’20’’).

Intermedie

Qui abbiamo quelle scarpe (240/290 grammi) che cercano di abbinare un po' di protezione alla leggerezza. Gli atleti forti le useranno in allenamento; atleti comuni, magari anche più pesanti ma comunque sotto i 70kg le possono usare in gara, se si corre attorno ai 4'/Km. Se siete afflitti da pesante iperpronazione, anche siete pesanti o correte lentamente o senza velleità agonistiche, sarebbe meglio orientarsi verso qualcosa di più ammortizzante o stabile, a seconda.

Protettive - massimo ammortizzamento

Verranno utilizzate dalla maggioranza degli atleti, specie quelli tra i 70/80kg senza problemi di appoggio. Sono quelle con l’intersuola più spessa/grossa, quindi quelle in grado di proteggerci maggiormente dagli impatti. Pesano oltre i 280 grammi, se sono “protettive pure” non hanno presidi volti a controllare il movimento del piede, quindi sconsigliate agli iperpronatori o ipersupinatori.

Protettive con inserti antipronazione - ammortizzanti ma con piccoli ausili al controllo del movimento

In questa fascia trovano le loro scarpe quegli atleti che pesano tra i 80/95kg. Sono quindi le classiche scarpe per atleti pesanti che hanno piccoli problemi vari imputabili ad eccessi di pronazione. Sottolineiamo il termine problemini, poiché se si tratta di grossi problemi, probabilmente dovete scegliere la prossima categoria.

Stabili - con forte controllo del movimento

Ecco le scarpe per i corridori molto pesanti (attorno ai 100 kg) o con gravi problemi di appoggio: con problemi o meno si deve andare probabilmente sul sicuro ed utilizzare scarpe robuste, che garantiscano al piede una adeguata ammortizzazione con una corretta impostazione, anche a scapito della leggerezza della calzatura. Sono le calzature più pesanti, quelle che hanno nel lato interno/mediale grossi rinforzi e presidi atti al contenimento del movimento del piede.

Specialistiche

Sono ad esempio le calzature chiodate per i mezzofondisti veloci su pista, per i velocisti, per gli specialisti dei salti e lanci in atletica, o le chiodate da corsa campestre.

 

Queste sono ovviamente delle considerazioni sommarie, ma ecco anche altri consigli in ordine sparso:

Non esagerate con l'usura; le scarpe da running non sono di norma costruite per superare i 1000-1500 km di percorrenza. Lo stato del battistrada non sempre rileva la reale situazione, dato che è l'intersuola a sobbarcarsi il nostro peso, ed è un componente non facilissimo da valutare. Per un podista medio che percorre circa 30-40 km a settimana, quindi poco meno di 2000 km l’anno, cambiarle una volta all’anno è già un azzardo. E comunque, come avete visto, molto dipende da quanto pesate e da come correte.

Se passate a comperare delle scarpe meglio portarsi dietro le vecchie, possono essere sempre utili per capire come correte, ed anche per confrontarle con le sensazioni delle nuove.

Controllate sempre che l'intersuola non si stia schiacciando o indurendo troppo. I primi sintomi che la scarpa non ammortizza più come dovrebbe sono degli indolenzimenti vari dal ginocchio in giù; tendini d'Achille e polpacci sono i primi ad accorgersi, ma i problemi si trasferiscono rapidamente anche alla schiena, interessando il nervo sciatico, la schiena ed i dischi intervertebrali.

Molto importante nella scelta delle scarpe è la taglia delle stesse. Una scarpa deve essere comoda, molto comoda. Provatele con calma, passeggiando e saltellando per capire se fa per voi, magari provatela sul tapisroulant. Deve poi abbracciare il vostro piede senza stringerlo eccessivamente, ma nemmeno deve lasciarlo scivolare al suo interno. In entrambi i casi si corre il rischio di rovinarsi come minimo le unghie, che se vanno a sbattere contro la tomaia possono procurarsi dei versamenti di sangue, diventare nere, ed, a volte, staccarsi. Ecco un paio di trucchi per evitare di sbagliare: infilare la scarpa slacciata, portare il piede avanti nella calzatura e passare un dito tra il tallone e la scarpa: se il dito è in grado di toccare il fondo senza avere troppa libertà, la misura è giusta. Altro metodo è quello di "misurare" al tatto lo spazio libero davanti all'alluce a calzatura allacciata; è ok se avete circa mezzo cm di spazio. Questo presuppone una buona sensibilità e conoscenza delle proprie caratteristiche (non tutti i piedi hanno le dita di lunghezza uguale, e misurare sull'alluce quando si ha il secondo dito più lungo può avere spiacevoli conseguenze).

Comperata la scarpa, questa necessita di un minimo di "rodaggio" prima di portarla a fare un “lungo”: ha bisogno di deformarsi un pò per adattarsi meglio alla forma del vostro piede, così come il vostro piede ha bisogno di prendere confidenza ed adattarsi alla novità, probabilmente più rigida di quella che avete utilizzato finora perchè più nuova.

Attenzione poi all'allacciatura. Il tipo più diffuso ed elegante, quello che porta il laccio da uno degli occhielli al collo del piede subito verso la punta della scarpa per poi tornare su passando per tutti i buchi può piegare leggermente la scarpa se tirato con energia. E’preferibile l'allacciatura incrociata; sebbene più complessa, essendo simmetrica garantisce un fit ottimale della calzatura.

Per far durare le scarpe e mantenerle in efficienza lavatele ogni tanto con una spazzolina in acqua fredda e sapone neutro (eventualmente in lavatrice, ma è meglio evitare). Non fatele asciugare accanto al termosifone, le indurirebbe prima del dovuto.

 

Se avete da chiedere (o suggerirci) un'indicazione o un consiglio, non esitate a scriverci o venirci a trovare in negozio o ai nostri stand in occasione delle gare.

 

 

 

 

 

2) I PRINCIPI BASILARI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO

 

Qualunque sport richiede un mix particolare di abilità; chiunque di noi dovrà lavorare ed allenare questo mix, adattandone la composizione, la quantità e qualità in base allo sport praticato ed alle esigenze del singolo, soprattutto in base alle proprie attitudini e capacità fisiche.

L’allenamento perfetto o ideale non esiste: soprattutto se desideriamo approcciarci allo sport in modo competitivo per battere i nostri record, gli avversari o semplicemente noi stessi, esistono però alcune semplici leggi che ci conviene rispettare, mentre ascoltiamo tutte le sensazioni che il nostro corpo ci manda in allenamento.

 

Cosa possiamo allenare ?

 

Banalmente, 2 aspetti:       1) Mente

2) Corpo

 

1) MENTE= rilassamento, focalizzazione, feedback, training autogeno, visualizzazione, yoga sono alcune tecniche per poter aiutare il nostro cervello a controllare, sentire ed ottenere il massimo dal nostro corpo. All’aumentare del vostro livello agonistico, avrete tanto più a che fare con questi aspetti. Ricordate che gli esperti concordano che un uomo riesce mediamente ad utilizzare il proprio cervello solo per il 20-30% del proprio potenziale. Abbiamo pertanto un margine enorme di miglioramento proprio partendo dalla nostra mente, sulla quale è quindi opportuno incuriosirsi, riflettere, apprendere, documentarsi e lavorare.

2) CORPO= ognuno di noi convive con un unico e specifico mix genetico delle seguenti “capacità”:

- velocità

- forza

- resistenza

- coordinazione

- flessibiltà ed elasticità muscolare-articolare

- abitudini alimentari e metabolismo

 

Potremo lavorare su queste capacità basilari fondamentalmente solo con 2 semplici parametri: QUANTITA’ dell’allenamento e QUALITA’(intensità) dello stesso

Un bravo allenatore deve ricercare il giusto miz per un atleta, ben sapendo che a seconda delle persone è possibile raggiungere i medesimi obiettivi con differenti metodi d’allenamento.

Ma quali sono i segreti, le regole intoccabili, le leggi sacre per un allenamento perfetto ?

 

Programmazione e periodizzazione = si può raggiungere il vero top della forma solo 2-3 volte l'anno, e per periodi non più lunghi di una quindicina di giorni. Così, se siete ciclisti con una stagione agonistica che normalmente è molto lunga, dovrete ricercare un livello di forma medio da poter tenere durante la stagione, con qualche picco da poter programmare per periodi importanti. E'fisiologicamente impossibile rimanere al vero top per 365 giorni l'anno, occorre comunque fare delle scelte, ed allenarsi duro per conquistare un livello medio superiore a quello degli avversari. Se puntate invece a qualche gara singola per voi importante, occorrerà focalizzare i propri allenamenti in funzione di queste, anche a costo di fare magre figure in altri appuntamenti che per voi però non dovranno rappresentare altro che semplici tappe per un obiettivo più grande. Dovrete suddividere la stagione in 4-5 periodi d'allenamento, ove via via vi allenerete in modo differente per quantità e qualità; solitamente si parte con gran quantità e potenziamento, per aumentare la qualità a scapito della quantità all'avvicinarsi della gara importante. Un esempio: Lance Armstrong e Miguel Indurain nel ciclismo, che hanno sempre così suddiviso la loro stagione, per raggiungere il loro top in coincidenza del Tour de France. Date un occhiata al mio piano d'allenamento per il triathlon per meglio capire cosa si intende.

 

Allenamento continuo e privo di infortuni = solo se riuscirete ad allenarvi costantemente e regolarmente senza troppe soste durante la vostra stagione, potrete migliorare i vostri record personali. A livello amatoriale per esempio è meglio fare 1 o 2 giorni di riposo settimanale, ma essere in grado di allenarvi durante tutto l'anno senza infortuni. Perdere anche tre giorni di fila non vuol dir nulla per la vostra forma (il "super top" decade solo dopo 4-5 gg di sosta totale, ed il vero regresso comincia dopo 10 gg di inattività) ma può significare invece salvarvi da un infortunio o da una brutta influenza. Se per esempio non riuscite a correre per dei problemi ad un piede, andate in piscina o in bicicletta; manterrete una forma incredibilmente soddisfacente, dando sollievo alle parti dolenti, magari divertendovi pure di più, rompendo con la solita monotonia.

 

“Supercompensazione " o “lasciate che il vostro corpo assorba l'allenamento” = gli scienziati hanno dimostrato che quando ci alleniamo, “forziamo” la nostra macchina a fare qualcosa di nuovo e mai raggiunto prima; in questo modo il corpo si difende autodistruggendo molte cellule, ma per ricostruirle “più forti ed efficienti di prima” dopo 2-3 giorni. Così, se ci si allena troppo duramente tutti i giorni senza essere preparati a farlo, non si da tempo al proprio corpo di recuperare adeguatamente, rischiando l’infortunio o andando in superallenamento, senza gli adeguati tempi di riposo. La parte più difficile è capire “quanto riposo”, dato che questo dipende da fattori genetici, età, livello di forma acquisito, stato di salute. Un olimpionico avrà capacità di recupero sicuramente superiori rispetto ad un tapascione, pur allenandosi molto di più.

Ecco perché molti allenatori dicono che la performance si conquista maggiormente col giusto riposo tra gli allenamenti, rispetto agli allenamenti stessi.

 

Cura maniacale per ottenere movimenti del corpo efficienti, fluidi, senza fatica, rilassati e biomeccanicamente in armonia: = movimenti tecnicamente corretti sono naturalmente più efficienti, più potenti ed efficaci, meno a rischio di infortuni e garantiscono migliori prestazioni. Risparmiate energie preziose utilizzando uno stile corretto, senza sprecarle con una postura rigida, ciabattona, o con una nuotata convulsa, contratta e poco efficiente. Pensate a Carl Lewis, Jan Thorpe, Moses Kiptanui, Heile Gebreselasie, Alexander Popov o altri grandissimi e sensibilissimi atleti dal punto di vista tecnico.

 

"Sceglietevi i genitori giusti !" = non da ultimo ... ... non arrabbiatevi se un vostro amico e rivale, compagno di allenamenti con poca esperienza e che corre da pochissimo effettua con facilità mega allenamenti ed in gara va come un treno. Molto probabilmente ha dei genitori che lo hanno dotato di un patrimonio genetico superiore al vostro. Nessun atleta può arrivare ad una finale Olimpica solo col duro lavoro, se non ha comunque doti naturali straordinarie. Un’esempio ? Salvatore Totò antico, campione europeo di 5000 e 10000m, e medaglia d’argento olimpica, a 15 anni corse per divertimento (in pista in scarpe da tennis una delle prime volte che andava al campo sportivo) i 5000m in 17’00’’ ………. Il doping non c’entra, è principalmente una questione di genetica e predisposizione. Che vi piaccia o no, i grandi campioni si allenano bene e tantissimo, ma hanno avuto anche un dono … dall’alto. Il che non vuol dire però che i comuni mortali con la passione ed i sacrifici non possano togliersi tante soddisfazioni, superando se stessi e tanti avversari.

 

L’ALLENAMENTO IMPLICA IL MIGLIORAMENTO DELLE ABILITA’ FISICHE; VEDIAMO QUALI, E CHE COSA ACCADE NEL NOSTRO CORPO.

VELOCITA’ = qui si ricerca una contrazione muscolare massimale, potente ed istantanea, un aumento di forza esplosiva, un miglioramento nella coordinazione e funzionamento degli scambi elettrici tra sistema nervoso ed apparato muscolare neuro, un aumento della resistenza all’acido lattico. Movimenti rapidi, esplosivi e veloci, per una durata di 6-7 secondi, recuperi lunghi (più di 3 minuti) è ciò che vi serve se volete migliorare la vostra velocità. Se effettuate scatti più lunghi (tra i 15’’ ed il minuto) non state più allenando la velocità pura, ma altro, come ad esempio la capacità di produrre ed eventualmente smaltire grandi quantità di lattato. Con questi migliorerà infatti la capacità chimica dell’organismo di sopportare nei muscoli grandi quantità di acido lattico, specie con allenamenti intervallati ad alte velocità con recuperi brevissimi, tipo 10 x 300m forte con recupero 45’’. Non è più velocità ma resistenza alla velocità. C’è un unico problema: più vecchi siete, minori capacità avrete per migliorare la velocità pura (che già si può migliorare poco), dovendo anche prestare anche attenzione agli infortuni, più facili e frequenti per questo tipo di attività. Parlando di velocità pura, non è che diventiate realmente più veloci, state semplicemente migliorando ed arrivando al limite di quello che le vostre doti naturali vi possono regalare. Mentre è possibile sempre e comunque diventare via via realmente più resistenti con l’allenamento, trasformando le fibre muscolari bianche (quelle veloci) in rosse (quelle lente), è invece impossibile il percorso contrario. Le fibre lente (rosse) non possono diventare veloci se non in minima parte, col risultato pratico che i miglioramenti di uno sprinter si aggirano circa attorno al secondo netto al massimo sui 100 metri, nonostante anni ed anni di allenamento.

RESISTENZA = semplificando forse eccessivamente qui ricerchiamo la creazione di nuovi capillari sanguigni nei muscoli e polmoni, necessaria per veicolare la quantità maggiore possibile di ossigeno legato al sangue nei muscoli stessi. Negli sport di resistenza, la contrazione muscolare avviene soprattutto grazie all’ossigeno che questi utilizzano, quindi più ne arriva (o meglio più riusciamo a farglielo arrivare ed utilizzare) e meglio è. Correre a lungo migliora anche la capacità polmonare, fa aumentare di volume il cuore (l’organismo percepisce la costante richiesta di sangue ai muscoli, ed allora si autoadatta anche allargando la “pompa”), non solo creando nuovi capillari. Aumenta anche la capacità contrattile del cuore, o meglio la forza con la quale spinge il sangue nel torrente circolatorio, aumenta la capacità dell’organismo di smaltire l’acido lattico, incrementando la soglia anaerobica. Questa è rappresentata dalla velocità alla quale potete fare attività senza che nel sangue e nei muscoli si accumuli più acido lattico di quello che si riesce a smaltire. Superata questa soglia/velocità, l’acido si accumulerà rapidamente e presyo vi dovrete fermare. Comprenderete che l’obiettivo di tutti i fondisti è quello di alzare il più possibile questo valore.

FORZA = la capacità di spostare una massa in un determinato lasso di tempo. Serviranno pesi elevati e poche ripetizioni (1-5); con pesi massimali, ricercherete la forza massima. Con pesi più bassi e tante ripetizioni, magari con recuperi brevi tra una serie e l’altra, state lavorando per sviluppare della forza resistente, la più ricercata dagli atleti degli sport di durata. Gli sprinter lavorano invece tantissimo per cercare la forza veloce, facendo alcune serie di esercizi in modo tecnicamente corretto ma in modo veloce, solitamente con pesi attorno al 70-80/% del massimale e con recuperi lunghi. Se non fate body building, state attenti alla massa muscolare che si può sviluppare; all’aumentare del peso aumenta solitamente la massa del muscolo, ma spesso sono solo chili da portare a spasso. Attenzione alla schiena negli esercizi massimali; è indispensabile utilizzare una cintura da pesisti facendosi eventualmente assistere col bilanciere da amici, per evitare di restarvi sotto, e soprattutto per non giocarsi la schiena.

COORDINAZIONE = è la disperata ricerca/sviluppo di sensazioni dal nostro corpo, volte a comprendere, dialogare ed interagire con esso cercando di far arrivare al cervello informazioni su come controllare nei minimi dettagli i nostri movimenti, ricercando precisione, efficacia, eleganza ed economia del gesto. È la capacità di controllare i corpo nelle sue evoluzioni e movimenti, pensate agli anni di allenamento che servono ad un ginnasta o tuffatore o un pattinatore sul ghiaccio per arrivare a compiere certe evoluzioni. Si parte insegnando nuovi movimenti scomponendoli nelle varie parti più essenziali, per poi eseguirli via via perfezionati sempre più in sequenze più complesse e veloci. Ripetendoli alla noia diventeranno automatici.

MOBILITA’ ARTICOLARE - SCIOLTEZZA = qui ricerchiamo la massima flessibilità dei muscoli, tendini, articolazioni e legamenti; le varie tecniche di stretching possono farvi guadagnare una notevole ampiezza e fluidità di movimenti. Ciò ci è enormemente di aiuto per prevenire gli infortuni, guadagnare in eleganza e fluidità, nonchè in sensibilità e efficienza generale a livello biomeccanico.

 

 

 

 

 

3) RUNNING: come avere uno stile efficacie, efficiente e poco dispendioso

Molti di noi non si sono mai post il problema del proprio stile di corsa, forse ritenendo che sia ininfluente, o che non si possa migliorarlo o che sia troppo tardi per farlo.

Niente di più sbagliato.

Si sentono spesso molte di queste giustificazioni, ed alcune sembrerebbero anche avere una logica. Tuttavia, l’evidenza dei fatti dimostra che a volte basta migliorare qualche dettaglio per guadagnare minuti e spendere meno energie, tutte cose che spesso in una maratona fanno la differenza.

Ricordatevi: NON esiste uno stile di corsa ideale, ogni corridore è diverso da un altro per peso, taglia, mobilità articolare, capacità coordinative, età, eccetera. Ognuno dovrà pertanto lavorare su alcuni fondamentali, adattando le proprie capacità a queste regole basilari.

Esistono inoltre stili di corsa diversi che ogni corridore deve almeno in parte saper gestire ed adottare al bisogno, dato che i movimenti del corpo sono completamente diversi a seconda che si corra uno sprint di 60m o una maratona. Ogni distanza di gara richiede abilità diverse ed adattamenti allo stile di corsa, come ad esempio il tipo di appoggio del piede, ampiezza e frequenza del passo, tipo di movimenti delle braccia. Uno sprinter dovrebbe comunque saper anche correre come un ultra rilassato maratoneta che impatta al suolo col tallone, come un maratoneta dovrebbe saper utilizzare le tecniche dei mezzofondisti veloci (cambi di frequenza, corsa a ginocchia alte sugli avampiedi e grande utilizzo delle braccia) utili ad esempio nelle volate.

Entrambi gli atleti diventeranno più completi e probabilmente più veloci, proprio in virtù della maggiori capacità tecniche e di sensibilità acquisite.

 

Ecco i componenti più importanti:

1) spinta completa dei piedi e delle gambe

2) saper rilassare la muscolatura che in quel momento non è utilizzata

3) assenza di saltellamenti e rimbalzi

4) capacità di trovare il mix ottimale di frequenza/ampiezza di passo a seconda della velocità e circostanze

 

 

1) SPINTA COMPLETA DEI PIEDI E DELLE GAMBE: forse è l’aspetto più importante, dato che da questo dipendono via via a catena altri aspetti. Sia che siate sprinter o maratoneti, una spinta completa senza restare seduti a sedere basso è ciò che dovete ricercare dal momento in cui il piede prende contatto col suolo.

a) quando il piede atterra, il nostro pensiero deve ricercare una spinta immediate e completa verso il terreno evitando che il tronco abbassi il ns. baricentro verso il basso. Più i nostri piedi saranno lenti, fiacchi e spenti, più sarà probabile che correrete anche a ginocchia piegate (quindi “seduti”) nel momento della distensione della gamba, perdendo quindi in avanzamento del corpo.

b) sempre al momento dell’impatto, cercate che il vs. ginocchio si pieghi il meno possibile, giusto il minimo indispensabile per assorbire parte dell’impatto, restituendo poi la spinta in modo elastico e dinamico. Se lasciate che l’articolazione ceda, correrete “seduti” e poco dinamici, perdendo in avanzamento

c) spingete col piede solo quando la gamba è completamente estesa; molti runners anticipano questa spinte del piede, scordandosi così la completa estensione dell’articolazione del ginocchio. Il risultato sarà un corridore goffo col sedere basso che corre a gambe piegate. Buffo e poco efficiente.

Pensate di correre come sui carboni ardenti, dove i piedi dovranno rimanere meno tempo possible; cercate di vedervi come appesi ad un filo legato al centro della parte posteriore dei vostri pantaloncini. Dovete avere la sensazione che qualcosa vi stia sollevando, siete come appesi, con le spalle appena leggermente in avanti e la testa dritta ma rilassata con lo sguardo rivolto avanti. La visualizzazione ora è completa se cercate di percepirvi mentre frustate coi piedi il suolo passo dopo passo senza fare rumore, mentre le gambe si piegano e distendono sotto di voi.

Cercate di vedervi spesso mentre correte, anche e soprattutto in allenamento. Vi aiuterà a correre alti e leggeri sopra i vostri piedi, ed entrambe le cose vi consentiranno di correre in modo efficiente risparmiando energie, per utilizzarle con un ritmo più forte o nei finali di gara per degli scatti o una volata. Con una corsa corretta guadagnerete metri facendo così meno falcate (riducendo anche gli infortuni: diminuendo il nr. di impatti al suolo e la loro pesantezza, con una corsa leggera dinamica e bilanciata, tendini, articolazioni e legamenti vi ringrazieranno).

Se siete in perfetto allineamento, genererete la massima spinta, con un conseguente minor numero di falcate, e quindi di richiesta di energie. Uno sprinter corre i 100m con frequenze poco superiori ai 40 passi, quindi ad ogni falcata corrisponde una spinta ben superiore ai 2 metri. Misurateli al suolo e vedrete !!

 

  

Ecco nelle foto alcuni esempi di spinte complete a gamba tesa ed avampiede in frustata.

 

Qualche centimetro guadagnato ogni passo forse non vi sembrerà molto, ma in una 10km ciò può significare circa 300m di guadagno, in una maratona anche oltre 1 km. Correndo a 5’ al km, guadagneremo 1 minuto sui diecimila, oltre 5 sui 42 km, tutti conquistati senza sforzi ulteriori dell’organismo, solo grazie ad una tecnica corretta.

Sarà inoltre più facile cambiare passo, scattare in caso di necessità, in quanto più padroni del vostro corpo, più reattivi, dinamici e tonici, grazie ad una tecnica e postura biomeccanicamente corretta.

 

2) RILASSATE I MUSCOLI NON UTILIZZATI: attenzione a non sprecare energie preziose mantenendo contratti dei muscoli non utili in ogni diverso momento della vostra corsa. Ad ogni passo ci deve essere una “orchestra muscolare” in cui il direttore (il vostro cervello) ordina ai muscoli-strumenti che non devono attivarsi il completo riposo. E’come una danza, un metronomo, un gioco di continue contrazioni e decontrazioni di ogni distretto coinvolto, dal bilanciamento delle braccia, ai muscoli delle spalle, del collo e del viso sempre sciolti. Solo nella spinta si fa fatica, il resto deve essere come l’acqua che scorre. Contrarre le gambe nella fase di volo, torcere il busto, stringere i pugni, sono esempi di sprechi di energie. Rilassatevi, rilassatevi, rilassatevi, salvate le vostre energie per aumentare la frustata dei piedi e del conseguente avanzamento delle ginocchia; ne guadagnerete in velocità.

 

3) NON SALTELLATE INUTILMENTE: dovete ricercare l’avanzamento, non la verticalità tramite i rimbalzi sprecando così utili energie. I più grandi interpreti del fondo e mezzofondo hanno uno stile estremamente radente e fluido, ove la testa mantiene pressochè costante la propria altezza. Se è vero che teoricamente la corsa è una successione di balzi, è anche vero che questi debbono ricercare solo l’avanzamento ad ogni costo ed ad ogni spinta; per un mezzofondista o fondista, saltellare è proibito.

 

4) RAPORTO IDEALE FREQUNZA/AMPIEZZA DELLA FALCATA: dipende ovviamente dalle vostre distanze di gara, e dalle situazioni tattiche della gara stessa, vedi le volate. Molti corridori utilizzano un rapporto non ottimale. Una falcata troppo ampia comporta un elevato dispendio di energie, ed in questi casi solitamente si nota il corridore che procede balzellando. Se la falcata è troppo corta, solitamente o si corre seduti e senza spinta, o si usano comunque frequenze troppo elevate con alti dispendi di energie. Voi dovrete ricercare il vostro mix ottimale, anche in base alle vostre caratteristiche fisiche di forza e mobilità articolare. Inoltre, in linea di massima durante una volata o per effettuare degli scatti, è opportuno ricercare velocità dapprima cambiando frequenza di passo accelerando, per poi, da lanciati, distendere il passo ricercando l’ampiezza. Ad esempio è spettacolare assistere a delle volate in pista in gara di mezzofondo percorse a ritmi lenti, ove nell’ultimo giro si assistono a scatti e controscatti via via più devastanti di chi lotta per vincere. Si arriverà poi negli ultimi metri a distendere il passo cercando di mantenere elevata anche la frequenza. Pensate a fenomeni come Gebreselasie e Bekele, capaci di ultimi giri di pista a velocità crescenti con un gioco di gambe da applausi.

 

E per finire… non scordatevi che ........

Uno stile di corsa efficiente richiede un buon tono muscolare; non trascurate quindi di curare segmenti corporei importanti per la postura (addominali e dorsali). Quindi fate dei pesi leggeri, ginnastica generale o un po’ di piscina. Noterete che il vostro assetto di corsa migliorerà, e soprattutto se una corsa corretta non vi viene ancora naturale, il maggior tono complessivo farà ritardare il momento in cui la fatica vi riporterà a correre in modo poco efficiente. Non appena questa muscolatura sarà a posto, con una meccanica di corsa ormai in ordine, gli sforzi per correre bene saranno minimi e tutto vi verrà automatico.

Fatevi filmare mentre correte, magari da tutti i lati ed a varie velocità. Quando potete, guardatevi nelle vetrine dei negozi. Se non recuperate una videocamera, chiedete a qualche esperto di osservarvi mentre correte. Siete troppo sbilanciati in avanti o all’indietro ? Tenete le spalle contratte ? Avete un espressione del volto tesa e contratta, le braccia sono in tensione ? State saltellando verso l’alto ? Correte seduti ? Vi ricordate di spingere fino alla punta delle vostre dita, come se pigiaste di scatto il pedale dell’acceleratore ?

Cercate SEMPRE di ascoltare il vostro corpo per percepire come correte !

 

 

 

 

 

4) NUOTO: I fondamenti dello stile libero

Ecco qualche utile consiglio per tutti i nuotatori già in grado di fare senza difficoltà numerose vasche a stile libero con un minimo di impostazione tecnica, ovvero nuotando a testa sotto con respirazione laterale, senza annaspare ad ogni bracciata.

Quando riflettiamo sui nostri allenamenti in piscina dobbiamo sempre porci la domanda se le nostre numerose vasche stanno incrementando la nostra sensibilità tecnica, o stanno solo consolidando degli errori della nuotata. Nel momento in cui aumentiamo i carichi di lavoro, spesso c’è la tendenza a non concentrarsi sulla tecnica, ma noi dobbiamo invece fare tutto il contrario. Sarà infatti stupido allenarsi ogni giorno duramente mulinando braccia e gambe per chilometri, quando invece i veri miglioramenti nel nuoto si ottengono principalmente affinando la tecnica. Senza tecnica arriverete ad un punto limite senza più alcun progresso, e data la monotonia del gesto, lo scoramento è sempre in agguato, specialmente quando vedrete un vostro compagno che con fare rilassato, lungo disteso nell’acqua e con la metà delle vostre bracciate, nuota tranquillo per ore accanto a voi.

 

Nelle parti che seguiranno vedrete usare spesso i seguenti termini: PRESA, TRAZIONE, SPINTA, RECUPERO. Sono le 4 fasi di una bracciata, ovvero la presa è il modo in cui la mano entra in acqua e si appresta a partire, trazione è il movimento di mano ed avambraccio sino al petto, spinta va dal petto sino all’uscita, il recupero è la fase aerea. Normalmente gli errori più gravi dal punto di vista della velocità in acqua sono nelle fasi di presa trazione e spinta, ma anche il recupero potrà compromettere i ns. risultati

 

 

Nel nuoto solo il 15-25% della prestazione è dato dal livello di forma fisica raggiunto col duro lavoro.

La parte restante, un enorme 75-80 %, è data dalla tecnica ed efficienza della nuotata, anche se è vero che una buona tecnica viene acquisita anche nuotando moltissimo.

 

Più che sull’allenamento fisico, abbiamo quindi 2 fattori principali sui quali i nuotatori devono concentrare i propri sforzi:

 

1) TECNICA E SENSIBILITA’

Il problema principale è che a differenza della corsa o del ciclismo, qui non abbiamo dei punti fissi di appoggio al suolo per creare avanzamento e propulsione in seguito al lavoro ed alle spinte dei nostri muscoli, ma siamo in una sostanza fluida. In altri sport, il posto ove appoggiamo mani e piedi per spingere e prendere velocità è solido, fisso ed inamovibile; nel nuoto abbiamo sfortunatamente una base instabile sulla quale fare leva. Pertanto diventa assolutamente fondamentale sviluppare una tecnica e sensibilità del nuotatore per ricercare una sorta di miraggio, ovvero dei punti “fissi” di appoggio in acqua. In caso contrario non faremo altro che “tagliare l’acqua con le nostre mani e braccia, facendo tante bracciate per degli avanzamenti ridottissimi a bassa velocità. La cosa più importante è proprio sviluppare quelle abilità che consentano all’atleta di sentire in acqua (in barba alle correnti, alla temperatura ed alle turbolenze) dove mettere le mani e come muoverle. L’ideale sarebbe: infilare una mano un punto immaginario distante davanti alla testa, “aggrapparsi” a delle maniglie immaginarie il più lontano possibile, ed ora effettuare le tre fasi di presa, trazione e spinta trascinando il corpo all’indietro ritrovandosi con la mano uscita dietro i glutei. Il tutto ovviamente senza che la mano tagli l’acqua perdendo centimetri di avanzamento. Dovremo ricercare lle parti più “dure” dell’acqua (che esitono) per usare la nostra forza e condizione fisca, ovvero dei “posti fissi nel fluido su cui appigliarci per i nostri spostamenti. I migliori nuotatori, i più efficienti sono statisticamente (ad esempio Thorpe, Popov, Van De Hooghenband) infatti quelli che fanno il minor numero di bracciate per vasca. Questi mostri compiono una vasca da 25m attorno alle 13-15 bracciate. Più avanti vedremo qualche suggerimento per come poter sviluppare questa sensibilità a livelli perlomeno accettabili, ricordandoci, che come per la corsa, contro atleti dotati geneticamente di sensibilità straordinarie, ci sarà poco da fare, ma potremo comunque a livello personale fare miglioramenti straordinari.

2) GIUSTA POSIZIONE IN ACQUA DAL PUNTO DI VISTA IDRODINAMICO

Dobbiamo ricercare una posizione che riduca gli attriti in acqua del ns. corpo; in acqua si devono infatti vincere attriti mostruosi (se comparati con l’aria) per compiere l’avanzamento, ed ogni attrito in più ci sottrarrà energie preziose rallentando inoltre la velocità. In altre parole dobbiamo ricercare una grande idrodinamicità durante tutte le fasi della nuotata, tuffo e virate comprese.

Avendo l’acqua una densità centinaia di volte superiore a quella dell’aria, una posizione/assetto in acqua perfetto è assolutamente indispensabile per ottenere risultati e risparmiare energie. Pensate agli sforzi che fanno i ciclisti (anche in galleria del vento) per ricercare la posizione più aerodinamica possibile; qui è lo stesso, ma l’importanza di un assetto corretto sarà CENTINAIA di volte più vitale, onde ottenere un avanzamento veloce, scorrevole ed economico.

 

La riduzione dell’attrito (punto 2) pesa ai fini dell’avanzamento per circa il 70%, mentre le capacità propulsive di tecnica e sensibilità (punto 1) sono prossime al restante 30%. Se cercate quindi di migliorare e nuotare più veloci, il pensiero principale sarà quello di migliorare l’assetto in acqua, poi quello di un miglioramento tecnico, e solo da ultimo, il miglioramento della prestazione fisica. Probabilmente molti di voi si sono sinora avvicinati al nuoto con un ordine opposto di priorità, e gli spazi per migliorare sono quindi enormi.

 

Farsi filmare in piscina da varie angolature è il modo migliore (e più economico) per effettuare un check up della vostra nuotata. Ogni filmato mostrerà in dettaglio come nuotate, e meglio se con l’aiuto di un tecnico potrete correggere gli errori più significativi. Concentratevi su: 1) minimizzare ogni resistenza/attrito passivo tramite un corretto allineamento, 2) massimizzare l’efficienza dei movimenti propulsivi. Non sarà difficile ricercare perlomeno i difetti più gravi, per poi nel tempo lavorare anche sulle sfumature.

 

1)                TECNICA E SENSIBILITA’

Ecco i 7 errori più comuni che creano una perdita di efficacia in acqua:

1) gomiti bassi durante la trazione (invece che alti)

2) trazione e spinta effettuate a braccio dritto e lungo una linea retta (invece di un movimento ad “S”)

3) utilizzare i gomiti per la trazione e spinta (al posto di mano ed avambraccio)

4) far uscire la mano all’altezza delle anche (senza arrivare alla coscia sotto il sedere)

5) le mani entrano ed escono dalla acqua piatte (invece che di taglio)

6) l’acqua viene presa e sbattuta contro il corpo durante la trazione e spinta

7) insufficiente allungamento del braccio davanti al corpo durante la presa.

 

Quali sono le cause dei primi 4 errori, e come si può correggere il conseguente calo di potenza/efficienza ?

1) l’abbassamento dei gomiti è solitamente causato dalla fretta di compiere la bracciata, o dall’entrata in acqua della mano a braccio già iperesteso. Ricordatevi che il braccio è QUASI disteso, ma si allungherà alla morte solo sotto il pelo dell’acqua per ricercare lo scivolamento, per partire poi per la bracciata con un piccolo movimento della mano. Quindi per correggervi  entrata la mano in acqua a braccio quasi dritto, questa si allungherà come a cercare una maniglia in un punto immaginario avanti a voi, e partirà con un movimento del polso spostandosi verso il basso solo con l’avambraccio, mantenendo il gomito sul pelo dell’acqua.

 

Movimento corretto: gomito alto mentre mano ed avambraccio effettuano la trazione

 

Per aumentare la sensibilità dell’avambraccio, è utile è effettuare serie di 50m nuotando a pugni chiusi. Grazie alla una ridotta superficie d’appoggio guadagnerete in sensibilità, dato che mentre la spalla allungata blocca appunto il braccio ed il gomito sul pelo dell’acqua, è lui qui il motore principale agendo verso il basso.

2) Un azione diritta ed a braccia tese, sarà come una barca azionata a da una ruota a pale invece che da un elica. Vi muoverete in avanti, ma piano. Perchè ?

Se semplicemente spingete l’acqua dietro di voi, le vostre mani incontreranno sempre parti di acqua già mossa dal loro stesso movimento. Le mani devono invece cercare il più possibile dei punti di appoggio fissi, statici, per aggrapparsi e spostare il corpo in avanti. Dovranno compiere un lieve movimento ad “S” per ricercare sempre “acqua ferma e dura”, e non quella mossa dalla colonna d’acqua che si sposta già nella trazione. A metà della bracciata (effettuata la trazione), il braccio sarà piegato quasi a 90° appena sotto il petto, per ri-estendersi verso le gambe-dietro.

 il movimento ad "s" della bracciata

 

Notate che il gomito resta alto nella prima fase della trazione, poi piegato sempre più per riallungarsi nella fase finale della spinta. Le correzioni sono le stesse di quelle usate sopra. Tante vasche in allungo di spalla alternativamente a pugni chiusi e aperti, ove vogliamo sensibilizzare anche l’avambraccio.

3) chi tira la bracciata coi gomiti, causerà una perdita di potenza ed un aumento di attrito causato dall’acqua spostata che ci sbatte addosso. Potete correggervi osservando l’allungamento del braccio prima che la mano parta per la bracciata. Questa poi si piegherà verso il basso mentre anche l’avambraccio si mette in azione; ricercherete la sensazione di scavare nell’acqua più che quella di tirare la leva di un cambio per cambiare marcia.

4) se il gomito esce dall’acqua prima della mano, significa probabilmente che non avete spinti bene fino in fondo con essa, perdendo una delle parti più esplosive della nuotata. Quando il pollice vi sfiora le cosce è il momento di spingere a fondo verso dietro. Ricordatevi di correggervi toccando col pollice la coscia, per poi spingere a tutta.

5) se le vostre mani entrano/escono piatte in acqua, catturerete moltissime bolle che rovineranno le vs. sensazioni durante la bracciata, nonché sbatterete le bolle rimaste sotto il corpo, creando ulteriori turbolenze ed attriti.

Cercate semplicemente di impattare l’acqua di taglio, col pollice.

6) Prendere e spingere l’acqua contro il corpo durante la nuotata, crea sfortunatamente molte forze di attrito generate da turbolenze dell’acqua stessa che impatta e rimbalza lungo il corpo stesso.

7) Insufficiente allungo del braccio davanti al corpo: troppe volte vediamo nuotatori che partono affrettatamente con la bracciata, senza cercare ogni volta l’allungo verso la parete della piscina: in altri termini dobbiamo attendere un attimo prima di iniziare la presa/trazione. Il braccio potrà partire solo quando lo percepirete disteso , in scivolamento, la spalla distesa in avanti-alto, con la mano un paio di cm sotto il pelo dell’acqua. Perché dobbiamo perdere per la fretta così tanti centimetri di bracciata/falcata ?

 

 guardate questo splendido allungo del complesso braccio-spalla !

 

C’è una lezione che ogni nuotatore deve conoscere a menadito. Un nuotatore diventa migliore se nuota più lungo, non se aumenta la frequenza ! Ciò è stato dimostrato da  due studi separati. Un biomeccanico della Penn State University ha effettuato un analisi computerizzata su tutti i nuotatori delle Olimpiadi di Seoul 1988. Un altro gruppo di ricerca dell’ Università di Rochester ha analizzato i risultati di ogni gara dei Trials Olimpici USA dello stesso anno. Entrambi gli studi ricercavano cosa distingueva i nuotatori elite veloci da quelli lenti (lenti alle olimpiadi è comunque un concetto relativo ….), ed entrambi gli studi hanno raggiunto le stesse conclusioni. In ogni gara, i nuotatori più veloci sono quasi sempre quelli che compiono le minori bracciate ! Ricordatevi che un nuotatore di livello mondiale nuota un 25m in solo 12-13 bracciate (senza il tuffo).

L’affinazione della nostra sensibilità ci porterà sempre più a focalizzarci sul movimento delle mani, anche se molta parte della nostra velocità dipende anche dal modo con cui il lavoro di mani e braccia si coordina ed integra con la possente muscolatura del tronco.

 

Ma per ridurre il nr. di bracciate non basta effettuare una semplice “sottrazione”: i buoni nuotatori riescono non solo a ridurre le bracciate, ma anche ad andare più veloci, e questo lo si ottengono riducendo gli attriti. In che modo ? Esistono principalmente 2 metodi:

a) tutto quanto sopra serviva principalmente a creare efficienze e propulsione, spingere il corpo sempre più avanti grazie alla sensibilità delle bracciate.

b) ma il secondo “segreto” è di guadagnare avanzamento a parità di sforzo riducendo gli attriti. Come si fa ?

 

2) POSIZIONE IDRODINAMICAMENTE CORRETTA IN ACQUA

Così facendo migliorerete la vostra penetrazione idrodinamica, concentrandovi sui cambiamenti della posizione/assetto del corpo. Eliminare l’attrito si ottiene principalmente in 3 modi:

1) Col bilanciamento del corpo. Piedi e gambe tendono sempre ad affondare a causa della loro stessa peculiare costituzione fisica. Per ogni centimetro di affondamento c’è un incremento proporzionale di attrito e costo energetico per l’avanzamento. Quindi un corpo in asse, bilanciato ed allineato, con le gambe ed i piedi a filo dell’acqua è la migliore posizione per rendersi idrodinamici

2) Dobbiamo allungarci. All’aumentare della lunghezza di una nave sulla sua linea d’acqua, si riduce la resistenza all’avanzamento; allungandovi dovrete ricercare di percepire tutti i segmenti corporei allineati in un unico asse, disperatamente alla ricerca di toccare l’altro lato della piscina. Tutto ciò va eseguito rilassati, senza perdere in fluidità ed efficienza, senza strappare. Possiamo individuare 3 tipi di resistenza all’avanzamento:

- attrito frontale del corpo = le frecce

- attrito di scia = i riccioli

- attrito generato dalla superficie del corpo = le linee tratteggiate

Più affonderete nell’acqua, più i tre tipi di attrito vi rallenteranno.

3) Grazie al giusto rollio, l’acqua incontrerà meno resistenza rispetto al normale scivolamento lungo la pancia, e questo riduce gli attriti. Concentratevi sempre sull’allungamento ed allineamento del corpo, e fatevi osservare o riprendere soprattutto sui fianchi; se questi sbandano durante la nuotata, c’è quasi sicuramente un problema con la testa o con la presa.

 

Ecco i 5 tipici errori che causano una postura/assetto scorretto in acqua, e quindi una maggiore resistenza all’avanzamento:

1) recupero a braccio disteso e portato lateralmente,

2) la mano entra in acqua troppo vicino alla testa e/o oltre la linea ideale di mezzeria del corpo,

3) respirazione affrettata o sollevare invece di ruotare la testa per respirare,

4) nuotare perfettamente orizzontali senza alcun rollio del corpo,

5) movimenti laterali della testa.

 

1) recupero a braccia larghe/tese: "Doc" Counsilman, nel suo libro “Competitive Swimming Manual for Coaches and Swimmers”, illustra bene questo errore: "Questo tipo di recupero, causa delle scodate laterali di gambe e fianchi in virtù della terza legge di Newton: 'per ogni azione, se ne sviluppa una uguale e contraria’. Ciò causa quindi un incremento nella resistenza frontale e del corpo.". Quali correzioni ? Aumentate leggermente il rollio e spingete con la mano fino alle cosce, (vedi punto 4 qui sotto). Soprattutto esercitatevi nell’effettuare i recuperi tenendo il gomito alto più della mano, mentre questa deve sempre sfiorare la superficie dell’acqua quasi accarezzando tutto il vs. corpo dalle cosce sino oltre il capo.

2) Le mani che entrano in acqua oltre la riga di mezzeria del corpo, producono gli stessi effetti negativi del recupero a braccia larghe. Queste impattano pesantemente sull’allineamento del corpo, generando scodinzolamenti. Una volta che sarete in grado di effettuare un recupero a gomito alto con la mano che sfiora l’acqua, lasciate che la vs. mano entri in acqua poco dopo la testa per poi allungarsi. La mano non dovrà mai avvicinarsi troppo alla metà immaginaria, altrimenti dovrete vedere sirene d’ allarme e luci di emergenza ………”ALLARME” oltrepassata linea ideale, crei scodate, CORREGGERE !! “

3) una respirazione anticipata, è l’errore più frequente ma anche uno dei più facili da correggere. Se riuscite a controllare e sincronizzare il corretto movimento della testa, diventerete immediatamente più veloci. La vostra testa deve ruotare leggermente appena sopra il pelo dell’acqua, non appena il corpo raggiunge il massimo rollio. Questo accade quando state iniziando la fase di allungamento, il vs. braccio “anteriore” si sta allungando in acqua, quello “posteriore” sta per completare la spinta in acqua. Come per la correzione della mano che oltrepassa la linea mediana durante l’allungamento, dovete osservare il braccio che si allunga; quello è il momento per respirare, quando vi state allungando e scivolate sul fianco. Li infatti la testa occorrerà muoverla appena, dato che basterà un niente per prendere aria. Minore azione, minore reazione negativa, nuoterete più lunghi e più in asse !

4) E’ un problema comune a molti principianti; i nuotatori veloci invece nuotano molto “sul fianco”, dato che un leggero rollio del tronco lungo il suo asse favorisce per motivi biomeccanici l’applicazione di forza delle braccia sull’acqua.

5) gli spostamenti laterali fuori asse della testa causeranno anche un disassamento delle gambe e dei fianchi, generando così uno scodinzolamento che provoca maggiore attrito. Cercate di nuotare senza che la testa oscilli di lato. Sarà fissata ma rilassata, e le consentirete solo di ruotare su se stessa per respirare appena. Respirate solo 2, massimo 3 volte per ogni, concentrandovi sulle vostre bracciate lunghissime senza che la testa si muova. La testa non accompagna le braccia, sta ferma, si muove solo per respirare e guarda avanti-basso.

 

Dovremo anche cercare di nuotare con la massima efficienza possibile a qualunque velocità senza irrigidirci o scomporci a seconda che si vada troppo piano o troppo forte. In allenamento dovremo applicare i nostri miglioramenti fisici e di forza (che verranno da soli) per creare le basi per una nuotata senza attriti, efficiente ed economica. Solo così tutte le nostre energie ci daranno …. maggiore velocità.

 

 

 

 

 

5) TREKKING: come si legge ed utilizza una carta geografica/topografica ?

 

La scala della carta

La scala di una carta dice a chi la usa di quante volte il disegno del terreno è più piccolo del terreno reale. Una scala 1 : 10.000 (leggi “uno a diecimila”) significa che quello che sulla carta ha la lunghezza di un centimetro, nella realtà, ha invece una lunghezza di 10.000 centimetri ossia 100 metri. Una pianta di una città è di solito fatta con una scala di questo valore. Le carte topografiche più usate in Italia hanno le seguenti scale: 1 : 50.000 e 1 : 100.000.

La scala di una carta viene generalmente indicata subito sotto al disegno, al centro. In prossimità di essa si trova la scala grafica che facilita la lettura delle distanze sulla carta. La scala grafica è un segmento graduato, ossia suddiviso in 10 o 20 parti. II segmento, posto a rappresentare ad esempio 1 km, riportato idealmente sulla carta a congiungere due punti, permette di leggere immediatamente la loro distanza reale.

Le scale più usate vanno da 1 : 5.000 a 1 : 25.000. Le mappe a scala più grande, come 1 : 5.000, permettono una lettura più agevole dei vari particolari del terreno. Tuttavia solo pochissime aree del territorio italiano sono descritte con questo dettaglio.

Ricordatevi che per sapere a quanti metri corrisponde un centimetro sulla carta, basta togliere due zeri dalla scala ( 1: 50.000:  1 cm = 500 m ).

 

La scala 1:25000

Le carte 1 : 25.000 dell' IGM (Istituto Geografico Militare) vanno molto bene per ogni percorso che non sia di proporzioni minime; per intenderci al di sopra del chilometro, vanno bene. Queste “tavolette” (cosi vengono chiamate) si trovano per l'intero territorio nazionale.

Una tavoletta è approssimativamente una carta quadrata di cm. 40 di lato. Fatte le debite proporzioni, rappresenta un'estensione di 10 km. per 10 km. Per chi si muove a piedi, sono queste le dimensioni adeguate.

Conviene con questa scala ricordarsi di due dati:

1)     la distanza di 100 metri (si tratta di una distanza familiare, che si dovrebbe riconoscere ad occhio) appare sulla tavoletta come un segmento lungo 4 millimetri.

2)     la velocità tipica di una persona che cammina senza fretta è di circa4 km l'ora. Facendo anche qui un semplice calcolo è possibile determinare uno spostamento teorico/sulla carta di circa 4 cm ogni quarto d'ora, se si cammina. Riprenderemo più avanti questi valori, che dipendono dalla persona, dall'andatura e dalla tipologia del terreno.

Le tavolette vengono ottenute solitamente da un rilievo aerofotogrammetrico. Riportano i confini di stato ed amministrativi, mentre dei centri abitati viene riportata la planimetria esatta e dettagliata. L'altimetria è espressa in metri e viene descritta dalle curve di livello.

 

Forma del terreno e curve di livello

Un'importante differenza tra una fotografia presa dall'alto ed una carta topografica è che in quest'ultima si riesce ad introdurre una terza dimensione, descrivendo i rilievi grazie alle curve di livello (o isoipse, dal greco). Le isoipse sono linee che congiungono tutti i punti aventi la stessa altezza sul livello del mare. La figura più sotto mostra schematicamente come una collina venga “affettata” da piani orizzontali ideali, generando così le curve di livello corrispondenti.

Leggere le curve di livello significa guardare una carta e capire come si presenterà il terreno. La difficoltà maggiore sta forse nel riconoscere i dossi dalle valli: infatti in tutti e due i casi le isoipse si presentano come una serie di V una dentro l'altra. Questa difficoltà si supera generalmente seguendo le linee di livello fino ad un punto dove, per la presenza sulla carta di un corso d'acqua o di una cima di colle, si riesce a capire quale linea mostra la quota maggiore.

Nelle tavolette esistono tre tipi di curve di livello: direttrici, intermedie e ausiliarie, facilmente riconoscibili dalla grossezza del segno.

Vi è una direttrice, a tratto pieno e marcato, per ogni 100 metri di dislivello. Spesso lungo la direttrice si trova il numero che ne indica la quota.

Le linee intermedie, a tratto pieno e più leggero, sono tracciate per ogni 25 metri di dislivello. Ce ne sono 3 tra due direttrici consecutive.

Se le pendenze del terreno non sono molto accentuate, la lettura dei rilievi viene ulteriormente facilitata grazie alle curve ausiliarie; la loro equidistanza è di 5 metri; sono tratteggiate.

Nell'interpretazione delle curve di livello conviene tenere a mente queste semplici regole:

- più le curve di livello sono vicine l'una all'altra, più il terreno è ripido; più sono lontane e più il pendio è dolce.

- un insieme di linee chiuse ad anello deve avere al suo interno una cima di un'altura (più raramente una dolina o un lago, ma senza emissario).

- dove le linee di livello hanno un andamento di rette parallele equidistanti, lì il terreno ha una pendenza uniforme come un piano inclinato.

- curve di livello che presentano la concavità a monte indicano costoni o dorsali.

- curve di livello con la concavità a valle indicano impluvi (vallette, canaloni).

 

Segni convenzionali

Alcune fattezze del terreno che, differentemente rispetto ai corsi d'acqua, coste, rilievi, non si possono rappresentare con delle linee in scala,ma vengono invece descritte da segni convenzionali. In genere i simboli impiegati sono indicati alla base della carta, insieme al loro significato. Qui sotto vengono riprodotti quelli più importanti.

 

Colori

Le tavolette dell'I.G.M. possono essere disponibili in una delle seguenti tre versioni:

1) in bianco e nero; sono le meno facili da leggere.

2) in tre colori, con l'azzurro usato per tutto quello che riguarda le acque ed il marrone, o bistro, per le curve di livello.

3) in cinque colori; in questo caso:

- in nero vengono stampati i particolari del terreno che sono opera dell'uomo (strade, case, muri, ponti, linee elettriche, ecc.), ed i nomi a cui essi si riferiscono; vi sono alcune eccezioni, specificate qui sotto;

- in azzurro è indicata l'idrografia (ghiacciai, rive del mare o dei laghi, fiumi, torrenti, fontanili, pozzi, acquedotti, ecc.), ed i nomi che vi si riferiscono;

- in marrone sono rappresentati i rilievi del terreno (curve di livello, scarpate, frane, ecc.). Le rocce tuttavia sono sempre stampate in nero per risultare più visibili;

- in verde viene solitamente rappresentata la vegetazione sia naturale (boschi, macchie, cespugli, ecc.), sia coltivata (vigneti, oliveti, agrumeti, ecc.);

- in rosso vengono rappresentate quasi tutte le vie di comunicazione (strade, carrarecce, sentieri, ecc.).

 

La declinazione magnetica

In ogni punto della superficie terrestre è presente un campo magnetico. Ogni campo magnetico orienta un ago calamitato e il campo terrestre; orienta quindi l'ago della bussola in una direzione che con buona approssimazione coincide con il nord geografico. La coincidenza non è perfetta: la direzione nord e la direzione indicata dall'ago della bussola formano in realtà un piccolo angolo che viene chiamato declinazione magnetica. Questo angolo è l'errore che si commetterebbe prendendo per buono il nord magnetico.

Spesso la declinazione magnetica è indicata nelle carte topografiche e nelle carte nautiche con un numero o anche con un diagramma. La declinazione magnetica varia nel tempo: mediamente la variazione e pari ad 1' ogni 8 anni. Se dunque la carta topografica non è troppo recente e se è richiesta una buona precisione sarà opportuno correggere il dato sulla declinazione in modo da tener conto della variazione avvenuta. La declinazione magnetica in Italia è attualmente piuttosto piccola e normalmente si può prendere come nord la direzione indicata dalla bussola senza che ciò comporti apprezzabili conseguenze.

 

Qualche esercizio

Si possono fare molti esercizi con una carta topografica, per impararne l'uso. Ecco alcuni suggerimenti. Per quanto riguarda le applicazioni della bussola più avanti c’è un paragrafo apposito.

1) E’ buona cosa abituarsi a giudicare le distanze a occhio. Ad esempio, siamo al limite di un avvallamento: quanto è lungo? Quanto è largo? Cerchiamo di darne una valutazione numerica e, se esso è indicato sulla carta, controllate quanto siete andati lontano dal vero.

2) Portatevi in una località panoramica e, carta alla mano, cercate di riconoscere ciò che vi sta di fronte.

3) Camminate in campagna, senza fretta, portando con voi la carta della zona ed osservate come il terreno e la carta si corrispondono.

Non aspettatevi una corrispondenza perfetta. E’ molto probabile che dall'ultimo rilievo (le carte vengono normalmente aggiornate partendo da fotografie aeree) case e strade siano state costruite ma anche che altre siano invece sparite.

Cercate, nel vostro giro, di anticipare ciò che vedrete più avanti, ovvero “...tra 200 metri dovrei trovare un corso d'acqua con un ponte sulla destra...”; e controllate se è vero.

 

Vari tipi di bussole

Le più semplici bussole hanno l'ago magnetico libero di ruotare al centro di un quadrante sul quale sono indicati i punti cardinali o la Rosa dei Venti.

Nelle bussole più complesse si trovano parecchi accorgimenti per meglio sfruttare la proprietà fondamentale dell'ago magnetico.

Innanzitutto l'ago, anziché essere « in aria », è immerso in un liquido. Questo dà due vantaggi: le oscillazioni dell'ago sono smorzate più rapidamente e dunque non si deve attendere a lungo per eseguire la lettura. In secondo luogo, poiché il costruttore al momento di introdurre il liquido e sigillare ha lasciato volutamente una bolla d'aria, è possibile, controllando che la bolla sia al centro, lavorare con la bussola orizzontale, ciò è necessario affinché l'ago possa indicare correttamente il nord magnetico. II liquido viene scelto tra quelli a basso punto di congelamento, ad esempio una miscela di acqua e alcool o glicerina.

Un'altra utile caratteristica di alcune bussole è il cerchio graduato riportato sul quadrante che permette, come vedremo tra un momento, di misurare I'azimut degli oggetti circostanti. Tali bussole sono normalmente completate da un semplice dispositivo che facilita il rilevamento. Il dispositivo si compone di un mirino e di una fessura nel coperchio e di uno specchio (o lente) inclinabile che permette di leggere sulla bussola l'azimut dell'oggetto nello stesso momento in cui I'occhio lo punta con il mirino.

Di complessità intermedia è la bussola cartografica tipo Silva, che è anche la più usata nelle gare di orientamento. Si compone essenzialmente di 3 parti, ognuna libera di ruotare rispetto alle altre 2. Le indicheremo per semplicità con tre nomi brevi: base, quadrante, ago. Essendo la più adatta ad un utilizzo per navigazione faremo sempre riferimento a questo tipo di bussola.

La base è un rettangolo di plastica trasparente su cui è incisa una freccia che chiameremo freccia di direzione per distinguerla da un'altra di cui parleremo tra breve. Sui lati della base sono riportate delle scale in millimetri che possono far comodo per valutare le distanze sulla carta. Naturalmente si deve conoscere la scala della carta per sapere a quanto equivale un millimetro. Sulla base è anche presente una piccola lente d'ingrandimento che facilita la lettura di certi particolari. Su alcuni modelli sono presenti anche delle dime per segnare sulla carta il punto di partenza, di arrivo e l’obiettivo.

II quadrante è un involucro anch'esso di plastica, ermetico, contenente al suo interno l'ago magnetico e il liquido smorzante. II quadrante, come si è detto, può ruotare sulla base. Intorno al quadrante è inciso un cerchio graduato che permette di leggere di quanti gradi il quadrante è stato ruotato rispetto alla base. Sul cerchio graduato sono anche riportati i 4 punti cardinali, facendo corrispondere il nord (N) alla posizione « zero gradi ». II fondo del quadrante è trasparente e porta incisa, a sua volta, una freccia. Questa punta sulla posizione N; la chiameremo perciò freccia di nord.

L'ago è una sbarretta di materiale calamitato libera di ruotare anch'essa all'interno del quadrante sotto l'azione del campo magnetico terrestre. L'estremità che indica il nord è colorata di rosso e, nei modelli più costosi, è fosforescente.

Per ora sarà sufficiente ricordare che dal centro della bussola partono la freccia di direzione, la freccia di nord e l'ago magnetico; di questi tre elementi due possono essere indirizzati a piacere, il terzo indica sempre il nord.

 

Uso corretto della bussola

Tre avvertenze per quando si usa la bussola. La prima si riferisce al modo di tenerla in mano: la bussola va sempre tenuta il più orizzontale possibile in modo che I'ago sia libero di ruotare intorno al suo asse e possa quindi indicare il nord. La seconda riguarda l'influenza che può avere sull'orientamento dell'ago la presenza di masse ferrose. Bisognerà quindi fare attenzione di non fermarsi a cercare il nord in prossimità di automobili, macchine agricole, tralicci metallici.

Particolare attenzione va posta nel tenere lontana la bussola dal motore del fucile, sia durante il rilevamento, sia durante gli spostamenti. La terza è questa: quando si cerca il nord conviene essere in piedi con la bussola in mano e, se è necessario, ruotare tutto il corpo, piedi compresi. Così facendo rimane più facile conservare memoria della direzione trovata.

 

Esercizi con la bussola

Nelle righe che seguono verranno descritte le operazioni che si devono compiere con la bussola per risolvere certi problemi di navigazione.

Per ora, si ricordi solo che con la bussola si potrà:

- orientare la carta

- ricavare la direzione di marcia verso un certo obiettivo (ovvero la direzione in cui cercare un particolare topografico d'interesse)

- ritrovare sulla carta un particolare di interesse ed eventualmente conoscerne il nome

- fare il punto, ossia individuare sulla carta il luogo in cui ci si trova 

 

Orientare la carta

Per leggere correttamente la carta è necessario orientarla, cioè disporre il disegno nella stessa posizione del terreno.

Per orientare la carta posizionate su di essa la bussola, poi ruotate il foglio su se stesso fino a che l’ago magnetico della bussola sarà rivolta verso la parte superiore della carta (l’ago sarà parallelo al bordo).

 

Ricerca di una direzione di marcia prestabilita

II problema che più spesso si presenta è quello di sapere in che direzione si trova una certa meta. Starà poi al singolo valutare se sarà più conveniente marciare in linea retta o seguire un altro percorso.

Se ci si trova nel punto A (vedi figura) e si vuole sapere in che direzione è situata la cima di colle B, su cui si sa che è posto il prossimo punto di controllo (o obiettivo), le operazioni da eseguire sono le seguenti:

1) Collocare la bussola sulla carta in modo che il lato lungo della base sia sulla congiungente di A con B.

2) Ruotare il quadrante della bussola in modo che la freccia di nord punti verso il nord della carta. Nota: con le operazioni 1) e 2) è stato determinato l'azimut di B ed esso - facendo attenzione a non ruotare ulteriormente il quadrante - rimane memorizzato nella bussola; la carta, a questo punto, non occorre più e può essere messa da una parte.

3) Tenere la bussola in mano, orizzontalmente, e ruotare fino a che l'estremità nord dell'ago si sovrappone alla freccia di nord. La freccia di direzione punta allora verso B.

Con questa operazione si passa da un angolo misurato sulla carta all’ angolo reale della nostra direzione rispetto al nord.

4) Dirigersi verso tale direzione facendo attenzione che l’ago magnetico rimanga sempre sopra la freccia di nord.

Questa procedura si deve ripetere ogni 3/400 m essendo impossibile procedere più a lungo in linea retta.

La stessa procedura si applica ogniqualvolta si debba ricercare sul terreno un particolare individuato sulla carta.

 

Ricerca sulla carta di un particolare individuato sul terreno

Questo problema, che può essere considerato l'inverso del precedente, capita quando durante uno spostamento durante il percorso si ha bisogno di una conferma. Se si vede in lontananza un elemento di particolare importanza non ci si farà scappare l'occasione di controllare se la carta lo riporta e se lo riporta nella direzione in cui lo vediamo.

Le operazioni da eseguire sono ora le seguenti.

1) Puntare, con la bussola orizzontale, la freccia di direzione verso oggetto B che si vuole riconoscere, ad esempio un campanile.

2) Ruotare il quadrante fintanto che la freccia di nord risulta sovrapposta all'ago magnetico, che naturalmente indica il nord. Nota: in questo modo si memorizza nella bussola l'azimut che B ha rispetto alla posizione A in cui ci si trova.

3) Facendo attenzione a non modificare la posizione raggiunta dal quadrante (e disinteressandosi invece della posizione dell'ago, che non interessa più) porre la bussola sulla carta in modo che un lato lungo della base passi per il punto A e che la freccia di nord punti verso il nord della cartina. II punto B, ossia il punto che sulla carta rappresenta il campanile, si trova allora sul lato di base passante per A (o sul suo prolungamento). In questo caso l’uso di una bussola col mirino può consentire rilevamenti più agevoli, ma sarà però più difficile riportarli sulla carta.

Rilevamento con bussola dotata di mirino: aprire il tappo e la lente, avvicinare la bussola all’occhio, mirare il punto di riferimento facendo combaciare tacca di mira e mirino, leggere l’azimut attraverso la lente (potrebbe essere necessario inclinarla per leggere correttamente), fissare l’azimut ruotando la ghiera.

Disponendo di entrambe, è possibile effettuare il rilevamento con la bussola dotata di mirino, riportare l’azimut sulla bussola cartografica e procedere al punto 3).

 

Ricerca del punto in cui ci si trova

Anche al navigatore più esperto capita di sbagliare e di non sapere più in che punto ci si trova. Con carta e bussola però è possibile « fare il punto » a condizione che si riescano ad individuare sul terreno almeno due particolari riconoscibili anche sulla carta. Ad esempio: abbiamo un navigatore che riconosce, e sa ritrovare sulla carta, un borgo sovrastato da un castello e la cima di un colle; quest'ultima è bene individuata per il fatto di far parte di un sistema collinare composto da due cime vicine e da una più lontana sulla destra. Chiamiamo il castello e il colle come particolari B e C e vediamo le operazioni da compiere per trovare la posizione A del navigatore sulla carta.

1) Misurare l'azimut di B rispetto al punto di osservazione A. Il navigatore in questo momento non è in grado di indicare dove si trovi il punto A sulla carta, tuttavia egli vede il castello B sotto un certo azimut che determina al solito modo e cioè: punta su B la freccia di direzione e ruota il quadrante fino a sovrapporre la freccia di nord sull’ago magnetico.

2) Tracciare sulla carta una retta passante per B ed avente l'azimut determinato al punto precedente. Ciò viene fatto mettendo la bussola sulla carta con la freccia di nord orientata verso il nord della carta e un lato di base, parallelo alla freccia di direzione, passante per B.

3) Misurare l'azimut di C rispetto al punto di osservazione A. E’ una ripetizione dell'operazione 1), fatta questa volta per la cima di colle.

4) Tracciare sulla carta una retta passante per C e avente l'azimut determinato al punto precedente.

Il punto A, incognito, ove si trova il navigatore, è allora determinato dall’intersezione delle due rette tracciate al punto 2) e al punto 4) e passanti per B e per C (fig.).

Questo metodo è tanto più preciso quanto più vicino ad un angolo retto è l'angolo che formano le due direzioni dei punti B e C scelti come riferimento.

In alcuni casi la ricerca del punto in cui ci si trova può essere fatta con l'aiuto di un solo punto di riferimento. Se ad esempio siamo sicuri di trovarci lungo una strada segnata sulla carta, è sufficiente misurare l'azimut di B e tracciare sulla carta la retta corrispondente. II punto dove la retta taglia la strada individua sulla carta la nostra ubicazione. Lo stesso può dirsi se, anziché trovarci su una strada, siamo su una curva di livello, ossia se conosciamo (con una certa approssimazione) la nostra quota.

Anche in questo caso l’utilizzo di una bussola con mirino può semplificare l’operazione di rilevamento. Per riportare correttamente le rette sulla cartina sarà però necessario l’utilizzo di un righello.

 

Misurare le distanze percorse

Abbiamo detto che per una navigazione precisa è necessario effettuare nuove misurazioni almeno ogni 3/400 metri. Come fare per misurare questa distanza in modo preciso ?

E’ necessario movendosi a piedi, abituarsi a contare i passi in modo da stabilire (sapendo in media il proprio passo a quanti centimetri corrisponde) in maniera sicura la distanza percorsa. In una squadra sarà necessario oltre al navigatore che avrà il compito di contare anche i passi, anche un elemento di controllo, che conterà a sua volta i suoi passi. Al momento di stabilire quanti passi si sono fatti, si farà la media fra i passi contati sia dal navigatore che dal controllore.

Più sotto riportiamo un’utile tabella: le misure sono indicative e possono variare ovviamente leggermente da persona a persona.

 

IN PIANO

 

passi per 100 metri

secondi per 100 metri

velocità km/h

Strada non asfaltata, prato

marcia

120

65

5.5

corsa

84

35

10

Terreno accidentato, sterpaglie, sassi

marcia

145

85

4

corsa

100

45

8

IN SALITA

 

passi per 100 metri

secondi per 100 metri

velocità km/h

Strada non asfaltata, prato

marcia

140

130

2.7

corsa

120

70

5

 

 

 

 

6) TRIATHLON:

Ricordatevi che i triathlon sono veramente duri solo a seconda delle distanze e del vostro grado di allenamento. Molti conoscono il triathlon solo grazie all’Ironman delle Hawaii, ma oggi la maggior parte delle gare è ben più corta, umana e forse divertente. Sicuramente molto più facile da preparare ed alla portata di tutti. Una gara sprint per un atleta normale, un amatore, si percorre in 1h 15’, 1h 30’, niente di impossibile anche allenandosi solo 3-4 volte la settimana.

 

PER INIZIARE

Le informazioni che seguiranno sono di carattere generale, e possono essere valide per moltissimi sport di resistenza. E’opportuno farci qualche domanda preliminare, monitorando il nostro livello di forma attuale nonché riflettere se il triathlon sia lo sport che fa per noi. Anche se siete dei campioni di atletica di brevi distanze, ricordatevi che comunque una gara sprint dura circa 55’, ovvero anche avendo talento per la velocità, questo è uno degli sport principi per la resistenza, quindi non datevi obiettivi competitivi troppo ambiziosi (ve lo immaginate Carl Lewis a fare maratone?). Primo consiglio: fate fare al vostro corpo ciò per cui è portato/allenato per fare. Fatevi un check up da un medico sportivo, domandatevi ad esempio se vi allenate regolarmente almeno 3 volte alla settimana, quanto a lungo siete in grado di notare/pedalare/correre, ho qualche impedimento muscolare/articolare che mi potrebbe dare dei fastidi o creare infortuni ?

 

UNA TABELLA

Vorreste forse costruire una casa senza le fondamenta ? Allora non vorrete certamente allenarvi senza un minimo di programma di allenamenti ! Con una piano-tabella di lavoro avrete il vantaggio di poter programmare e strutturare gli allenamenti necessari per poter ottenere gli obiettivi desiderati, sempre che vi siate prefissati dei traguardi coerenti con le vostre capacità. Un piano di lavoro vi aiuterà a prevenire gli infortuni, il superallenamento, a lasciare il giusto spazio alle altre attività. Potrete ovviamente regolarvi sulla base delle ore libere che vi restano dopo il lavoro ed gli impegni di famiglia e degli altri interessi.

Non è necessario che la vostra tabella sia dettagliata, ma deve essere flessibile per consentirvi di lavorare al meglio anche col brutto tempo o con imprevisti di famiglia o di lavoro. Tenetevi quindi sempre un costume da bagno nella borsa, così se oggi toccava la corsa ma fuori diluvia, potrete andare in piscine senza saltare l’allenamento. Solo con allenamenti regolari otterrete benefici, quindi non allenatevi duro per 5 giorni, per poi saltare una settimana. Effettuate il riposo prima di averne bisogno, ed eviterete tanti infortuni. Tenete una tabella ove vi segnate cosa avete fatto ogni giorno e le vostre sensazioni; le note saranno preziose anche nelle stagioni successive come comparazione quando redigerete la nuova tabella. Un principiante dividerà la stagione in 5 fasi fondamentali: costruzione della resistenza, sviluppo dell’intensità, raggiungimento del top di forma, tapering (scarico pre periodo di gare) e gare, recupero attivo post gare. In caso di gare molto lunghe, come triathlon medi-lunghi, o maratone (e quindi per atleti evoluti), sarà invece più indicato aggiungere una fase in più che si pone dopo lo sviluppo dell’intensità: mantenimento intensità-nuovo incremento resistenza, per concludere poi con le altre 2 fasi uguali.

Perchè questa differenza ?

Perchè negli sport di resistenza, ed in particolar modo per le lunghissime distanze, "sfortunatamente" il fattore assolutamente predominante è lo sviluppo della resistenza stessa. Dovremo quindi prima costruirla con una base ampia di allenamenti lunghi, poi velocizzare mantenendo i km, per poi mantenere i carichi di velocità reincrementando ancora i km.......Questa novità viene fatta per arrivare 30-20 gg prima della gara importante con la quantità di lavoro svolta mantenuta molto elevata. Una normale ricerca di picco di prestazioni, vuole che all’aumentare dell’intensità o velocità , calino anche i km, ma nel ns. caso sarebbe controproducente, dato che in gare che durano minimo 3 ore e mezza l’obiettivo è …. resistere !

 

Qui vediamo in dettaglio solo il programma base, che ricordiamo comunque essere per principianti.

 

COSTRUZIONE DI UNA BASE DI RESISTENZA

Questo periodo durerà dalle 6 alle 26 settimane, in relazione alla gara da fare, alla vostra forma ed esperienza. Prima di cominciare il vero allenamento, sarà opportuno preparare per gradi il vostro corpo agli stress che seguiranno, facendo un adeguato potenziamento ed incrementando molto blandamente via via i km degli allenamenti, dalla corsa, alla bici, al nuoto. In questo periodo è importante la quantità più che la qualità. Non preoccupatevi di velocità o intensità, verranno nel prossimo periodo. Solo il 15-20% del training dovrebbe essere svolto a media velocità; non è infatti il momento di battere il vostro record sui 10k, o di menare rapportoni con la bicicletta. Ci vorrà infatti tempo per guadagnare sufficiente forza e “solidità” dei vostri muscoli tendini e legamenti, ben più di quello necessario per migliorare la capacità aerobica, vedi cuore e polmoni. Questi allenamenti di base vi rafforzeranno piano piano, e miglioreranno la vostra resistenza, la capillarizzazione dei muscoli, le dimensioni del vostro cuore, la capacità dei vostri polmoni di veicolare ossigeno al sangue, le capacità chimiche dell’organismo di resistere alla fatica. La maggior parte degli allenamenti di resistenza dovrebbero essere effettuati con basse frequenze cardiache, non più di 160 battiti al minuto, a velocità che vi consentono di chiacchierare tranquillamente. Solo negli allenamenti di medio incontrerete qualche difficoltà a parlare: sottolineo qualche poichè il medio è medio, ovvero non dovete andare in affanno come in gara, dovete controllare la velocità riuscendo comunque a parlottare per terminarlo stanchi ma non come negli allenamenti delle ripetute o del veloce, arrivando relativamente freschi. Curate negli allenamenti in bici la vostra frequenza di pedalata, senza scendere negli allenamenti di fondo sotto le 100 pedalate al minuto. Se vi sembra troppo agile, un velocista in allenamento arriva anche a 160, quindi con un minimo di allenamento fare 40-60 km a 110 pedalate al minuto non è sicuramente impossibile. Quest’agilità vi stimolerà a pedalare efficiente e rotondo (a differenza di una pedalata a stantuffo), economizzando le energie e facendovi diventare più sensibili ai pedali. Dato che il più delle volte il periodo di resistenza base si effettua in inverno, lasciate alla corsa ed al nuoto gli allenamenti un po’ più impegnativi, e riservate al ciclismo solo i lunghi. Con la corsa è facile ottenere la forma, il nuoto richiede molta tecnica, e non appena farà più caldo potrete ridurre la corsa per aumentare la bici, con giornate più tiepide e lunghe. Ed anche per un Ironman da preparare ad ottobre, è infatti più salutare ad agosto fare un lungo di 4 ore in bici, che uno di 2 ore a piedi. Sfruttate le stagioni e le condizioni metereologiche a vostro vantaggio.

Seguite la regola del 10%, ovvero non incrementate il chilometraggio di più del 10% del volume fatto nelle settimane precedenti. Per esempio,se nelle settimane scorse avete corso 80 km a settimana, in quella successiva non superate i 90. Alla fine di questo periodo, dovreste essere in grado di sostenere la distanza di gara per la quale vi preparate (tranne l’ironman), quindi già in grado di gestire ad esempio 1500m a nuoto, 40km in bici e 10km a piedi per un triathlon olimpico. Fondamentale: più larga è la base di lavoro, più facile sarà per voi lavorare duro il periodo successivo. Attenzione ovviamente agli infortuni; infatti alla fine dei questo periodo vi potrete sentire stanchi, e sarà importante fare eventualmente qualche giorno di scarico prima di iniziare il periodo successivo.

 

SVILUPPO DELL’INTENSITA’

Ora che avete raggiunto una buona base, potete fare di più …… aumentando i ritmi, dando più intensità ai vostri allenamenti. Qui manterrete sostanzialmente la quantità, ma molti allenamenti andranno svolti un po’ più veloci. Questo periodo deve essere più corto del precedente, e più corto di almeno 1/3. Riducerete ora il nr. dei km complessivi, ma non di molto. E’quindi il momento più duro della vostra preparazione, ma passato questo ….. volerete !.

Fate salire la vostra frequenza cardiaca, ma non oltre 5-10 battiti rispetto alla vostra soglia anaerobica. Spingetevi giusto al di sopra di essa, senza forzare troppo, alternando 1-2 giorni duri a giorni più blandi per dare tempo al fisico di recuperare. L’intensità può essere raggiunta in diversi modi:

-         fartlek: ovvero variazioni di ritmo assolutamente a piacere, intervallate da recupero parziale a buon ritmo,

-         ripetute: correte in modo sostenuto per X minuti o X metri, con Y minuti di recupero. Variando i fattori X ed Y allenerete in modo più o meno importante la potenza aerobica. All’aumentare della velocità, cerate più acido lattico, con recuperi più brevi aumentate la resistenza. Mote ripetute blande o poche lunghe con scarso recupero, sono quelle da preferirsi per gli sport di resistenza,

-         correre o pedalare in salita,

 

RicordateVi, non fate un recupero superiore ai 3'; siete atleti di resistenza, non mezzofondisti veloci o sprinter. Il vs. cuore, muscoli devono convivere con la fatica ed abituarsi a smaltire il lattato prodotto prima e meglio possibile. E’ quindi opportuno fare ripetizioni non troppo veloci e con poco recupero.

E’il momento per fare ripetute ad intervalli anche in bicicletta, con rapporti più duri, almeno un 53x17 come minimo, meglio ancora se su blande salite. Per gareggiare forte, così si ottiene la forza specifica necessaria per tenere medie elevate.

Allenarsi in compagnia è un ottimo sistema per poter effettuare degli allenamenti duri. La maggior parte delle persona trova che possono allenarsi meglio, ad un passo più veloce, con maggiore costanza e per distanze più lunghe quando possono correre con degli amici. Correte in un campo sportivo, oppure iscrivetevi ad una società sportiva, e troverete senz’altro un partner alla vostra altezza. Quasi ogni città o ogni piscina ha un Club di nuotatori Masters, un gruppo ciclistico e podistico, e col loro aiuto non vi sarà difficile trovare anche un calendario con le gare nei paraggi.

Ricordatevi che gli allenamenti di gruppo solitamente finiscono ad un ritmo più elevato di quelli in solitudine, dato che spesso specie in alcuni contesti si genera automaticamente uno spirito competitivo.

A cominciare da questo periodo effettuate delle sedute combinate, tipo nuoto più bici, o bici e corsa.  Dato che correre dopo un duro allenamento in bici non è semplice, dovrete comunque impratichirvi con queste nuove spiacevoli sensazioni prima delle gare; dovrete diventare padroni della stanchezza fisica e mentale, della sensazione dei pesantezza alle gambe dei primi km dopo la bicicletta. Un bell’allenamento utile e divertente è ad esempio il seguente: riscaldamento a piedi, riscaldamento in bici, 15’ di bici, 10’ a piedi , 15 di bici, 10’ a piedi e così via, in relazione alla vostra voglia, forma o tempo a disposizione.

 

RAGGIUNGIMENTO DEL TOP DELLA FORMA

Una volta raggiunte sia la resistenza che la capacità di aumentare i ritmi, siete molto ottimisti sul finire la gara. Ora lavoreremo per limare gli ultimi minuti, per conquistare qualche posizione.

Poche settimane prima della gara, ridurrete la quantità di km ed il tempo dedicato all’allenamento, ma farete qualche breve lavoro veloce per tirare fuori la brillantezza dalle vostre fibre. Non vi dovete stancare, qui i recuperi si allungano, ricercherete il gesto tecnico perfetto, le sensazioni di assenza di fatica. Ricordatevi che per una gara di 1 ora, velocità significa ad esempio 6x1000, con 4' di recupero, o 2x200m + 2x100m nuoto, 2'recupero,  e non delle ripetute di velocità pura come effettuerebbe  Carl Lewis. Dovrete unicamente velocizzare un po’ i mega allenamenti di resistenza svolti sinora; lo potrete fare effettuando allenamento più brevi, corti, ma intensi, magari allungando di poco il recupero tra eventuali serie nelle ripetute. Anche gareggiare senza troppo impegno sarà utile. Fate qualche gara a cronometro in bici, e qualche gara di corsa, specialmente se avete qualche problema di motivazione ad allenarvi duro; fare così è infatti molto più divertente. In questi allenamenti intensi non riuscirete a chiacchierare, in quanto gambe, braccia e polmoni saranno molto impegnate; il battito cardiaco sarà elevato, oltre i 160 battiti, o comunque leggermente sopra i vostri  valori di soglia anaerobica.

 

(MANTENIMENTO QUALITA’ + NUOVO INCREMENTO RESISTENZA: solo per atleti evoluti, e/o distanze lunghe)

Mantenete per circa 15 gg i soliti allenamenti a buon ritmo, ma aumentate ancora il chilometraggio, per riguadagnare nuovamente in resistenza. Attenzione agli infortuni, ma questo extra sforzo vi sarà indispensabile per portare a termine gare così massacranti.

 

TAPERING e GARE

A seconda della distanza di gara scelta, dovrete assolutamente prendervi alcuni giorni di “scarico” (da 7 a qualcosa oltre 15), per consentire al vostro corpo di affrontare la prova perfettamente fresco, riposato e carico di energie. Ognuno di noi è diverso; alcuni avranno bisogno di più di 2 settimane, altri solo pochi giorni; un buon indicatore del vostro riposo è il battito cardiaco a riposo al mattino appena svegli. Se sarà più alto del normale, o le vostre gambe vi sembrano pesanti e svogliate, probabilmente dovrete allenarvi poco e quasi per nulla sino alla gara. Una regola a spanne valida per maratone o Ironman è quella di ridurre ad almeno 2 settimane dal via gli allenamenti sino al 60%, ad una settimana portarli al 30.%

Se gareggiavate ogni week end, ora è il momento di riposare: non è più il momento di fare delle sessioni tirate. Allenatevi appena per rimanere attivi e mantenere la forma tra le gare. Se gareggiavate molto poco, continuate a fare qualche allenamento brillante, ma senza esagerare, più che altro per simulare e riprovare le sensazioni di gara. Infatti, nelle gare l’esperienza è fondamentale.

 

 

Ora qualche consiglio pratico per le vostre gare:

Riservate più allenamenti allo sport ove siete più deboli.

Dedicate più tempo alla tecnica del nuoto piuttosto che a macinare vasche su vasche; è più utile e meno noioso.

Pianificate e preparate per tempo (almeno per la sera precedente la gara) tutto quello che indosserete o mangerete in gara. Preparatevi una lista di quanto necessario, spuntando via via tutto il necessario, essendo così sicuri di non aver dimenticato nulla.

Arrivate sul campo di gara per tempo, in modo da poter fare una ricognizione del percorso e della (delle) zone cambio. In caso di una gara lunga, sarà opportuno pensarci il giorno prima. Lasciatevi del margine di tempo in più per allestire la vostra postazione per il cambio, per il riscaldamento, ecc. Ricordatevi però di non scaldarvi troppo se siete dei principianti senza troppe velleità agonistiche. Bastano 5’ di bici, 5 di nuoto, 3’ a piedi e 10’ di stretching. Se il vostro problema è finire la gara, non stancatevi troppo prima.

La partenza a nuoto potrà incutervi timore, specie se non siete abituati a nuotare in acque aperte e tra decine o centinaia di atleti scatenati. Preparatevi psicologicamente ad essere scalciati, sbattuti, tirati, calpestati, specie se lottate a centro gruppo e non avete una frazione eccellente. In caso di timori, difficoltà o scarsa confidenza con l’acqua, partite in coda al gruppo, o al lato esterno rispetto alle boe; perdete solo pochi secondi.

Specie nel nuoto ricercate a riva dei punti di riferimento (grattacieli, fari, grossi edifici) per orientarvi qualora le boe siano poco visibili, specie se il mare è mosso; se nuotate dritti, farete il percorso più breve. A 50 metri da riva, cominciate a pensare al modo più rapido per effettuare il cambio, ricordandovi il percorso ottimale, l’ordine corretto per svestirvi della muta e rivestirvi per la bici, dove è l’uscita dalla zona cambio. Ricordatevi di allacciare subito il casco prima di lasciare la zona cambio.

Per i primi 2 km, se possibile non spremetevi troppo, pedalando dei rapporti agili; lasciare che le gambe si abituino a muoversi circolarmente piuttosto che con le gambate del nuoto. Ricordatevi che nel ciclismo l’aerodinamica è tutto, e cercate di offrire la minor resistenza all’aria possibile stando bassi di schiena.

Concentratevi nel raggiungere lentamente  la persona davanti a voi; una volta superato, fate lo stesso col prossimo.

Assicuratevi di bere molto durante la frazione in bici. Se la frazione a nuoto era lunga, sarete probabilmente un pò disidratati già all’inizio della bici; questa frazione è il luogo ideale per alimentarsi ed idratarsi, specie in previsione della corsa a piedi.

Arrivando in zona cambio per la frazione a piedi, ripensate come all’arrivo nel nuoto a tutto quello che dovrete fare per un cambio impeccabile. Pedalate agili l’ultimo km, gli ultimi metri alzatevi sui pedali per un po’ di stretching alla parte posteriore delle gambe, pensate a cosa dovete ora indossare, a dove sarà l’uscita per iniziare a correre. Se fa caldo date gli ultimi sorsi d’acqua, indossate un cappellino bianco e bagnato (vi proteggerà un po’ dalla calura).

Ora le vostre gambe saranno probabilmente molto dure e dolenti, specie per il primo km. Cercherete qui allora di non strafare subito, di accorciare il passo cercando l’agilità e l’economia, per preservare i muscoli per le dure fasi centrali e finali. Cercate di arrivare al regime corretto della vostra falcata non prima del primo km, senza sprecare molte energie.

Ed ancora, ricordatevi di bere. Molti si fermano per crampi o rallentano molto non tanto poichè privi di energie, ma perchè disidratati.

La frazione a piedi è per tutti spesso pura sopravvivenza, ma cercate di andare sempre avanti e di pensare positivo. Finite forte ed in progressione.

Dopo la gara fate un bilancio delle vostre prestazioni/sensazioni. Avete raggiunto i vostri obiettivi, sia che fossero il record personale, un piazzamento, o semplicemente il terminare la gara ? Se non ce l’avete fatta, non siate negativi. Chiedetevi piuttosto i motivi del fallimento, ove sono gli errori commessi, come evitarli ed in che modo. A meno che non siate professionisti, mantenete comunque il giusto distacco dalle cose, è uno sport, è un divertimento, e come tale deve rimanere.

 

RECUPERO

Questa fase segue il periodo di gare, e consentirà al corpo ed alla mente un completo recupero. Non dovrete ovviamente diventare sedentari, ingrassare di 15 kg per dover poi ricominciare da zero. Allenatevi semplicemente di meno ed in modo vario, leggero e divertente, sperimentando magari altri sport. Fate un po’ di palestra o pesi, molto stretching; non preoccupatevi di perdere la forma, preoccupatevi solamente di non ingrassare.

Qui viene anche il momento di valutare la vostra tabella. Sono stati raggiunti gli obiettivi ? Erano raggiungibili ? Si poteva fare forse meglio ? Cominciate quindi a programmarvi per l’anno seguente. Se vi siete infortunati, riguardatevi il periodo incriminato per vedere se sono stati commessi degli errori, ad esempio se l’infortunio è coinciso con troppi allenamenti duri ravvicinati. Confrontatevi con gli anni precedenti e ne ricaverete delle informazioni veramente interessanti. Dopo questo periodo di riposo attivo, potrete ricominciare un nuovo ciclo.

 

 

 

 

 

7) PERCHE’ L’ABBIGLIAMENTO TECNICO MIGLIORA LE PRESTAZIONI

(o meglio, come quello sbagliato le riduce)

A parte le calzature, non scordatevi l’importanza dei capi di abbigliamento da indossare durante gli allenamenti.

Abbigliamento non appropriato o di cattiva qualità può comportare affaticamento prematuro, abrasioni, allergie, vesciche, disidratazione: tali fattori sicuramente contribuiscono a non farvi gustare appieno il vostro sport preferito. Non da ultimo, possono indurre ad abbandonare - cessare - non portare a termine l’allenamento secondo quanto in programma; tutto quanto sopra sicuramente non aiuta a migliorare le prestazioni.

Soprattutto durante l’inverno, è bene fare attenzione a correre protetti e coperti, ma senza ovviamente esagerare. Durante lo sforzo il nostro corpo produce una notevole quantità di calore, quindi se si parte sentendosi al calduccio è inevitabile poi avere caldo e sudare eccessivamente una volta cominciato a correre, rischiando una disidratazione o di avere di nuovo freddo verso la fine della corsa, quando ne abbiamo meno bisogno.

Da evitare a questo proposito i capi impermeabili: trattenendo l'umidità a contatto con il corpo favoriscono la formazione di condensa; i panni umidi a contatto con il corpo danno poi una sgradevole sensazione di freddo e sono una delle cose più dannose. In caso di pioggia privilegiare i capi in Goretex o valide alternative; la particolare membrana fa passare ed evaporare le molecole di sudore trattenendo e respingendo l’acqua che viene da fuori. Costano di più, ma hanno una resa enormemente superiore.

D’estate preferite un abbigliamento confortevole e chiaro (respinge i raggi solari), non troppo stretto, magari traforato, in modo da facilitare il raffreddamento del corpo per conduzione ed evaporazione. Bastano infatti pochi gradi di troppo di aumento della corporatura corporea per produrre sensibili cali di prestazione

Chi ha le gambe grosse e muscolose (soprattutto tra le cosce), per evitare il tipico sfregamento da attrito può utilizzare oltre alla vaselina anche dei pantaloni tecnici tipo ciclista (senza fondello), che conterranno le masse muscolari preservandole da dolorose abrasioni.

Usate calze di qualità, con cuciture impalpabili ed a struttura di differenziata, ovvero spesse sotto dove serve e sottili sul collo del piede per favorire la traspirazione. Eviterete/limiterete le vesciche e gli arrossamenti dei piedi.

Oggi la tecnologia ci ha messo a disposizione un infinità di completi da running tecnici, le maglie intime, le giacche antivento o antipioggia traspiranti. A differenza delle normali felpe o tute, questi sono leggerissimi, freschi ed …irresistibili. Non occorre stirarli, si asciugano in fretta (pensate ai tessuti in pile), tengono sia caldo che freddo a seconda dei capi e delle esigenze, sono traspiranti, antivento, antiacqua o entrambi, hanno solitamente inserti catarifrangenti per farsi notare nelle ore serali, tasche per riporre le chiavi, fazzoletti o quanto serva. Spesso le cuciture sono termosaldate, hanno zip alle caviglie per facilitare la vestizione, i top da donna hanno il reggiseno protettivo antiscuotimento incorporato, gli shorts spesso uno slip interno, sono sgargianti ed alla moda, per soddisfare anche una funzionalità e bellezza estetica che gli sportivi apprezzano in modo particolare.

Pensate all’evoluzione dell’abbigliamento di un ciclista durante l’inverno. Dal maglione di lana sopra una o più felpe e magliette della salute con l’immancabile quotidiano cartaceo con funzioni antivento, ad una maglia intima tecnica ed una sgargiante giacca in windstopper. Sarete più agili e leggeri, più caldi, con maggiore traspirazione e porterete un terzo di roba da lavare a casa ….

Fatevi un regalo, e non ve ne pentirete.

 

 

 

 

 

8) MARATONA: le nozioni minime indispensabili

Per preparare una maratona occorrono da 2 a 6 mesi, suddivisi in varie fasi di allenamento, a seconda del vostro grado di preparazione ed esperienza. Per un podista alle prime armi consigliamo caldamente almeno 6 mesi di preparazione, un altleta agonista può togliersi delle soddisfazioni già con 2 mesi abbondanti. Sconsigliamo di avventurarsi in una maratona con meno di un anno di corsa alle spalle, e senza essendo in grado di correre senza grosso sforzo per almeno 40’, 2 volte alla settimana.

Molti appassionati del nostro sport sono amatori che preparano appuntamenti agonistici anche di un certo impegno come le maratone. Esistono molte tabelle di allenamento, divise per capacità personali e tempo disponibile, che aiutano a programmare un simile impegno, ma è fondamentale imparare ad interpretare tali tabelle e non diventarne schiavi. Non sempre si hanno gli stimoli giusti o le condizioni fisiche per affrontare un allenamento dopo una giornata di lavoro o dopo una nottataccia; sforzarsi in tali condizioni può essere controproducente dal punto di vista mentale, esaurendoci fisicamente e psicologicamente.

Consigli generali: al termine di ogni allenamento sarebbe meglio fare almeno 6 allunghi sui 100 mt per riguadagnare brillantezza di gambe e tecnica di corsa corretta. Data la grossa mole degli allenamenti, è opportuno comunque un po' di varietà, magari integrando con nuoto o bici la normale dose di chilometri a piedi. Ciò vi aiuta ad aumentare i carichi di allenamento senza stressare e sovraccaricare le strutture interessate dalla corsa. Inoltre, in caso di dolori emergenti durante la preparazione, integrate ancora il lavoro col ciclismo e nuoto; mescolare queste attività vi consente comunque di non perdere la forma divertendovi, risparmiando soprattutto le vostre articolazioni.

 

Potremo suddividere la preparazione di un principiante (6 mesi), con 3-4 allenamenti settimanali, in 4 periodi base:

1) 4 mesi:     FONDO e RESISTENZA

2) 1 mese:    mantenimento livelli di FONDO e RESISTENZA con INCREMENTO INTENSITA’-VELOCITA’

3) 1 mese:    Cresce ulteriormente il nr. di km percosi, quindi il FONDO e RESISTENZA

4) 20 gg:      periodo di SCARICO-RECUPERO con allenamenti blandi e dimezzati, per arrivare freschi e rigenerati.

 

 

1) Nella prima fase, si cerca di curare bene il fondo. Allenamenti tipo: 1 lunghissimo lento, 1 fondo lento, 1 fondo medio, 1 allenamento a scelta tra gara sui 10 km, fondo veloce o fartlek. I 2 lenti sono fondamentali: uno resta costante attorno ai 12-16 km, l’altro parte dai 16 ed aumenta di 2 km ogni 2 settimane, per arrivare a fine preparazione (20 gg prima della maratona) ad almeno 32 km. E’ il minimo della pena, con meno rischiate un azzardo ed di trascinarvi mestamente per tutti gli ultimi chilometri.

Ottimo è correre anche ogni tanto in collina per percorsi di 20/25 Km, non affrontando salite dure, ma blandi saliscendi. Il medio, è un medio, ovvero un ritmo al quale riuscite a parlottare a stento per tutta la durata (dai 7 km in su). Se non ce la fate, state andando troppo forte, state facendo un veloce od un fartlek. Obiettivo è abituare il fisico a correre tanto via via in modo graduale, crescendo lentamente le quantità di chilometri del medio e veloce fino ad arrivare anche alla fine dei 4 mesi rispettivamente 14-16 per il medio e 7-8 km di veloce.

2) Qui si inizia a soffrire, in quanto i km totali restano più o meno costanti, ma aumenterete lievemente i ritmi di corsa, soprattutto nel medio - fartlek - veloce e nelle ripetute. Può essere utile adesso conoscere la propria soglia aerobica, ovvero la velocità che possiamo mantenere oltre la quale la capacità di smaltire acido lattico da parte dell’organismo è inferiore alla sua produzione (il rubinetto delle vasca da bagno butta più di quello che lo scarico riesce a smaltire). Aumentare la velocità al di sopra della soglia porta ad una produzione ed accumulo di acido lattico, che appesantisce rapidamente braccia e gambe. È un tipo di sforzo cui vanno incontro i corridori in pista, particolarmente nelle gare di velocità prolungata. Un metodo per trovare la propria soglia aerobica è quello del "Test di Conconi" L'obiettivo del nostro allenamento è anche elevare quella soglia in modo da non "imballarci", da allargare il buco della vasca da bagno, ed abituando contemporaneamente il rubinetto a buttare minore acido. A tale fine è bene fare delle prove ripetute del tipo 3x3km o 2x5km a velocità di poco inferiore al fondo veloce. Tra una ripetuta e l'altra il recupero non deve essere totale, anzi pensando alla maratona è meglio che non ci sia tantissima differenza tra la velocità della ripetuta e quella del recupero (si riparte ben prima che il cuore sia sceso sotto le 100 pulsazioni/minuto). Potete anche inserire qualche mezza maratona per avere una prima idea del tempo che si otterrá (il tempo del 21 Kmx 2 più almeno 10' circa).

3) Siete ormai pronti per l’ultimo sforzo: ora a parità di intensità i km complessivi aumentano ancora. Il medio arriverà a sfiorare (riscaldamento compreso) i 20 km. Provate una volta a seguito di alcuni allenamenti su ripetute 3000/5000, percorrete poi il giorno dopo una mezza i 28/30 Km. Correre in questa particolare condizione fisica permette di imparare a sopportare il disagio durante la maratona, rafforzando anche a livello psicologico il maratoneta. Fate l’ultimo lungo senza mangiare troppi carboidrati il giorno prima, rendendo così l’allenamento più impegnativo. Una buona idea per i lunghi è quella di iscriversi a delle mezze, che farete precedere e/o seguire da abbondanti riscaldamenti o defaticamenti per raggiungere il chilometraggio prefissato. Correrete in compagnia, divertendovi e vi peserà di meno. Mi raccomando però di NON partecipare alla gara, è un lento, punto e basta.

4) Per gli ultimi 17-20 giorni è necessario calare di colpo ritmi e quantità di chilometri, ricercando fino alla paranoia la tecnica di corsa più economica e rilassata possibile. Obiettivo è recuperare al 100% il mega lavoro effettuato, per arrivare al grande giorno, freschi, riposati, con una grande voglia correre e spaccare il mondo ma affrontando la gara con umiltà. Durante l’ultima settimana poterete ridurre a 2 gli allenamenti, anche con meno di 40’ blandi. E’lasciata alla discrezione di ognuno riposare o meno uno o due giorni prima.

 

I CONSIGLI PER GLI ULTIMI GIORNI:

Non cambiate le scarpe all’ultimo momento; potreste poi avere grossi problemi di vesciche o abrasioni, dato che vanno rodate, adattate e testate per almeno un mese.

L'abbigliamento: dipende sicuramente dal clima. Se la maratona viene corsa in un periodo caldo, la canottiera va benissimo, anche traforata; se siamo invece in un periodo freddo, l'ideale sarà una maglia tecnica a mezza manica, magari coi guanti. Se c'è molto freddo optiamo per una manica lunga, abbinata a dei ciclisti al ginocchio, ed eventualmente un massaggio alla gambe con una pomata riscaldante non guasterà. Gli uomini non dimentichino mai i capezzoli da coprire con un cerotto (o spalmare abbondante vaselina) per evitare probabili fastidiose abrasioni contro il tessuto.

Curate negli ultimi 3-4 giorni un’alimentazione molto ricca di carboidrati, semplice e priva di troppi grassi, dolciumi elaborati, cole, alcool e tutto ciò che potrebbe darvi problemi al fegato. Fate colazione con the e fette biscottate con miele almeno 3 h prima, evitando cappuccini o merendine.

Col caldo cominciate a bere a piccoli sorsi già appena svegli dalla prima mattina, senza poi saltare i ristori. Per chi non è abituato a bere, DEVE abituarsi, ed ovviamente è opportuno  iniziare a farlo in allenamento. Dovete infatti fare molta attenzione a non disidratarsi; col caldo rischiate l’ospedale o peggio. Un accenno va fatto anche agli integratori. Se in regime normale il corpo ricava tutto quello che gli è necessario da una alimentazione equilibrata, sotto allenamento intenso, magari in condizioni climatiche non ottimali, può essere utile recuperare i sali persi sudando con appositi integratori. Occhio però a non esagerare, dato che alcuni possono dare problemi di stomaco o diarrea, aiutati dal fatto che sarete sicuramente euforici.

State tranquilli prima della partenza, fate un po' di allungamento per gambe e schiena e cercate fin dai primissimi passi il ritmo giusto, pensando poi unicamente ad accociare ogni traiettoria ed a correre il più economici e rilassati possibile.

Al termine della maratona si prova una gioia immensa, soprattutto alla prima esperienza, e se è andata bene. Dopo sarà giusto rilassarsi e bere molto, ma aspettate a mangiare, sino a quando non viene lo stimolo della fame. L’organismo è ancora provato dallo sforzo, e ingerire in fretta magari grosse quantità di cibi grosse solidi può giocare brutti scherzi.

Nella settimana dopo la maratona, se tutto è andato bene, spesso ci si sente carichi, ma è bene non esagerare; consigliamo corse di pochi chilometri senza impegno, molto stretching, bicicletta o piscina. Assolutamente non fate subito dopo un’altra maratona per migliorare i tempi, ma lasciate passare almeno 2 mesi, affinchè il fisico recuperi completamente.

Con questi suggerimenti vogliamo aiutare quelle persone che vogliono avvicinarsi alla maratona. Dopo la prima sarete voi stessi a programmarvi !!!

 

Quanto gareggiare ? (attenzione: per “gareggiare” NON si intende una semplice partecipazione a ritmo di fondo lento, ma con una certa velocità ed impegno)

 

Maratona per il record: Quante volte: 1-2 volte l’anno

Perché: preparare una maratona autunnale ed una primaverile, consente i minimi adeguati tempi di recupero

 

Maratona per divertimento/fitness:

Quante volte: 3-4 volte l’anno

Perché:correrla facile ogni 4 mesi circa vi consentirà di non risentire troppo in termini di logorio muscolare, organico e delle articolazioni

 

Mezza Maratona per il record:

Quante volte: 2-3 volte l’anno

Perché: il grosso sforzo può prepararvi al meglio in vista di una maratona, specie se effettuato circa un mese prima

 

Mezza Maratona per divertimento/fitness:

Quante volte: 5-6 volte l’anno

Perché: non ci sono problemi a correre “una mezza” facile ogni 2 mesi, specie in eventi paesaggisticamente coinvolgenti

 

10 km per il record:

Quante volte: 5-6 volte l’anno

Perché: correre a tutta un 10 k a bimestre vi manterrà ad una buona forma fisica e tattica. Si può correre con profitto 3-4 settimane prima di un importante gare sulla mezza. Il ritmo di questa distanza più lunga vi sembrerà ora molto più agevole

 

10 km per divertimento/fitness:

Quante volte: 10-12 volte l’anno

Perché: è una distanza ideale per non correre troppi rischi di superallenamento, pur mantenendo la possibilità di mantenere alte le motivazioni alla fatica.

 

5 km per il record:

Quante volte: 7-8 volte l’anno

Perché: un 5000m ogni mese vi manterrà ad una buona forma fisica e tattica e si può correre con profitto 2-3 settimane prima di un importante gare sulla mezza o sui 10 k. Il ritmo di queste distanze più lunghe vi sembrerà ora molto più agevole.

 

5 km per divertimento/fitness:

Quante volte: 16-20 volte l’anno

Perché: se odiate i lavori veloci, correte una bella corsa su strada breve o una campestre ogni 2 settimane; potrete andare in forma senza quasi vedere la pista, incrementando inoltre la vostra collezione di t-shirts.

 

 

Lo Stretching (allungamento muscolare ed articolare)

Spesso purtroppo molti di noi trascurano questo importante aspetto. Anni e chilometri si accumulano nelle gambe e nella schiena, penalizzandone la scioltezza di corsa, l'efficacia della spinta, la mobilità articolare, ed a lungo andare, anche e soprattutto la salute del nostro corpo. Se traiamo grande giovamento da un allenamento costante, a volte le conseguenze di questo possono tramutarsi in eventi stressanti per il nostro organismo. L’esercizio porta ad un aumento del tono muscolare ed ad un irrigidimento loro fibre; si può ottimamente contrastare con la pratica relegare dell’allungamento, riservando almeno 10’ dopo ogni allenamento allo stretching. Ideale sarebbe far precedere anche l’inizio del training da almeno 5’, anche se occorrono tempi più lunghi per le discipline di velocità e mezzofondo veloce, data l’intensità degli sforzi. Alla lunga  questo lavoro ripagherà evitandoci dolori ed infortuni, e mantenendoci sciolti e flessibili con un’ampiezza delle falcata ottimale.

 

 

 

 

 

9) PASSEGGIANDO IN ALTA QUOTA: 10 CONSIGLI PER IL TREKKING

1)     Non sottovalutate l’impegno: scegliete un itinerario adatto alla vostra preparazione fisica e tecnica e calcolate il tempo di percorrenza per evitare sorprese.

2)     Se il tempo è brutto, spesso è meglio rinunciare all’escursione. Potete sempre tornarci un'altra volta, la montagna non scappa.

3)     Le scarpe da trekking sono fondamentali. Inoltre vestitevi a strati (“a cipolla”); anche se alla partenza fa caldo, in quota la temperatura potrebbe abbassarsi in modo considerevole.

4)     Portate sempre con voi dell’acqua, potreste non trovarne per ore durante l’ascesa. Anche panini e snack, sono ok, meglio se con pochi grassi e ben digeribili.

5)     Nonpartite troppo tardi, eviterete di camminare nelle ore più calde. Prima di mettervi in cammino, una colazione abbondante vi darà le energie necessarie.

6)     In salita accorciate la lunghezza del passo, farete meno fatica nei tratti di maggiore pendenza.

7)     Lasciate in pace i fiori ! In alta quota vi sono centinaia di specie di fiori in via d’estinzione, non dategli il colpo di grazia.

8)     Se non siete abituati alla quota, anche non eccessiva (2-3000 metri) fermetevi spesso durante la salita, per riposarvi qualche minuto.

9)     Spesso i rifugi della montagna offrono piatti genuini ed ottime grappe. Anche se dopo aver fatto tanta fatica pensate di meritarvelo, attenzione a non esagerare. La discesa è sempre meglio affrontarla da lucidi, sobri e senza pesi sullo stomaco o nella mente.

10) La discesa è più facile solo in apparenza: le insidie, nonché le sollecitazioni a muscoli e tendini sono ben maggiori rispetto alla salita. Quindi prendetevela comoda e prestate sempre molta attenzione.

 

 

 

 

10) CHE COS’ E LA POTENZA AEROBICA

(tratto da uno splendido articolo di Giorgio Rondelli, uno dei più noti allenatori d’atletica Italiani. Tra le sue esperienze, lo ricordiamo come opinionista e commentatore televisivo, scrive da sempre per la rivista cult “Correre”. Ha allenato ed allena numerosi olimpionici, tra cui ricordiamo Venanzio Ortis, Alberto Cova, Francesco Panetta, Renato Goffi)

 

“L'allenamento di potenza aerobica è il più importante training per lo sviluppo delle capacità organiche di un atleta. In una sorta di ideale piramide fisiologica e di lavoro da costruire nel tempo sta a metà strada fra gli allenamenti a più basso regime della resistenza aerobica (la naturale base della piramide) e le sedute più intense di resistenza e potenza lattacida (il vertice della piramide stessa).

Il concetto chiave di questo sviluppo sta nella formula: quanto più sono migliorato nella potenza aerobica, tanto più sarò in grado di effettuare intense sedute di resistenza lattacida con brevi tempi di recupero. Questa filosofia sta alla base del moderno mezzofondo veloce in cui i grandi protagonisti (5.000 e 10.000) sanno disimpegnarsi con discreto successo anche sui 1.500 e viceversa.

 

Che cos'è ?

La potenza aerobica è la capacità di un corridore di effettuare allenamenti a velocità così elevate da poter essere considerate in regime aerobico. Un allenamento in cui c'è equilibrio fra consumo e fabbisogno di ossigeno, quindi una situazione che permette di affrontare un'eventuale competizione nel migliore dei modi.

Resistenza aerobica: contraddistingue i ritmi più bassi dal lavoro aerobico. Fisiologicamente la potenza aerobica si distingue dalla resistenza aerobica per il fatto che gli allenamenti lenti e prolungati stimolano metabolicamente la demolizione degli acidi grassi, mentre quelli condotti a ritmi più alti inducono la demolizione e l'impiego degli zuccheri. Due diversi tipi di benzina che, nella maratona ad esempio, devono essere gestiti al meglio (prima bisogna utilizzare i grassi e poi gli zuccheri).

Soglia anaerobica. Tornando ai ritmi alti, per ogni corridore c'è un limite fisiologico alla capacità di mantenere costante la velocità oltre il quale bisogna impiegare anche il motore anaerobico. Questa velocità limite coincide con la cosiddetta soglia anaerobica.

Test sul lattato: permette di identificare il rendimento dell'atleta quando supera la soglia anaerobica. È più indicato e preciso rispetto ai semplici test da campo (test Conconi). Si tratta di un prelievo di sangue che serve per individuare i millimoli di lattato prodotti in quel momento dall'organismo.

 

Media e veloce

Per determinare le velocità della resistenza e della potenza aerobica i parametri fondamentali sono: la frequenza cardiaca e le rispettive velocità al chilometro. In linea di massima si può ritenere che nell'ambito della resistenza aerobica le frequenze cardiache siano fra le 130 e le 150 pulsazioni al minuto.

La potenza aerobica, invece, si suddivide in media (155-165 pulsazioni come relativo impegno cardiaco riguardante ad esempio ritmi non esasperati di maratona) e veloce (170-185 pulsazioni al minuto), intendendo con quest'ultima il ritmo gara sui 5.000, 10.000 metri e mezza maratona e, naturalmente, di una 42 chilometri corsa ai limiti delle proprie possibilità.

Entrando nel dettaglio, in termini di velocità al chilometro ci sono circa 50 secondi di differenza fra i ritmi della resistenza aerobica di un corridore e la sua potenza aerobica massima.

Un esempio: l'atleta di alto livello che corre il fondo lento a 3'45" al chilometro si disimpegna poi nella potenza aerobica di medio impegno, il cosiddetto fondo medio (tra 3'20"-3'10" al chilometro), mentre nelle sedute di potenza aerobica massimale riesce a sostenere velocità per chilometro da 3'10" fino a meno di 3 minuti per ogni frazione di 1.000 metri. Lo stesso discorso a grandi linee può essere fatto anche per gli atleti della categoria amatori, con qualche variazione in più, specie per quanto riguarda ritmi e pulsazioni.

 

Come si allena

FONDO MEDIO PROGRESSIVO

Riguarda distanze da 15 a 30 chilometri con una frequenza cardiaca di circa 130-170 pulsazioni al minuto. L'allenamento viene effettuato e gestito secondo la condizione fisica di giornata correndo inizialmente ai ritmi della resistenza aerobica per poi passare progressivamente alle velocità della potenza aerobica media. L'ultimo tratto si effettua alla velocità della potenza aerobica veloce. Questa è la tipica preparazione per chi corre la maratona ed è un'importante uscita lunga per i mezzofondisti prolungati (5.000 e 10.000 metri).

 

FONDO MEDIO

Si tratta della classica potenza aerobica media che impegna l'apparato circolatorio con 155-165 pulsazioni al minuto. L'uscita varia dai 3-4 chilometri per le categorie giovanili ai 15-25 chilometri per gli atleti di più alto livello e per gli amatori, a velocità di 25-30 secondi più rapide del proprio fondo lento (resistenza aerobica).

 

FONDO VELOCE

Siamo nel campo della potenza aerobica veloce in cui le pulsazioni al minuto variano da 165 a circa 190. L'impegno varia dai 2-3 chilometri, per le categorie giovanili, fino a 6-8-10 chilometri per gli atleti di alto livello e gli amatori, a velocità intorno a 45-50 secondi più rapide del proprio fondo lento e di circa 15-20 secondi più rapide del proprio fondo veloce. Oltre agli allenamenti sopra indicati possono essere utilizzate sedute di potenza aerobica in forma di ripetizioni. Ecco un esempio: 3x4 chilometri oppure 3x5 chilometri oppure 3x6 chilometri di fondo veloce, con un chilometro di recupero fra le prove al ritmo del proprio fondo lento (categoria amatori o atleti in fase di costruzione,) o di un chilometro al ritmo del proprio fondo medio per atleti di élite.

 

FARTLEK DI POTENZA AEROBICA

Seduta mista dove dei chilometri percorsi a ritmi di potenza aerobica media vengono alternati a chilometri di potenza aerobica veloce.

Vediamo alcuni esempi.

A) 1x10.000 metri di fondo medio + recupero di 1 chilometro di fondo lento + 5 chilometri di fondo veloce (che significa: potenza aerobica media + resistenza aerobica + potenza aerobica veloce).

B) 4 chilometri di fondo medio veloce al ritmo della mezza maratona + 2 chilometri di fondo medio velocissimo al ritmo gara sui 10.000 metri + 4 chilometri di fondo medio veloce al ritmo della mezza maratona + 2 chilometri di fondo medio velocissimo al ritmo gara sui 10.000 metri (che significa: sedute di potenza aerobica veloce e sedute di potenza lattacida x 2 volte).

C) 15 chilometri così suddivisi: 5 volte (2 chilometri di potenza aerobica media + 1 chilometri di potenza aerobica veloce), mentre per atleti di alto livello: 2 chilometri in 6'10" al chilometri + 1 chilometro in 2'55" al chilometro ripetuto cinque volte per un totale appunto di 15 chilometri.

 

POTENZA AEROBICA MEDIA E VELOCE E INTERVAL TRAINING IN SALITA

Riassumiamo il tutto con un esempio: 8 chilometri di fondo medio (potenza aerobica media) + recupero 1 chilometro di fondo lento + 10x200 metri (prove ripetute in salita) con recupero di 200 metri di corsa a media intensità fra le prove + recupero di 1 chilometro di fondo lento + 3-4 chilometri di fondo veloce (potenza aerobica).

 

POTENZA AEROBICA MEDIA O VELOCE + PROVE RIPETUTE MEDIE OPPURE SEDUTA DI RESISTENZA LATTACIDA

A) 8-10 chilometri di fondo medio (seduta di potenza aerobica media) + recupero di 6-8 minuti + prove lattacide (cioè: 10-12-15 x 300 metri veloci con recuperi da 30 a 60 secondi fra le prove.

B) 4-5 chilometri di fondo veloce (seduta di potenza aerobica veloce) + ripetute su ritmi gara di media lunghezza, da 800 a 1.000 metri (ovvero: 1x5.000 metri veloce + recupero di 6 minuti + 8x800 metri al ritmo gara sui 5.000 metri con un recupero di 400 metri in 1'45"-2' fra le prove).”

 

 

 

 

 

Ovviamente per quanto riportato in queste pagine è indispensabile essere in buona salute ed essere idoneo alle annuali visite attitudinali medico sportive come previsto dalle varie federazioni. Valutate le vostre capacità e forma fisica col giudizio e buon senso del “buon padre di famiglia”.

Non rischiate la vostra salute e siate prudenti in bicicletta ! La vostra vita è il bene più prezioso.

 

Vogliamo ricordare a tutti che se a qualcuno interessa approfondire uno o più degli argomenti trattati, siamo a vostra disposizione. Venite a trovarci in negozio

 

 

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